Il Trentino abbraccia l’ideologia del genere. Il vescovo eccepisce

La “maggiore criticità”, secondo monsignor Luigi Bressan, sta nel fatto che la Provincia autonoma di Trento intende concedere “il diritto di scegliersi a quale genere appartenere…”. Un’altra “grave lacuna” ravvisata è “l’assenza di una garanzia per la libertà di chi, nella vita quotidiana, per motivi religiosi o filosofici, dissente dalle impostazioni della legge”. Mancato coinvolgimento delle famiglie.

S’intitola “Interventi di contrasto delle discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale, dall’identità di genere o dall’intersessualità” il disegno di legge che approda il 16 settembre nell’aula del Consiglio provinciale di Trento e che ha suscitato nei giorni scorsi un intervento molto critico dell’arcivescovo Luigi Bressan: “Personalmente considero che il nostro Trentino abbia problemi ben più urgenti che interessano quasi tutti i cittadini”, ha premesso Bressan in un’intervista al settimanale diocesano “Vita Trentina” in cui si esprime “a titolo personale” perché “come diocesi non si è ancora preso una posizione, in quanto non sono stati consultati né il Consiglio pastorale né la Commissione diocesana per la famiglia”.

L’ipotesi referendum.

Di norme sull’omofobia si è cominciato a parlare in Trentino per iniziativa delle associazioni Arcigay e Arcilesbica nel 2012, quando sono state raccolte oltre 7mila firme a calce di un progetto legislativo d’iniziativa popolare che sarà sottoposto a referendum se – entro qualche mese – la Provincia non avrà legiferato nel merito. Per accogliere queste istanze ed evitare un probabile scontro referendario, in questo ultimo anno le forze di maggioranza (Partito Democratico, Unione per il Trentino e Partito Autonomista Trentino Tirolese) hanno messo a punto un testo unificato (“frutto di una sintesi più ampia ed equilibrata”, ha spiegato il primo firmatario Mattia Civico, del Pd), che è uscito quest’estate anche dal vaglio della Commissione provinciale.

I punti dolenti.

La “maggiore criticità”, secondo l’arcivescovo di Trento, “anche nella versione finale” sta nel fatto che “la Provincia autonoma di Trento intende abbracciare la ‘ideologia del genere’, cioè il diritto di scegliersi a quale genere appartenere…”. Un’altra “grave lacuna” ravvisata è “l’assenza di una garanzia per la libertà di chi, nella vita quotidiana, per motivi religiosi o filosofici, dissente dalle impostazioni della legge”. Un elemento di discussione riguarda poi il rapporto fra le competenze locali e nazionali: a proposito, va precisato che il disegno di legge si propone di limitarsi alle discriminazioni sui luoghi di lavoro, riconosce ruoli specifici a livello provinciale (in particolare all’Agenzia del lavoro e la Consigliera di parità). Rispetto ad altre due proposte del disegno di legge – un “osservatorio sulle discriminazioni” e “azioni di sensibilizzazione culturale sul pluralismo dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere” – alcune associazioni cattoliche nel corso delle audizioni hanno lamentato l’assenza del coinvolgimento della famiglia in questa fase educativa. “È misconoscere il diritto primario dei genitori – osserva Bressan, peraltro ancora fiducioso nei correttivi che potranno essere introdotti in aula – ed esso è importante soprattutto nell’educazione sessuale”.