Parrocchie

Cantalice festeggia la Madonna delle Grazie e il 150esimo anniversario della fondazione della Confraternita

Con il centocinquantesimo anniversario della fondazione della Confraternita, i festeggiamenti in onore di Maria Santissima delle Grazie quest'anno hanno assunto un ulteriore significato per la popolazione di Cantalice

Con il centocinquantesimo anniversario della fondazione della Confraternita, i festeggiamenti in onore di Maria Santissima delle Grazie quest’anno hanno assunto un ulteriore significato per la popolazione di Cantalice.

La Confraternita della Madonna delle Grazie di Cantalice nacque nel 1869 in segno della devozione per la Vergine. La sua origine si fa risalire ad uno dei documenti più antichi rinvenuto nell’archivio parrocchiale, datato 2 febbraio 1869, Anno Millesimo Octingentesimo Sexagesimo Nono, sotto l’episcopato di monsignor Luigi Filippi della Diocesi dell’Aquila. Fin dai suoi albori la Confraternita fa riferimento ad uno statuto meticolosamente elaborato dall’autorità ecclesiastica, nel quale vengono esplicitate le linee direttive nonché i comportamenti che ogni confratello, uomo o donna, deve necessariamente rispettare per un buon funzionamento della Congregazione.

Opportunamente revisionato e adeguato ai tempi, lo statuto continua a “sopravvivere”. I confratelli sono contraddistinti da un saio bianco con mantellina di raso azzurra sulla quale è inciso lo stemma della Congregazione, mentre le consorelle indossano una fascia celeste, come richiamo al manto della statua processionale di Maria. Ad oggi, la Confraternita conta più di centocinquanta iscritti, in prevalenza uomini, per un’età media di circa quarant’anni, che anche quest’anno hanno accompagnato la Vergine per le vie del paese con la collaborazione dei componenti delle altre confraternite.

La festa è iniziata come da tradizione il sabato sera, quando la statua è stata portata in processione dalla piccola chiesetta arroccata sulla roccia fino al tempio del patrono san Felice, dove la solenne celebrazione eucaristica è stata presieduta dal vescovo Domenico.

«A maggior ragione quest’anno, che festeggiate il vostro giubileo – ha detto monsignor Pompili rivolgendosi alla confraternita -, ricordatevi il valore di ciò che fate, ricordate il senso della domenica. Ai nostri giorni, dopo venti secoli di cristianesimo, la domenica è ridotta piuttosto male. Per cominciare, non è più il primo, ma solo l’ultimo giorno della settimana, il week end, appunto. Ma soprattutto, si capisce che è un giorno in cui alla rinfusa c’è di tutto, meno l’essenziale. Senza accorgercene – sotto l’incalzare del consumismo – abbiamo barattato il riposo con lo svago, la riflessione con l’eccitazione, l’incontro con l’isolamento. E per quel che riguarda la comunità siamo a livelli sempre più scarsi di appartenenza. Che cosa è invece la domenica? La domenica non è tanto un precetto da assolvere nel tempo più breve e nello spazio più comodo, ma è una questione di identità e di rivelazione della nostra fede. La salvezza che il cristianesimo vuole annunciare non è solo dentro la storia, ma anche all’interno di una dimensione comunitaria. Ci sono almeno tre condizioni da preservare. La prima è la domenica come giorno dell’Eucaristia. Per i primi cristiani alla domenica era festa perché si celebrava l’Eucaristia e non il contrario. Per questo si celebrava l’Eucaristia prima dell’alba e questo non solo per rievocare la memoria della resurrezione, ma anche perché essendo fino al IV secolo un giorno lavorativo, era quello l’unico momento utile per riunirsi. La seconda è la domenica come giorno della comunità in cui ci si riconcilia, prima di recarsi all’altare. E soprattutto in cui si condivide quello che si ha e quello che si è. La terza è la domenica come anticipo della domenica senza tramonto. Non più “il sabato del villaggio” dove si ha la sensazione che tutto sta per finire. Ma l’anticipo di quello che è per sempre. Di qui il riposo perché ciò che è decisivo dipende da Dio».

Il giorno successivo, appunto la domenica, tradizionalmente la prima dopo Pasqua, si è svolta la grande festa in onore della Madonna delle Grazie. Come da consuetudine, per la festa sono giunti numerosi a Cantalice anche i non residenti, che hanno voluto riavvicinarsi al proprio paese d’origine attraverso la sentita devozione mariana che ruota intorno alla chiesa che custodisce l’antica, venerata immagine della Madonna in Maestà, cui si attribuisce l’intercessione per grazie e miracoli, costante ausilio per affrontare le preoccupazioni e le pene della vita di ciascuno.

Secondo la leggenda popolare, la statua della Madonna delle Grazie fu miracolosamente ritrovata nella piccola grotta dove oggi sorge la chiesa, eretta grazie all’opera benefica del popolo cantaliciano. Inoltre, tradizione vuole che lo stesso nome del paese, Cantalice, tragga le sue origini dalla contrazione di due termini, uno greco e l’altro latino, cata e ilex (presso il leccio): si narra infatti che un leccio sia nato da una roccia bianca sita proprio dietro la sagrestia della Madonna delle Grazie. Pare anche che in origine la statua della Madonna fosse stata ricavata da un tronco di legno rozzamente intagliato – probabilmente dello stesso leccio – sul quale in seguito furono aggiunti gli attuali volti della Vergine e del Bambino Gesù realizzati in gesso.