Un ciclone etico si abbatte sull’America Latina

Dopo Uruguay e Argentina, i cui parlamenti hanno votato leggi che permettono il matrimonio anche tra omosessuali rispettivamente nel 2010 e nel 2013, ora tocca a Cile e Colombia. Nel primo Paese si discute una legge che apre all’aborto dopo l’approvazione delle unioni civili per coppie omosessuali, nel secondo si discute sull’adozione per coppie gay. Non manca la voce dei vescovi, flebile quella dei laici

Arriva anche dalla “fine del mondo” il rumore degli strappi sui temi etici. Già da tempo, infatti, anche le legislazioni latino-americane, proprio là dove vive il 40% dei cattolici di tutto il pianeta, si stanno conformando agli “standard” europei e nordamericani. Hanno iniziato a dare l’esempio i Paesi maggiormente laicizzati, come l’Uruguay e la stessa Argentina. I parlamenti di Buenos Aires e Montevideo hanno votato una legge che permette il matrimonio anche tra omosessuali rispettivamente nel 2010 e nel 2013. Piuttosto velocemente il dibattito sui temi etici e i cosiddetti “diritti civili” si sta espandendo a macchia d’olio anche in Paesi a forte tradizione cattolica, come il Cile e la Colombia. Per la verità fino ad ora questi temi non hanno particolarmente appassionato i vari leader progressisti provenienti dai movimenti di base che nella maggior parte dei casi hanno conquistato il potere negli ultimi anni. Avevano (ed hanno) ben altri problemi da risolvere, verrebbe da dire, visti gli squilibri sociali del continente. Ma il vento sta cambiando. E si arriva, così, al dibattito di questi giorni in Cile e in Colombia.

Il Cile dice sì alle unioni e “strappa” sull’aborto. Il caso cileno è particolarmente significativo. Si tratta di uno dei pochissimi Stati al mondo dove l’aborto è in ogni caso illegale (gli altri due casi sono il Salvador e il Nicaragua). A fine gennaio, però, la presidentessa Michelle Bachelet ha presentato il disegno di legge per la depenalizzazione dell’aborto nei casi di incesto-stupro, malformazioni del feto e pericolo di vita della donna (sulla falsariga di quanto avviene nella maggior parte degli altri Paesi latino-americani); ora la proposta arriverà al Congresso. L’arcivescovo di Santiago del Cile, il cardinale Ricardo Ezzati ha dichiarato in un’intervista che l’aborto è una scelta che “va contro ogni logica e contro il proposito di difendere la vita”. Inoltre, poiché il progetto di legge mira a rendere obbligatorio in tutti gli ospedali, anche quelli cattolici, l’applicazione di tale normativa, il presidente dei vescovi cileni ricorda: “Lo Stato deve permettere l’espressione delle diverse identità e missioni degli ospedali. Non si può forzatamente andare contro la coscienza di un medico”. Ma non è questo l’unico strappo etico in Cile. Proprio lo scorso 28 gennaio, infatti, il Congresso ha approvato una legge sulle unioni civili, anche per le coppie omosessuali. Il provvedimento assicura alle coppie molti diritti simili a quelli del matrimonio, con l’esclusione dell’adozione.

Colombia: svolta sulle adozioni gay? Una simile legge sulle unioni civili esiste già da anni, invece, in Colombia. Ma il dibattito si è spostato sull’adozione per le coppie gay. La vicenda coinvolge gli organi giudiziari della Colombia. La Corte costituzionale era chiamata la scorsa settimana a dare un parere decisivo sulla richiesta di una coppia di Medellin. Ma non è riuscita a decidere: quattro giudici a favore e quattro contro. E così il verdetto spetterà ad una sola persona, il “giudice aggiunto” Josè Herrera Vergara. Proprio nei giorni scorsi (3-7 febbraio) i vescovi colombiani si sono riuniti a Medellin nella loro assemblea plenaria, dedicata al tema “Vocazione e missione della famiglia nella Chiesa colombiana”. In questa sede il presidente della Conferenza episcopale colombiana, mons. Luis Augusto Castro Quiroga, ha affermato: “Lo sviluppo integrale di un bambino richiede la presenza di un papà e una mamma. Parole che fanno seguito all’articolata nota diffusa dalla Conferenza episcopale colombiana nella quale si leggeva che “l’adozione per persone tra lo stesso sesso non può essere considerata un modo adatto per garantire i diritti dei bambini, neppure nel caso in cui il minore sia figlio biologico di uno dei due componenti della coppia omosessuale”.

Tra Chiesa e società civile. Non sfugge a nessuno che il dibattito sulle leggi che riguardano le questioni etiche chiamano in causa i cattolici. L’episcopato, come si è visto, non manca di far sentire la sua voce, accanto ai quasi quotidiani appelli per la giustizia sociale e la pace e contro la corruzione. Nel documento finale della quinta Conferenza della Chiesa latino-americana, tenutasi nel 2008 ad Aparecida, si ribadiva che “la vita umana va difesa sempre, fin dal momento della fecondazione” (n° 467). Si esortava inoltre a promuovere la formazione di esperti ed operatori pastorali capaci di conoscere le questioni della famiglia e della bioetica e l’azione di “laici competenti” in grado di difendere la vita e la famiglia. (n° 469). Parole preveggenti, capaci di andare al cuore di molteplici problemi. In primo luogo, infatti, non solo si registra in America Latina una contrazione numerica dei cattolici a vantaggio delle comunità evangeliche, ma anche una tendenziale “tiepidezza” verso le questioni etiche. A rivelarlo il recente rapporto del Pew Research Center “Religione in America Latina”, condotto attraverso 30mila interviste dirette a cattolici ed evangelici. “I cattolici dell’America latina – si legge nel rapporto – tendono ad essere meno conservatori rispetto ai protestanti sui temi etici”. Oltre a tale questione, vanno registrata altre due “debolezze”: se esistono in Sudamerica forti movimenti popolari anche legati alle comunità ecclesiali, manca però una presenza sociale e culturale in grado di incidere su temi complessi: infine, il lungo e faticoso approdo alla democrazia di gran parte dei Paesi dell’America del Sud non ha favorito la partecipazione dei cattolici e di partiti di ispirazione cristiana alla vita politica, monopolizzata di volta in volta da movimenti populisti e nazionalisti, liberal-conservatori o progressisti. Tranne la parziale eccezione del Cile.