A sei mesi dal sisma: una casa per ricominciare

Il 24 febbraio si contano sei mesi dalla prima tragica scossa di terremoto dello scorso agosto. Un periodo lungo, durante il quale la Chiesa non ha mai mancato di accompagnare e sostenere la popolazione, portando ascolto e consolazione, ma anche aiuti materiali grazie ai sacerdoti e ai laici impegnati

«Fino all’altro giorno, quando ancora non avevo il container, siamo stati dentro la roulotte». Quella di Antonio e Giovanna è una delle famiglie colpite dal terremoto che grazie alla Chiesa hanno trovato una prima soluzione al problema abitativo. Hanno infatti ricevuto uno dei container messi a disposizione dalla Caritas italiana in collaborazione con la diocesi di Rieti, installata nella frazione amatriciana di Casali di Sotto. «Sono ambienti piccoli, ma noi ci troviamo benissimo. Rispetto alla roulotte c’è la differenza tra la notte e il giorno. Dopo sei mesi è una rinascita. Il bagno è comodissimo, c’è la doccia e l’acqua calda. Abbiamo tutto qui», spiega il signor Antonio.

Ad ascoltarlo si fa avanti un paradosso: il terremoto che rimette in ordine le cose, perché rovesciando tutto rifonda anche la scala dei valori, elencando i bisogni secondo la scala della necessità. «Dalla Caritas è arrivato un aiuto veramente grande – aggiunge la signora Giovanna – ha realizzato per noi un mini appartamento. Per me è stata una luce che si è accesa». In fondo è stato questo il compito della Chiesa sui luoghi del terremoto nei sei mesi che ci separano dalla prima scossa del 24 agosto scorso: portare un po’ di luce e di speranza, essere i primi a muovere le macerie, a partire da quelle interiori.

Per questo si è puntato a tenere unita la popolazione, a rinsaldare e fare coraggio. Non a caso, insieme alle case per chi l’ha persa, la Caritas ha tirato su le Case della Comunità: spazi polifunzionali, in cui la vita può riprendere a poco a poco la sua normalità. Come nel caso del centro Sant’Agostino ad Amatrice, inaugurato a tre mesi esatti dal sisma: una struttura prefabbricata dove si celebra la messa, ma che all’occorrenza ospita anche il parrucchiere e l’estetista. L’idea è quella di coltivare la bellezza dei rapporti umani: cos’è del resto la Chiesa se non l’esistenza quotidiana di una comunità illuminata dalla presenza di un tabernacolo?

E siccome la vita prosegue solo con il lavoro, la Caritas e la diocesi non hanno trascurato le imprese e chi le manda avanti. Soprattutto quelle legate al settore agricolo e dell’allevamento. E se dove è venuta giù la casa sono arrivati i container, dove sono crollate le stalle e le rimesse degli attrezzi, dei mezzi meccanici e dei mangimi, Caritas ha portato strutture di emergenza, per evitare l’arresto della produzione, per dire da subito che anche dopo il sisma c’è futuro. In tante situazioni la Chiesa è intervenuta sin dall’inizio, senza sprecare tempo, rispondendo con urgenza all’emergenza prima di lasciare spazio alla fase della progettazione. Quest’ultima si è poi fatta avanti grazie alla presenza costante del vescovo, dei sacerdoti e dei religiosi, degli operatori Caritas. Perché la Chiesa è stata un punto di riferimento sin dai primi giorni per la popolazione messa di fronte alla tragedia del terremoto, e resta in ascolto delle tante esigenze: quelle dei cuori e quelle materiali.