V domenica del tempo ordinario – Anno B, commento al salmo

Risanaci, Signore, Dio della vita.

È bello cantare inni al nostro Dio,è dolce innalzare la lode. Il Signore ricostruisce Gerusalemme, raduna i dispersi d’Israele; Risana i cuori affranti e fascia le loro ferite. Egli conta il numero delle stelle e chiama ciascuna per nome. Grande è il Signore nostro,grande nella sua potenza; la sua sapienza non si può calcolare. Il Signore sostiene i poveri,ma abbassa fino a terra i malvagi.

Dal Salmo 146 (147)

Il salmo che ci presenta la liturgia è cronologicamente uno degli ultimi del libro del Salterio. Il Salterio, la raccolta dei salmi, prende nome dalla traduzione dal greco dello strumento musicale che si usava per accompagnare la preghiera, simile all’arpa. Il termine “salmo” ne deriva in quanto indica il “pizzicare” del suonatore che fa vibrare la corda. Possiamo dire che la stesura completa del testo, abbraccia il periodo più lungo della storia di Israele, partendo dai secoli XI-X a.C. fino ai tempi di Gesù. La comunità cristiana, da secoli, con la preghiera dei salmi vive ed esprime gli stessi sentimenti del popolo ebreo, il vissuto di un popolo di Dio in cammino dove gli accadimenti umani, come la schiavitù e la liberazione, il peccato e il perdono fanno parte della comune storia dell’umanità. «Risana i cuori affranti e fascia le loro ferite. Egli conta il numero delle stelle e chiama ciascuna per nome». (Sal 146,3) e con questa lirica, l’orante lancia un inno alla potenza del Signore, donandoci attraverso pochi tratti, l’icona dell’amore misericordioso di Dio: è il Dio che risana i cuori affranti e fascia amorevolmente le ferite, il Dio che conosce profondamente la sua creatura tanto da riuscire a lenire e confortare nella sofferenza e nel bisogno. C’è anche un richiamo alla creazione, che traspare dalla certezza che il Signore conta il numero delle stelle e le chiama nome per nome: siamo noi le stelle del Signore, le sue creature predilette e amate fino all’estremo sacrificio vissuto dall’Unigenito per la nostra salvezza. In questa domenica, tutta la Liturgia della Parola ci parla della potenza e dell’amore divino, di come agisce nella nostra vita. Il racconto evangelico di Marco, ci presenta i miracoli che Gesù compie in terra di Galilea, all’inizio della sua missione pubblica e di come Egli al termine del giorno voglia proseguire in tutta la Galilea la sua missione taumaturgica, rivelando il suo disegno di amore universale. Alla sequela di Gesù, anche noi lo seguiamo nel suo andare per villaggi e città di quella terra che rappresenta l’universo, chiedendogli il suo amore e come Pietro, che lo condusse dalla suocera malata, anche noi in forza del nostro battesimo, vogliamo condurre a lui quanti ne sono lontani e farli godere, come noi cristiani, del suo amore senza limiti.