Unioni civili? Si deve ascoltare il popolo

Su un tema tanto sensibile, governo e politici non si illudano di decidere da soli. Il testo proposto dalla relatrice, senatrice Cirinnà, si muove nella direzione esattamente contraria a quella indicata dalla Consulta, equiparando quello che non si può equiparare e non facendo quello che è stato richiesto.

Il dibattito sulla regolamentazione delle coppie di fatto, sia tra persone di sesso diverso che, soprattutto, dello stesso sesso, è ormai entrato nel vivo. La relatrice, senatrice Cirinnà, ha presentato il suo nuovo testo che, in verità rispetto alla versione precedente, mostra solo piccoli interventi di chirurgia linguistica, risultato minimale per la pausa di riflessione che una settimana fa le forze politiche si erano date per evitare soluzioni divisive e pericolose per gli equilibri politici.

In verità la proposta della relatrice, nella sostanza, si preoccupa soprattutto di equiparare le convivenze tra persone dello stesso sesso alla famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna. Tutto ciò che riguarda famiglia e coniugi viene esteso alle unioni omosessuali. Sarà loro concessa perfino una mini cerimonia nuziale davanti all’ufficiale di stato civile.

Singolare è notare che a rimettere in moto la macchina era stata la Corte Costituzionale con un recente pronunciamento nel quale, tra l’altro, si ribadivano alcuni importanti punti fermi. Uno di questi è che deve essere esclusa qualsiasi equiparazione delle nuove formazioni sociali al matrimonio fondato tra uomo e donna così come deve essere escluso l’accesso al matrimonio per le persone dello stesso sesso. La Corte ha anche sottolineato l’intrinseca diversità, rispetto al matrimonio, delle unioni civili che per questo necessitano di una disciplina diversa sul piano sostanziale.

Insomma il testo proposto si muove nella direzione esattamente contraria a quella indicata dalla Consulta equiparando quello che non si può equiparare e non facendo quello che è stato richiesto.

I diritti soggettivi di ciascun individuo, indipendentemente dal proprio status familiare, potranno avere un pacifico riconoscimento peraltro già previsto in alcuni disegni di legge apertamente e deliberatamente ignorati dalla relatrice Cirinnà: il diritto di successione nel contratto di locazione, il diritto di visita e assistenza sanitaria al proprio partner, il diritto di comunione dei beni acquistati durante la convivenza o di compartecipazione agli utili dell’attività di impresa familiare, etc. Su questo c’è ampio spazio di discussione al quale anche le associazioni familiari sono pronte a dare il proprio contributo.

Diversa è la situazione di alcuni diritti peculiari della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna che non possono essere estesi alle convivenze. Pena la creazione di una sorta di discriminazione al contrario. In particolare, facciamo riferimento al diritto alla pensione di reversibilità, quale strumento di tutela del coniuge e della famiglia nel momento in cui viene a mancare l’altro coniuge; o al diritto alla successione legittima, come attualmente previsto dalla legislazione, mentre per i componenti delle convivenze si potrà certamente agire sulla quota di riserva, tenendo però presenti i potenziali conflitti tra i legittimari (ad es. figli nati nel matrimonio e/o nella convivenza).

Ci sono poi dei territori nei quali bisognerà muoversi con particolare attenzione, lasciando fuori dalla porta ogni forma di ideologia. Andrà, ad esempio, valutata con attenzione l’eventuale estensione delle norme sul mantenimento anche alle convivenze poiché anche in tal caso potrebbero insorgere conflitti tra diversi aventi diritto (quelli derivanti da un precedente matrimonio e quelli derivanti da un’altra convivenza), soprattutto con riguardo ai figli.

Ma la massima attenzione andrà posta all’applicazione delle normative sull’adozione o sulla procreazione medicalmente assistita. Campi questi che, andando oltre le mere questioni finanziarie, suscitano fortissime perplessità, soprattutto rispetto al “superiore interesse del minore” ad avere un padre e una madre, che noi riteniamo ben più forte di un malinteso e solo ipotetico – e ideologico – “diritto al bambino” per gli adulti. Ma di tutto ciò, nella proposta Cirinnà c’è ben poco. Si preferisce rimandare ad un’inspiegabile delega al governo. Del resto, è di tutta evidenza che l’intenzione della senatrice Cirinnà è di indirizzare il dibattito del Senato su binari connotati ideologicamente.

Su un tema tanto sensibile governo e politici non si illudano di decidere da soli: occorre ascoltare davvero la gente, il popolo, che ha già dimostrato la propria sensibilità al tema della famiglia, negli anni scorsi anche con il Family Day, e nei mesi più recenti con varie forme di mobilitazione. Non sarà accettabile che si proceda a colpi di più o meno risicate maggioranze di aula, o di sedute notturne in commissione, o peggio di scambi o ricatti tra partiti, posti di governo o vecchie e nuove maggioranze.