Una lettera apocrifa?

Cari amici di «Frontiera», desidero raccontarvi quanto mi è capitato stamattina, durante una incauta passeggiata. Nonostante il mio ostinato rifiuto di volger lo sguardo verso la stampa cittadina, non ho potuto evitare di leggere un titolo cubitale su una certa “locandina” di cronaca locale.

Non credevo ai miei occhi. Eppure c’era proprio scritto: «l’assessore condannato scrive al sindaco».

Nella mia povera mente si sono scatenate d’improvviso tempeste di domande: sarà vero? Sarà uno scherzo? Ancora lettere di condannati? (non a morte, non della Resistenza, per fortuna). E comunque, come è possibile? L’assessore sa dunque scrivere? Che notizia! Che evento! Avrà usato un consulente grammaticale? Un supporto legale? La chiromanzia?

Ero ancora in preda a simili atroci dubbi, quando, senza volere, ho sentito alcuni passanti discutere sul “giallo” relativo alla firma in calce. Alcuni sostenevano che era apocrifa. Dal punto di vista grafologico, dicevano, la croce apposta in fondo alla pagina risulterebbe anomala. Altri cittadini negavano tale circostanza. E giù i primi ad insistere: i due testimoni risulterebbero diversi da quelli usuali. Ma tali voci erano troppo incontrollate ed esagerate per starle a sentire oltre.

Così ho cercato di capire qualcosa a proposito del contenuto della lettera. Ma, povero me, il mistero si è fatto più fitto. Cosa conteneva l’importante missiva?

Un lamento sulla moria delle vacche? Una implorazione a Savonarola? Il desiderio di ottenere un assessorato più importante ? Non era dato sapere. I più pessimisti parlavano di una surreale ipotesi di dimissioni. E che, ci si dimette solo per un piccolo malinteso con un tribunale di poco conto? Quisquilie, pinzellacchere, suvvia.

Passato lo sgomento, un altro quesito si è affacciato alla mia mente: mi stava accadendo davvero? Io, l’incallito scettico, il dubbioso, il disincantato, mi stavo occupando sul serio di quella lettera?

E dunque, da quel momento in avanti, cosa avrei potuto ignorare? Il parlamento padano? La nipote di Mubarak? Il peperoncino a costo quasi-zero?

Nella mia mente sconvolta risuonavano come mantra ossessivi le lamentazioni e le urla dell’altro assessore spodestato. Pure queste mi era capitato di sentire, lo giuro, per puro caso: «la comunità è mia e me la gestisco io», e «non dovete mettere in dubbio la mia moralità»).

Mi saliva una specie di febbre. Era colpa di un virus? Intanto le voci si sovrapponevano. «La morale è mia e non dovete gestirla nel dubbio». «La mora è comunitaria ma la gestisco io». «Il dubbio è immorale se io sto al comune». Quasi svenivo.

Terrorizzato da una simile prospettiva di implosione autistica, sono tornato a casa sconvolto. Mi ha dato sollievo solo l’idea di scrivere una… lettera alla Vostra accogliente rivista, rifugio degli sconvolti, consolatrice degli afflitti, avvocata dei… non assessori.

Il vostro Elzevir