Una storia significativa: le suore del Bambin Gesù hanno festeggiato i 400 anni dalla nascita del fondatore

Sabato 16 marzo pomeriggio di riflessione e di festa per le suore Oblate del Bambin Gesù, organizzato per il quarto centenario della nascita del proprio fondatore, il servo di Dio Cosimo Berlinsani

«Imparate ad amare, coccolare, nutrire il Bambino Gesù, perché anche voi vi sentiate amati, coccolati e nutriti dal Signore»: prima della benedizione, si rivolge ai bambini il vescovo Domenico, al termine della gioiosa e partecipata Messa da lui presieduta nella chiesa di Santa Caterina, in occasione del pomeriggio di riflessione e di festa che le suore Oblate del Bambin Gesù hanno organizzato per il quarto centenario della nascita del proprio fondatore, il servo di Dio Cosimo Berlinsani. Quindi, canto finale foto di gruppo, per i fanciulli delle elementari che hanno animato il canto nella liturgia e i piccolini della materna che, nella processione d’ingresso, avevano accompagnato con fiori l’incedere di monsignor Pompili e dei due sacerdoti concelebranti, il vicario episcopale per la vita consacrata padre Carmine Ranieri e il leonardino padre Davide Carbonaro, che della causa di beatificazione del suo confratello padre Berlinsani è postulatore.

La celebrazione eucaristica è stata l’ultimo momento del pomeriggio dedicato al ricordo del grande sacerdote di origine toscana che, nella Roma del Seicento, prese sotto la sua tutela la giovane Anna Moroni, accompagnandola nella fondazione di quelle che furono allora chiamate Convittrici del Bambin Gesù, suore segnate proprio da questa dimensione spirituale: essere “nutrici” di Gesù Bambino servendolo nei suoi piccoli fratelli. Del dinamico suo confratello, appartenente alla comunità dei Chierici della Madre di Dio di stanza a Santa Maria in Campitelli (la chiesa romana punto di riferimento dei religiosi fondati da san Giovanni Leonardi, dove riposano le sue spoglie), ha parlato a lungo padre Davide nella conferenza svoltasi nell’aula magna dell’Istituto Bambin Gesù.

Fu qui, nello storico edificio di via Garibaldi, che la comunità reatina delle suore Oblate, lasciando la precedente sede al rione San Nicola (dove la toponomastica reca traccia della loro presenza nel vicolo accanto all’edificio che occupavano, tuttora denominato “via del Bambin Gesù”), si stanziò all’inizio dell’Ottocento, sotto il vescovo Marini, allorché la comunità claustrale benedettina che precedentemente occupava il monastero intitolato alla santa martire Caterina d’Alessandria si era praticamente esaurita. Le Convittrici, che nel frattempo avevano adottato la regola agostiniana e mutato il loro nome in Oblate del Santo Bambino Gesù, proseguirono qui da allora la loro missione educativa nella Chiesa e società reatina, giungendo a costituire una presenza importante nel corpo delle scuole cattoliche. A tutt’oggi, l’Istituto Bambin Gesù è l’unica, tra le scuole paritarie di tutta la provincia reatina, che si estende agli altri gradi di istruzione oltre la scuola dell’infanzia: insieme alla materna, comprende infatti anche scuola elementare e media (quest’ultima al momento sospesa, ma con la speranza di riattivarla), mentre negli anni passati era presente pure l’istituto magistrale – poi liceo pedagogico – e la scuola magistrale per le maestre d’asilo, e in anni più addietro ospitava anche le collegiali.

Ad accogliere i convenuti (famiglie, insegnanti ed ex insegnanti dell’istituto, parrocchiani, amici, religiose delle altre congregazioni presenti a Rieti) nell’aula magna, la superiora suor Maria Raffaella Funari, già madre generale della congregazione che, ancora vivente il Berlinsani, piantò le sue tende a Rieti sin dal 1693: era stato il vescovo Ippolito Vincentini, che aveva conosciuto a Roma la meritoria attività delle seguaci di Anna Moroni, nel frattempo defunta, a chiedere a padre Cosimo l’invio di qualcuno che potesse avviare nel capoluogo sabino una presenza delle Convittrici. E lui inviò Isabella Breccika Milesi, donna laica vicina al carisma della congregazione che, essendo vedova, ne entrò stabilmente a far parte. La Milesi procedette nell’opera e avviò la comunità reatina (diventandone superiora), comunità che trovò accoglienza inizialmente in episcopio e subito dopo presso la chiesa di San Giovenale, quindi per qualche anno alla chiesa di San David (che esisteva al tempo in via Nuova), per poi trasferirsi nel 1709 al rione delle Valli, nella casa dinanzi a San Nicola lasciata in eredità alle suore dal canonico Iavarroni; infine da qui, un secolo dopo, come detto, nell’ex monastero di Santa Caterina dove tuttora si trova.

Una storia significativa, in sintonia con l’esperienza spirituale avviata nell’Urbe da Cosimo Berlisani e Anna Moroni, rievocata nell’intervento del postulatore Carbonaro, che ha ben tratteggiato il profilo spirituale dei due servi di Dio, prima della proiezione del documentario “Due vite, un unico ideale” a loro dedicato, proiezione introdotta da don Luca Scolari.

Quella fedeltà e quella capacità di lasciarsi avvolgere dalla luce di Dio che, rifacendosi alla figura di Abramo e all’episodio evangelico della trasfigurazione di Gesù, di cui alle letture della liturgia domenicale, ha voluto poi far riferimento il vescovo nell’omelia.