Dedicata all’identikit del cristiano come “missionario di speranza” l’udienza di ieri, che il Papa ha pronunciato davanti a 15mila persone. Al termine, l’annuncio a sorpresa di una riunione in preparazione al Sinodo dei giovani a cui sono invitati i giovani di tutto il mondo, credenti e non credenti
Se vuole essere, come san Francesco d’Assisi, “un grande missionario di speranza”, il cristiano deve ricordarsi di avere un pezzo di cielo in più sopra la testa. Il Papa ha cominciato così la prima udienza generale di ottobre, mese che per tradizione la Chiesa dedica alle missioni. Alla fine, prima di salutare i fedeli italiani presenti tra i 15mila in piazza San Pietro, Francesco ha annunciato, a sorpresa, che, dal 19 al 24 marzo 2018, si volgerà una riunione pre-sinodale a cui sono invitati tutti i giovani del mondo, credenti o non credenti.Entra così nel vivo il percorso di avvicinamento al Sinodo dei giovani, in programma ad ottobre del prossimo anno. “Dobbiamo ascoltare i giovani!”, l’imperativo di oggi pronunciato a braccio.
“Il cristiano non è un profeta di sventura”,
ripete a braccio il Papa. L’essenza dell’annuncio cristiano è esattamente l’opposto: Gesù è morto per noi ma poi è risuscitato al mattino di Pasqua. Se i Vangeli si fermassero alla sepoltura di Gesù, la sua sarebbe la biografia di un profeta che andrebbe ad aggiungersi alle tante biografie di personaggi eroici che hanno speso la vita per un ideale. Ma i Vangeli non si chiudono il venerdì santo: non sono un libro edificante o consolatorio, ma un annuncio di speranza. Francesco chiama la risurrezione quel “frammento ulteriore” capace di trasformare le nostre vite. Gesù risorge, e cambia le vite dei suoi discepoli: come quel giorno di Pentecoste, quando lo Spirito Santo ha soffiato forte per farli rinascere a vita nuova.
“Gesù e vivo tra noi, è vivente, e ha quella forza di trasformarsi”, aggiunge a braccio.
Gesù non vuole discepoli capaci solo di ripetere formule imparate a memoria:vuole testimoni, cioè persone che propagano speranza con il loro modo di accogliere, di sorridere, di amare, anche quando l’amore pare aver smarrito le sue ragioni. C’è sempre un “di più” che abita l’esistenza cristiana:
“Noi siamo persone con un pezzo di cielo in più sopra la testa, accompagnati da una presenza che qualcuno non riesce nemmeno ad intuire”.
Il compito dei cristiani in questo mondo è allora quello di aprire spazi di salvezza. “Quando il cielo è tutto nuvoloso, è una benedizione chi sa parlare del sole”: il vero cristiano è così, non lamentoso e arrabbiato, ma convinto, per la forza della risurrezione, che
“nessun male è infinito, nessuna notte è senza termine, nessun uomo è definitivamente sbagliato, nessun odio è invincibile dall’amore”.
I nostri fratelli e sorelle del Medio Oriente sono veri cristiani, dice a braccio il Papa. Pagano a caro presso la speranza, come i tanti cristiani che non hanno abbandonato il loro popolo, quando è venuto il tempo della persecuzione. “Questi sono veri cristiani, questi portano il cielo nel cuore, guardano oltre, sempre oltre!”, esclama Francesco citando i martiri di ogni tempo, che “con la loro fedeltà a Cristo raccontano che l’ingiustizia non è l’ultima parola nella vita”. “Gli uomini e le donne che hanno un ‘perché’ vivere resistono più degli altri nei tempi di sventura”, l’analisi: “Ma chi ha Cristo al proprio fianco davvero non teme più nulla”.
La mitezza dei cristiani non va confusa con un senso di insicurezza e di remissività, conclude il Papa sgombrando il campo da ogni irenismo:
“I veri cristiani non sono mai uomini facili e accomodanti”.
Caduti, si rialzano sempre. Missionari di speranza non per loro merito, ma grazie a Gesù, il chicco di grano che, caduto nella terra, è morto e ha portato molto frutto.