Bufale in rete: la Germania vuole multare Facebook

Multe fino a 50 milioni di euro ai social network che non eliminano le bufale e le espressioni che incitano all’odio e alla violenza nel giro di 24 ore dalla denuncia

(da Avvenire) Il ministro della Giustizia tedesco, Heiko Maas ha presentato a Berlino i punti centrali del suo progetto di legge contro la proliferazione di commenti violenti che istigano all’odio, (in inglese hate speech), e di bufale e notizia false, (in inglese fake news), sui social network come Facebook, Twitter e You Tube.
La stampa tedesca riporta che sono previste multe fino a 50 milioni di euro ai social network che non eliminano le bufale e le espressioni che incitano all’odio e alla violenza nel giro di 24 ore dalla denuncia e nei casi meno gravi nell’arco di 7 giorni dalla segnalazione.

L’associazione per le telecomunicazioni Bitkom ha però fatto notare che qualsiasi obbligo di cancellare i contenuti entro le 24 ore a piattaforme su cui transitano fino a un miliardo di messaggi al giorno «è assolutamente inattuabile in termini operativi», basti pensare che su Facebook vengono pubblicati 41mila post ogni secondo. Mark Zuckerberg ha però annunciato, come si legge sullo Spiegel online, che entro la fine del 2017, a Berlino lavoreranno 700 persone in più nella sezione che si occupa della rimozione di fake news da Facebook.

Perché si parla della diffusione delle fake news?

Le preoccupazioni, almeno in Germania, sarebbero nate a causadell’approssimarsi delle elezioni e dal timore che le notizie false possano in qualche modo influenzare il voto tedesco del 24 settembre 2017.

Il ministro della Giustizia tedesco è convinto che i social network non stiano facendo abbastanza per arginare la circolazione di informazioni che non hanno alcun fondamento e il propagare del cosiddetto hate speech: «Questi contenuti criminali – ha affermato il socialdemocratico Maas – vagano indisturbati per la rete. Quasi nessuno viene bloccato e cancellato, e in ogni caso non si interviene mai abbastanza in fretta».

Già a novembre 2016 sia Facebook sia Google avevano annunciato misure per ridurre la circolazione delle bufale sui propri network e dopo che pochi giorni fa il primo aveva anche cominciato a illustrare alcune nuove funzionalità dedicate proprio ad arginare il fenomeno. Negli Stati Uniti è stato pianificato una sorta di “bollino rosso“, un’etichetta con la dicitura “contestata” che accompagna le notizie sottoposte a verifica e ritenute false o fuorvianti. In Italia su Facebook le notizie false si possono già segnalare, ma il “bollino rosso” non è ancora implementato. Resta aperta la questione su chi sarà l’autorità che garantirà veridicità e autenticità delle notizie.

Diversi analisti dei media internazionali hanno letto la proposta di legge tedesca come la più imponente dichiarazione di guerra alle fake news e a Facebook (loro principale canale di diffusione) che sia mai stata avanzata da una nazione europea.

Ma viene da chiedersi, come ha fatto anche Tim Berners-Lee, ideatore del world wide web se una normativa nazionale possa realmente contrastare la proliferazione delle cosiddette fake news, notizie false o comunque non verificate, attraverso la rete.

E di più se questo allarmismo verso le fake news non finisca per trasformarsi in un pretesto per attribuire poteri di censura o di controllo a governi e autorità varie.

La parola d’ordine che ha scelto Tim Berners-Lee come soluzione, a lungo termine, per affrontare quella che più in generale è una crisi della credibilità dell’informazione (che sia online o tradizionale fa differenza?) è «trasparenza».

Il suo appello, ripreso dalla Bbc, è aperto a ricercatori e operatori della rete, invitati a contribuire ad affrontare il problema con soluzioni pratiche che aiutino a tutelare l’affidabilità di ciò viene pubblicato e la democrazia di un web dove vi siano «poteri uguali e opportunità per tutti».
Sir Berners-Lee ha detto invece “no” a ogni tentativo di dare a governi, authority centrali o grandi holding una sorta di diritto a «stabilire quali notizie siano vere e quali no”. Anzi, ha denunciato come gli apparati di sorveglianza governativi siano andati già oltre il lecito nelle loro intromissioni in internet.

Su Avvenire sono stati ospitati diversi contributi e analisi sul tema della proliferazione delle fake news che possono aiutare a inquadrare la questione dell’autenticità delle notizie che circolano sui social network e sui media tradizionali, oltre al problema del linguaggio violento, che istiga all’odio, anche fuori dalla Rete.