L’uscita di Papa Francesco sulla procreazione responsabile ha suscitato un notevole dibattito nella stampa nazionale, e non solo, e una timida reazione a livello locale, con un misurato ma molto chiaro articolo di Francesco Saverio Pasquetti, in buona parte da sottoscrivere, se non fosse per alcuni punti che suscitano qualche perplessità.
Il nocciolo della faccenda è la Humanae Vitae di Paolo VI, che dette una risposta pastorale e teologica alla questione della paternità e maternità responsabile: tutti ne conoscono grosso modo i contenuti, anche se non molti forse l’hanno letta. È noto che quella Enciclica, che nel 2000 Giovanni Paolo II non volle trasformare in definizione dogmatica, ebbe una gestazione sofferta, poiché Paolo VI avrebbe voluto fare qualche apertura all’uso dei mezzi contraccettivi, almeno nei casi di pericolo per la salute e nel caso di un numero adeguato di figli, anche secondo il pensiero di illustri teologi moralisti come Bernard Häring.
Un noto teologo moralista sembra lo abbia poi convinto a restringere il campo ai soli periodi infertili per evitare gravidanze, sempre con la possibilità di concepire e l’apertura alla vita.
Così l’enciclica non è piaciuta alla maggioranza dei cattolici che notoriamente in tutto il mondo fanno ampio uso di contraccettivi (pillole, condom e non solo) e non è piaciuta ad alcuni movimenti che reputano addirittura maldestro e non rispettoso dei piani divini persino l’uso della sessualità nei periodi agenesiaci, cioè infertili.
In questi quaranta anni e più molti cattolici in parte hanno ignorato le indicazioni dell’enciclica, in parte hanno, purtroppo, abbandonato la vita ecclesiale e la partecipazione ai sacramenti, perché una certa predicazione e una certa catechesi li hanno fatti sentire non solo peccatori, ma anche sporchi, pur in presenza di diversi figli.
Papa Francesco ha capito due cose molto importanti della Chiesa di oggi e di quella del futuro: l’opzione preferenziale per i poveri e l’attenzione alle famiglie e al benessere delle coppie. Entrambe passano per l’attività pastorale di clero e laici impegnati.
Nessuno vuole dire che bisogna adattarsi al senso del peccato dei fedeli, altrimenti bisognerebbe riformare pure il Decalogo e questo non è possibile, ma certamente è necessaria una presentazione della sessualità meno sessuofobica, anzi non sessuofobica; e in questo senso la Humanae Vitae è decisamente da ritoccare, almeno secondo i primi intendimenti di Paolo VI.
I dati statistici e sociologici, con tutti i limiti che possono presentare, sono allarmanti riguardo alla vita sessuale delle giovani coppie: 6 su 10 tra i 30 e i 40 anni non hanno più rapporti sessuali, festosi, donativi, spensierati. Non li hanno più per tanti motivi, ma se ci si mettono pure i calcoli dei periodi infertili la sessualità di coppia andrà definitivamente a farsi benedire con l’inevitabile separazione e con il proliferare di adulteri.
Come il Concilio Vaticano II fu un aggiornamento profetico della Chiesa, così la riforma della Humanae Vitae sarebbe profetica per la Chiesa e per il mondo.
La paternità di Papa Francesco è veramente responsabile, anche se è l’unico “Papà” che deve avere una moltitudine di figli!