Anziani: Italia sempre più vecchia. Da costo sociale a risorsa, ma per l’Auser non c’è più tempo da perdere

Aumentano le famiglie in difficoltà nell’assistenza agli anziani mentre diminuiscono servizi, risorse e posti letto nelle strutture. Enzo Costa, presidente nazionale dell’Auser: “Ci attende un lavoro enorme. Garantire una qualità di vita dignitosa a tutti i cittadini è un obiettivo che se non affrontato per tempo rischia di diventare un’emergenza irrisolvibile”. Diverse le proposte dell’associazione. Occorre tuttavia andare oltre l’approccio assistenziale e la parola chiave è “invecchiamento attivo”, oggetto di una proposta di legge in esame alla Camera dei deputati

“Ci attende un lavoro enorme, senza perdere un minuto. Garantire una qualità di vita dignitosa a tutti i cittadini è un obiettivo che se non affrontato per tempo rischia di diventare un’emergenza irrisolvibile”. Non ha dubbi Enzo Costa, presidente nazionale dell’Auser, mentre spiega al Sir: “Lo scenario demografico che abbiamo di fronte non lascia spazio ai tentennamenti. Per questo, con la ricerca avanziamo anche un pacchetto di proposte concrete: rendere la città amiche degli anziani, adeguare il patrimonio immobiliare, garantire risorse adeguate e stabili nel tempo avendo come orizzonte la promozione di una cultura improntata all’invecchiamento attivo”. L’indagine promossa dall’Auser cui fa riferimento il presidente si intitola “Domiciliarità e residenzialità per l’invecchiamento attivo” ed è stata presentata il 9 febbraio a Roma, alla Camera dei deputati. Una fotografia senza sconti sulle inadeguatezze dell’assistenza agli anziani nel nostro Paese.

“L’Italia è già il Paese più vecchio d’Europa con il 21.4% di over 65 a fronte di una media europea di 18,5%”, avverte Costa. 

Due le linee di azione sulle quali si sviluppa il modello di assistenza nostrano: domiciliarità e residenzialità, ma le ombre superano le luci e sono “infinite le difficoltà cui le famiglie devono far fronte ogni giorno”.

Secondo la Ragioneria generale dello Stato la spesa per l’assistenza di lunga durata passerà dall’ 1,9% del Pil nel 2015 al 3,2% del Pil nel 2060. Intanto, gli utenti ospiti di strutture residenziali fra il 2009 e il 2013 sono diminuiti del 9,1%, mentre il Fondo nazionale per le politiche sociali è stato fortemente ridimensionato: nel 2016 la sua dotazione è del 78% in meno rispetto al 2009. Al contrario, il Fondo nazionale per le non autosufficienze è tornato ad avere una dotazione di 400 milioni di euro.

Alla domiciliarità ricorrono 2,5 milioni di anziani (dati 2013), ma avverte il Censis , per pagare l’assistenza ad un familiare non autosufficiente oltre 561 mila nuclei hanno dovuto dare fondo ai propri risparmi o vendere l’abitazione (anche in nuda proprietà) oppure indebitarsi, mentre la maggior parte delle case di proprietà in cui vivono circa 10 milioni di anziani sono vecchie, spesso cadenti e prive di riscaldamento, nel 76% dei casi anche di ascensore. A macchia di leopardo i servizi di assistenza domiciliare integrata offerti dai Comuni dei quali solo l’0,5% offre voucher e assegni di cura. Nel 2013 sono stati 1.511.974 i beneficiari di indennità di accompagnamento mentre aumentano progressivamente le badanti (oltre 375 mila nel 2015 secondo l’Osservatorio dell’Inps). Nelle residenze diminuiscono i posti letto; nel 2013 accolti poco più di 278 mila anziani, il 76% non autosufficienti, per il 41,5% in strutture del Nordovest, soprattutto in Lombardia, ma le liste d’attesa possono arrivare anche a 180 giorni.

In questo scenario risultano del tutto insufficienti le politiche per l’invecchiamento attivo, limitatesi finora ad incentivare la transizione graduale dal lavoro al pensionamento. Uno dei frutti del 2012, proclamato dall’Ue “Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra generazioni”, è stato la costruzione dell’ indice di invecchiamento attivo (Active Ageing Index) che sulla scorta di indicatori come tasso di occupazione, esercizio fisico, accesso ai servizi sanitari, uso delle tecnologie, svolgimento di attività in ambito politico, sociale, culturale, misura il grado di autonomia e partecipazione degli anziani. In base a questo indice, nel 2014 l’Italia è risultata al quattordicesimo posto sui 28 Paesi Ue.

Di qui le proposte dell’Auser: anzitutto estendere e rendere efficaci i servizi di assistenza domiciliare integrata, istituire una banca nazionale ed europea delle migliori pratiche, introdurre un sistema di indicatori omogeneo a livello nazionale per valutare la progressione nel miglioramento delle prestazioni dei servizi, istituire il Fondo unico per la non autosufficienza finanziato con risorse aggiuntive rispetto a quelle pubbliche. E ancora: servono misure di detrazioni dal reddito per agevolare le famiglie nella regolarizzazione delle badanti, mentre l’istituzione di un “registro degli assistenti familiari” faciliterebbe la ricerca di assistenti qualificate, ne sosterrebbe la formazione e l’inserimento lavorativo. L’Auser chiede inoltre di ampliare e migliorare l’offerta residenziale per diminuire il divario Nord-Sud e allineare l’Italia alla media dei paesi Ocse.

Intanto è in Commissione Affari sociali della Camera la proposta di legge n. 3538 “Misure per favorire l’invecchiamento attivo della popolazione attraverso l’impiego delle persone anziane in attività di utilità sociale e le iniziative di formazione permanente”. Presentato nel gennaio 2016 da un gruppo di deputati – primo firmatario Edoardo Patriarca – e fortemente voluto dalle associazioni, in primo luogo l’Auser, il testo (nove articoli) individua nei Comuni, d’intesa con le associazioni, i soggetti responsabili della promozione di attività di formazione, turismo sociale, volontariato in vari ambiti.

Perché gli anziani, con il loro bagaglio di conoscenze ed esperienze, sono una risorsa; l’invecchiamento attivo è la parola chiave per il loro benessere e costituisce la migliore forma di prevenzione del decadimento cognitivo contribuendo a mantenerne l’autosufficienza il più a lungo possibile.

A conti fatti, è un investimento per la società intera.