Vidi ‘n po se pioe?

Giovedì gocce. Il menù meteorologico, anticipato mediaticamente come da copione, non ha (quasi) riservato sorprese la scorsa settimana. Il tanto allarmante acquazzone c’è stato, fortunatamente con meno danni del previsto, e tutti quelli che non si trovavano a casa difficilmente vi hanno fatto ritorno completamente asciutti.

Questo accade in un anno (e per la verità anche da più tempo) nero per le inondazioni in Italia. Soprattutto il cento nord è stato devastato. Vittime, danni economici e forti disagi alla popolazione rendono drammaticamente urgente sanare l’assetto idrogeologico del paese.

Ma oltre a questa questione nazionale è arrivato, o forse è già passato, il momento di guardare allo scenario globale. Nessun singolo evento ha origine dal riscaldamento globale, eppure quest’ultimo influisce sulla frequenza dei fenomeni più intensi. Malgrado ciò non si riesce ancora a percepire i disastri come “climatici”. Il ragionamento necessario benché alla portata di tutti è evidentemente troppo indiretto. L’idea di calamità come destino ineluttabile possiede ancora un fascino irresistibile.

Tornando al nostro piccolo ambito locale, la domanda che più spesso abbiamo sentito è stata sicuramente “vidi ‘n po se pioe?” seguita dai vari “e mo co que ce retorno a casa”, “non tengo manco l’ombrella” e “staorde tenea ragione a televisione”.

Il solito insomma, al netto di inevitabili imprecazioni…

di Caterina D’Ippoliti e Samuele Paolucci