Un lavoro per Erika De Nardo: le reazioni su Facebook

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Non ha mancato di sollevare polemiche l’offerta di un posto da segretaria che l’imprenditore reatino Flavio Di Vittorio ha fatto a Erika De Nardo, la giovane che, nel 2001, uccise a Novi Ligure la mamma e il fratellino.

Sul social network Facebook è spuntato un nuovo gruppo chiamato “Disoccupati reatini che cercano lavoro invano surclassati da assassini!

«Una città che offre lavoro a soggetti da recuperare… ed accantona i suoi disoccupati, non offrendo loro alcuna prospettiva di futuro. A Rieti, il mondo gira alla rovescia?» Questo lo slogan nella testata della pagina.

7 thoughts on “Un lavoro per Erika De Nardo: le reazioni su Facebook”

  1. Indignato

    E allora? Mi aspettavo un commento, il commento di Frontiera, intendo…dov’è il solito intervento bigotto e moralista pronto a difendere l’indifendibile e a scagliarsi contro chi non porge l’altra guancia, pronto al buonismo, al perdonismo e alla comprensione verso tutti fuorchè verso chi se la meriterebbe veramente, pronto ad “baciare il lebbroso” rigorosamente con le labbra degli altri, però…
    La signorina in questione ha già abusato abbastanza dei mass media (allocchi che continuano a darle visibilità) e della pazienza degli italiani onesti, che oltre a subire continue violenze morali dalla “giustizia” italiana (che non riesce a far stare in galera quanto meriterebbe nemmeno una feroce pluriassassina) devono incassare pure lo sberleffo di una supponente, indisponente e infastidita ragazzina che come se nulla fosse PRETENDE quello che altri dopo anni di sacrifici non trovano o perdono (un lavoro) e soprattutto si indigna – ma guarda un po’ – se viene riconosciuta e additata in giro…Ma cosa pretende, Erika,la riverenza? Ma crede davvero che trucidare sua madre e suo fratello come hanno fatto con il suo sodale sia una cosa che si archivia su due piedi semplicemente chiudendosi alle spalle la porta di un carcere in cui oltretutto è stata davvero troppo poco? Comodo essere considerata la normalissima persona che era fino al 2001 senza che nessuno mai più la identifichi con ciò che ha commesso, vero? Beh, ricordi la giovanotta che l’espiazione dei suoi delitti consiste anche e soprattutto nel portarne dentro per gli anni a venire il rimorso e le conseguenze sociali e morali, per quanto le sembri già sufficiente aver scontato quelle giuridiche, e senza fiatare. Altro che strepitare istericamente attraverso tv e giornali: fin troppa gente, e per primi sua mamma e suo fratello, voce per farsi ascoltare non ne hanno o non ne hanno più, e quanto sarebbero più meritevoli di lei di essere ascoltati….

  2. luciana

    Altro che lavoro io la farei soffrire per tutta la vita per quello che ha fatto. E pensar che ci sono padri che si suicidano per aver perso il lavoro casa e dignità. Dove è finita la giustizia,oggi essere assassini si ha anche un regalo… un bel posto di lavoro.

    1. Francesca

      Io sono disoccupata!! Chi devo ammazzare per avere anche io un posto così? Benvenuti in Italia un paese che da l opportunità a chi ruba a chi uccide e a chi frega!! Preferisco patire la fame che essere come a lei!!

  3. Maria Laura Petrongari

    Ho letto sulla vicenda.C’è da insistere perchè si creino le condizioni per rieducare in modo integrale certi soggetti che hanno commesso crimini efferati prima che si lascino affidati a se stessi fuori dal sistema giustizia una volta che hanno scontato la pena in carcere. La ricostruzione di una personalità disturbata da azioni nefande è compito delle istituzioni pubbliche perchè anche dare aiuto è difficile. Queste persone potrebbero poter lavorare in lavori di utilità pubblica che consentano loro di comprendere dal vivo il senso del sacrificio e dell’impegno .Non ci si reintegra nella società , secondo me, solo svolgendo una qualche mansione ma maturando per anni a livello psicologico, spirituale, e materiale il significato della prestazione di un servizio perchè il lavoro è una esperienza umana carica di etica perchè può dare un senso alla vita ed aiuta a responsabilizzarsi come aiuta a relazionarsi con tutti gli altri , avvicina agli altri valori della vita: è l’espressione della nostra personalità. E un ex detenuto ha estremo bisogno di essere accompagnato in questo percorso.Non può essere perduto di vista dalle istituzioni e non solo proprio perchè il percorso della redenzione, della ricostruzione è lungo e difficile , non può essere semplificato. Il riscatto, è vero, tocca in varia misura un pò tutte le persone ed è un diritto, ma intendo dire che certe persone come quella di cui si parla abbisognerebbero di essere ancora affidate ad un percorso di accompagnamento da parte delle istituzioni.Come cristiani comunque credo che le riflessioni che la vicenda ci suscita siano complesse.
    maria Laura petrongari

  4. Realista

    Maria ma vai a cagare!!!!!! Vorrei proprio vedere se saresti così ottimista e solidale se avesse ammazzato tuo marito e i tuoi figli. Ipocrita e perbenista che non sei altro. Quelli come te fanno pena!! Quelli come te mandano a puttane l’Italia!!! VERGOGNA!!!!!!!

  5. Beatrice

    Concordo con M. Laura. Credo che la rieducazione delle persone che hanno commesso degli errori (in questo caso un pluriomicidio) sia un dovere delle Stato.
    Inoltre……..gentile signor “Realista”, forse non sa che la Costituzione, all’articolo 27, comma 3 recita: “Le pene (…) devono tendere alla rieducazione del condannato”, intendendo con ciò affermare che, già i padri costituenti avevano previsto, in maniera espressa e forte, una finalità rieducativa della pena, al fine di favorire il reinserimento e il recupero sociale del condannato.
    Ciò, ovviamente e aggiungerei purtoppo, non elimina certo l’offensività del reato commesso e le terrbili conseguenze sui familiari del soggetto offeso…ma certamente il dibattito intorno ad un tema così delicato non può limitarsi a rispondere con insulti incivile e grossolani a chi (come la sig. ra M. Laura) manifesta una propria posizione e le condivide per un dialogo fruttifero. Grazie

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