2. Le pietre miliari: Leone XIII e la Rerum Novarum

Giovanni Paolo II è il Pontefice a cui occorre riconoscere il grande rilancio e approfondimento della Dottrina Sociale della Chiesa. In ogni Enciclica sociale si evince nettamente un orizzonte e un modello di sviluppo sociale sensibile alle novità dei tempi, coniugato con l’imprescindibile valore dell’uomo in quanto figlio di Dio. Compito non facile, ma doveroso, che inizia nel 1891 con la Rerum Novarum di papa Leone XIII. In queste righe non c’è la pretesa di essere esaustivi ma sollecitare un interesse e trasmettere qualche messaggio in termini chiari ed essenziali. La Rerum Novarum affronta un tema delicato in un momento difficile ma intende ribadire l’assoluto valore della dignità umana, all’interno di un sistema, quello capitalistico, votato al massimo guadagno con la minima spesa. L’Enciclica si oppone ad un’idea aberrante di lavoro che sfociava, e ancora oggi avviene, nello sfruttamento dell’uomo, non più riconosciuto portatore di diritti naturali, ma interpretato come semplice e anonima forza lavoro. La Rerum Novarum è l’inizio di una riflessione, ancora oggi attualissima, tesa a trovare strade in grado di spingere il capitalismo verso un equilibrio tra legittime pretese economiche che nascono dal riconoscere la proprietà privata come un diritto naturale, e l’assoluto e individuale valore della persona. È stata la prima pietra. Una pietra che vede la proprietà privata come conseguenza del lavoro: “Come l’effetto appartiene alla causa, così il frutto del lavoro deve appartenere a chi lavora” (Rerum Novarum, 8). La proprietà non è riconosciuta solo allo Stato ma in prima battuta all’uomo perché l’uomo è anteriore allo Stato “(…) si ché prima che si formasse il civile consorzio egli dovette avere da natura il diritto di provvedere a se stesso” (Rerum Novarum, 6). Accanto a quanto appena detto, l’Enciclica pone un richiamo essenziale: la Chiesa parla a coloro che detengono il potere politico ed economico, invitandoli a contribuire al bene comune e alla collaborazione tra classi sociali diverse, attuando una giusta retribuzione dei lavoratori. La giusta retribuzione va di pari passo con le considerazioni rivolte al governo nazionale: “Può affermarsi con verità che il lavoro degli operai è quello che forma la ricchezza nazionale. È quindi giusto che il governo nazionale si interessi dell’operaio, facendo sì che egli partecipi in qualche misura di quella ricchezza che egli stesso produce”. (Rerum Novarum, 27). Del resto gli stessi lavoratori sono invitati a corrispondere in modo adeguato alle loro responsabilità. Affermazioni in qualche modo profetiche, che hanno preceduto e saranno riprese dai successori di Leone XIII, e che ancora oggi animano il dibattito legato al rapporto tra le forze sociali. La riflessione che s’imporra negli anni successivi a Leone XIII riguarderà in gran parte proprio quella “qualche misura” che verrà diversamente coniugata e interpretata secondo le epoche e le pretese del mondo sindacale, economico e politico. Sullo sfondo emerge la questione del ruolo dello Stato che però viene solo accennata. Se infatti la proprietà privata viene riconosciuta come diritto naturale e diretta conseguenza del lavoro svolto, nell’ambito di una società capitalistica occorre chiarire il rapporto tra questa e il bene comune. In questa direzione si spinge la riflessione sul ruolo dello Stato che però verrà ripresa e approfondita nella successiva Enciclica sociale di Pio XI del 1931, Quadragesimo Anno, oggetto del prossimo appuntamento.