Trump presidente: trampolino o trappola?

Il 20 gennaio si è insediato il 45° Presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump. Finita la campagna elettorale e la ‘vacanza’ dopo la vittoria adesso il gioco si fa duro. Per ora è solo il suo discorso a tenere banco nei media di tutto il mondo e già da queste prime parole da Presidente possiamo provare a intuire come sarà l’America del prossimo futuro.

America first. Questo è l’efficace slogan più volte ripetuto durante il discorso inaugurale e che ne riassume le linee generali. Protezionismo come unica strada per far tornare di nuovo grandi gli USA. Ma al primo posto di cosa e rispetto a chi? A crescere dovrà essere il Pil, il prestigio o l’occupazione? La ‘grandezza’ qui evocata non è una misura oggettiva, per cui ci sarà sempre qualche indicatore da sbandierare come segno di sviluppo.

Ma tralasciando questioni linguistiche o retoriche, l’ambiguità del neo-presidente sta nel non-detto. Mettere al centro il proprio paese significa non esporsi e tenere indeterminate le linee di governo che saranno alla base delle scelte inevitabili. Dire: ‘con Trump la globalizzazione è finita’ non basta. Ci sono molti modi di cambiare, soprattutto in peggio, verrebbe da dire.

L’unica certezza è il salto nel vuoto (probabilmente non nel nuovo). Sarà un trampolino o una trappola? Solo le risposte che gli Stati Uniti daranno alle imprevedibili sfide che ci attendono diranno davvero chi è Donald Trump.

Per finire azzardiamo una piccola previsione. Le proteste ‘femministe’ di questi giorni possono ricordare le contestazioni degli anni ‘50-‘60. Magari alla chiusura politica corrisponderà un’apertura culturale uguale e contraria. Forse ci aspetta una nuova Beat Generation, sarebbe un bel modo di festeggiare i sessant’anni di On the road di Kerouac.