I volontari che hanno operato ad Amatrice si raccontano a un anno di distanza dal sisma

«Siete persone fantastiche, il vostro servizio è stato eccellente. Ragazzi semprepronti ad aiutare e dare un conforto a tutti».

Questa una tra le tante restituzioni che la gente di Amatrice ha voluto lasciare su carta, rispondendo a una nostra domanda: «Cosa è stata la nostra presenza per voi?».

In chiusura della tenda emporio, abbiamo pensato di stimolare in questo modo la condivisione delle impressioni relative all’esperienza vissuta a partire da gennaio 2017.

Dalle interviste scritte sono emersi fattori significativi, legati ai rapporti creati con le persone che hanno usufruito della distribuzione dei viveri. Questa infatti si è rivelata non solo una semplice consegna quotidiana del pane, dei biscotti e degli altri alimenti, ma la possibilità di esserci in un contesto di emergenza diffusa.

Il perché del gemellaggio, e quindi della nostra presenza, è legato alla necessità di sentirsi Chiesa attorno a un’altra Chiesa sorella, colpita dal terremoto, sia nelle strutture sia nella comunità che la compone.

Da qui la possibilità di avere forze esterne, animatori di comunità che, nel vivere le problematiche quotidiane sul luogo, con la gente di Amatrice, avessero la capacità di supportare carichi di lavoro e corrispondere a vari bisogni.

Rispondere ai bisogni concreti dei cittadini ha consentito di costruire relazioni con le persone del posto, arrivando a condividere momenti significativi della vita quotidiana,come pranzi e cene nelle abitazioni provvisorie, compleanni e altri momenti di festa di comunità.

Dal primo febbraio 2017 gli operatori Caritas gemellati per il Lazio e la Basilicata, insieme ai colleghi della Lombardia, si sono occupati principalmente della distribuzione dei viveri, rilevando allo stesso tempo altri tipi di bisogni materiali e di ogni altro genere, dall’ascolto allo stare insieme.

Durante i sei mesi di distribuzione si è ritenuto opportuno dare rilievo alle date più importanti, dalle feste personali, come i compleanni, a quelle comunitarie attraverso allestimenti ad hoc e piccoli regali. Per fare ciò, si è cercato di coinvolgere direttamente o indirettamente gli amatriciani.

A maggio, in occasione della riorganizzazione degli spazi esterni nella zona dei Minozzi, gli operatori hanno chiesto alle persone che frequentavano la tenda di trascrivere, su un biglietto di carta, cosa avessero voluto che quello spazio diventasse, in un progetto chiamato “Vorrei che…”.

In questo modo sono riusciti a dar voce a diverse considerazioniemerse dalle varie fasce d’età; la sintesi delle necessità e dei desideri ha accompagnato la progettazione della struttura del centro di aggregazione, preparato successivamente da Caritas Italiana, in maniera che racchiudesse il più possibile i vari bisogni suggeriti. Successivamente si è lavorato per far sì che il centro di aggregazione diventasse sempre più uno spazio degli amatriciani, dove ogni persona che frequentava questo luogo si potesse sentire accolta, grazie alla maggiore cura messa in atto dagli operatori lì presenti.

L’analisi dei bisogni e la progettazione delle attività sono state possibili grazie a una attenta riflessione e alla capacità di mettersi in discussione in ogni singola relazione. L’ascolto delle difficoltà e dei tanti disagi esternati dalle persone, in relazione alle condizioni logistiche non ottimali e all’avanzamento dei lavori di ricostruzione, ha consentito di migliorare il lavoro della Caritas lì dove possibile, facendo sì che le problematiche segnalate diventassero per tutti gli operatori gemellati opportunità di crescita nel servizio, assicurato costantemente.

Sicuramente non è stato possibile rispondere in maniera efficace alle esigenze di ciascun singolo (la richiesta del container magazzino, del materasso, del sapone per i panni), ma si è riusciti a intervenire per le problematiche collettive, allestendo i centri di comunità e di aggregazione.

di Eustachio Santochirico e Rolando De Cristofaro, operatori delegazioni di Basilicata e Lazio