Teatro Flavio Vespasiano

Torna al teatro Flavio il sipario di Calcagnadoro

Teatro pieno e applausi a scena aperta per il sipario restaurato del “Flavio”

Lo hanno definito “il sipario mai visto”. In effetti, sono davvero poche le persone ad aver memoria del “comodino” di Antonino Calcagnadoro, l’enorme opera dipinta a tempera dal pittore reatino nel 1910. Il sipario in tela di 13.40 x 7.60 metri che raffigura la Presa di Gerusalemme nacque per scendere sul palcoscenico del teatro Flavio Vespasiano con lo scopo di fungere da divisorio tra un atto e l’altro.

Ma il tempo passa, e certamente non aiuta a conservare le opere d’arte, tantomeno quelle mobili e flessibili come un dipinto su un sipario. Il lavoro certosino dei restauratori, docenti e allievi dell’Accademia di Belle Arti de L’Aquila, il contributo finanziario della Fondazione Varrone e la volontà del Comune di Rieti hanno restituito sabato 21 settembre questo capolavoro alla città. Una data non scelta a caso, coincidente con la Giornata Europea del Patrimonio, e una giornata che è stata una vera festa culturale per la città.

Tutto è partito nel primo pomeriggio all’Archivio di Stato di Rieti, con l’apertura della mostra documentaria che testimonia la straordinaria storia che lega il teatro Flavio Vespasiano alla città di Rieti. E poi ci si è spostati proprio a teatro, per ammirare l’opera restaurata. Dopo i saluti del sindaco Antonio Cicchetti e del presidente della Fondazione Varrone Antonio D’Onofrio, il tanto atteso momento della prima visione post restauro dell’opera.

Antonio Cicchetti ha sottolineato quanto sia divenuta complessa la manutenzione dell’intero teatro, anche per effetto di una legislazione che non sempre coglie l’originalità e la specificità di manufatti storici. E nel ringraziare la Fondazione Varrone per aver voluto finanziare il recupero del sipario, ha invitato i cittadini a sentirsi essi stessi custodi per primi dei beni pubblici, a cominciare proprio dal teatro. Un concetto su cui ha insistito anche Antonio D’Onofrio: «Rieti e la sua provincia sono pieni di tesori nascosti, spesso sconosciuti anche a chi qui è nato e vive da sempre: come Fondazione siamo impegnati nella riscoperta di luoghi e beni, ma poi è l’intera comunità a dover avere la consapevolezza del valore di ciò che ha e sentire la responsabilità della tutela».

Giuseppe Cassio, ispettore di zona della Soprintendenza, ha insistito sulla necessità della prevenzione e della manutenzione dei beni culturali, presupposti necessari perché questi vengano poi lasciati come eredità alle generazioni successive.

Nonostante i colori in alcune parti po’ sbiaditi dal tempo, dall’usura e dalla “dimenticanza” nel tempo di questo prezioso tesoro, la tela è tornata a splendere ed incantare, tra gli applausi del numerosissimo pubblico. «Le fragilità rimangono», ha tenuto a sottolineare la direttrice del cantiere professoressa Grazia De Cesare, che ha diretto il cantiere e illustrato passo per passo le fasi del restauro e le necessità di una manutenzione attenta e costante.

Il sindaco Cicchetti ha sottolineato quanto sia divenuta complessa la manutenzione dell’intero teatro, anche per effetto di una legislazione che non sempre coglie l’originalità e la specificità di manufatti storici. E nel ringraziare la Fondazione Varrone per aver voluto finanziare il recupero del sipario, ha invitato i cittadini a sentirsi essi stessi custodi per primi dei beni pubblici, a cominciare proprio dal teatro.

Il pomeriggio di festa è proseguito con la musica, e il Calcagnadoro ritrovato ha fatto da sfondo al suo primo concerto, quello dell’Orchestra Nova Amadeus Coro da Camera Italiano diretti dal maestro Fabrizio Da Ros, che nell’ambito della rassegna “Tra le note” promossa dalla Regione Lazio hanno eseguito brani di Bach e Vivaldi.