Chiesa di Rieti

«Un fratello che ci ha rubato il cuore». Dalle Ande agli Appennini il cordoglio per don Angel

In tanti si sono riuniti nel palazzetto dello sport di Amatrice in occasione delle esequie di don Angel Jiménez Bello. Un ultimo saluto al giovane parroco di Sant’Agostino, che il 24 agosto del 2016 aveva condiviso con la popolazione i tragici momenti del sisma, occupandosi di mettere in salvo gli anziani della Casa di Riposo

In tanti si sono riuniti nel palazzetto dello sport di Amatrice in occasione delle esequie di don Angel Jiménez Bello. Un ultimo saluto al giovane parroco di Sant’Agostino, che il 24 agosto del 2016 aveva condiviso con la popolazione i tragici momenti del sisma, occupandosi di mettere in salvo gli anziani della Casa di Riposo. Tra i Monti della Laga era arrivato da poco più di due mesi, e tra quelle vette era tornato a poca distanza dal terremoto, dopo un breve periodo a Potenza, per ricevere le consegne della parrocchia da don Savino D’Amelio, eletto Superiore Generale della Famiglia dei Discepoli di Giovanni Minozzi. Quasi un segno per il giovane sacerdote, primo dei Discepoli peruviani a ricongiungersi al venerato fondatore che proprio in seno alla comunità di Amatrice aveva dato forma compiuta alla sua missione.

Un’appartenenza confermata dalla presenza dei confratelli della Famiglia dei Discepoli, che affiancati da molti sacerdoti e religiosi della diocesi, hanno concelebrato la funzione presieduta dal vescovo Domenico. Prendendo spunto dalle letture del giorno, mons Pompili ha letto la vicenda di don Angel attraverso la figura dell’apostolo Paolo. «Egli è lo strumento che ho scelto per me», la suggestione presa dalle parole attribuite a Gesù nella celebre visione sulla via di Damasco.

«Il suo desiderio era annunciare il Vangelo con la vita. E ce ne siamo accorti sia come parroco con il suo rigore, la sua intelligenza, la sua simpatia; sia come malato con la sua dignità, il suo coraggio, la sua delicatezza», ha spiegato il vescovo, che di don Angel ha ricordato l’animo sempre aperto alla speranza, la disciplina che gli impediva di piangersi addosso. Una forza alimentata da «mondo interiore, cui attingeva energia e fiducia, ben oltre l’umano», da «una fede che non l’ha mai abbandonato».

Quella stessa fede nel «pane vivo, disceso dal cielo», che sembra difficile, incomprensibile, impossibile di fronte alla morte che travolge «anche a trent’anni». E ora che la vicenda di don Angel «ci ha strappato all’improvviso dalla routine quotidiana, dalla ricostruzione che non parte, dalla convivenza che si è fatta più esigente» l’errore più grande sarebbe quello di «seppellire con lui la sua speranza di vita».

La «sua consegna» è un altra e don Domenico l’ha evocata attraverso un’immagine che ritrae il sacerdote «nel bel mezzo di stupende montagne e ordinatissimi terrazzamenti»: un paesaggio andino che dà le vertigini, come la promessa della vita eterna. Una speranza propria del pastore «che si dà da fare per accompagnare gli altri sui sentieri più alti». E se anche su quelle vette, sotto il cielo terso «Dio sembra allontanarsi e diventare invisibile», in realtà «Lui è sempre con noi».

«Come ora è con Angel – ha concluso il vescovo – che nel frattempo è diventato per noi un fratello maggiore che ci ha rubato il cuore».

Un affetto visto, oltre che nel ricordo commosso dei confratelli, stretti attorno ai familiari, nella breve testimonianza resa da alcuni giovani della parrocchia, che gli hanno reso omaggio con le parole e con la musica. Alla lettura di una breve lettera rivolta al sacerdote scomparso hanno infatti voluto aggiungere l’ascolto di una canzone da lui particolarmente amata. E al termine della messa, il viaggio verso il cimitero di Amatrice per il rito della sepoltura è stato preceduto dalla proiezione di una sequenza di foto di don Angel, anche riprese durante le attività pastorali nel borgo colpito dal terremoto.

Come a dire che la sua esperienza di parroco, pure se breve, ha saputo tracciare una via da seguire per chi rimane nella difficile situazione della ricostruzione, una bussola che punta con sicurezza verso il cielo.