Scuola: temi “forti” in aula

Skuola.net ha dedicato alla storia di Fabiano Antoniani una “web survey” cui hanno partecipato 1.240 ragazzi.

La storia di Fabiano Antoniani è nota: il quarantenne milanese, che a causa di un incidente d’auto ha perso la vista ed è rimasto tetraplegico, ha deciso di morire in una clinica svizzera. Una vicenda drammatica, che ha portato sotto i riflettori dei media la questione del fine vita, dell’eutanasia, della possibilità di decidere del proprio destino, facendo riflettere su temi forti e suscitando anche le inevitabili polemiche legate alle scelte politiche, e al fatto che lo Stato italiano sarebbe ancora latitante di fronte a questioni del genere. Lo stesso Fabiano, nell’ultimo messaggio prima di morire, dice di essere arrivato in Svizzera con le sue sole forze, purtroppo “e non con l’aiuto del mio Stato”.
Qui lasciamo da parte il tema, pure importante, di come e se le leggi debbano/possano regolamentare la questione del “fine vita”. Piuttosto interessa riflettere su una “provocazione” che viene da un sito internet di studenti, Skuola.net, che ha dedicato al caso una “web survey” cui hanno partecipato 1.240 ragazzi. “La vicenda ha colpito gli studenti, per i quali il tema è molto rilevante e andrebbe trattato tra i banchi di scuola”: così sintetizza il sito, che poi, nel dettaglio riferisce i dati dell’indagine. Il 68% degli studenti conosce la vicenda di Fabiano e il 73% dichiara di sapere di cosa si tratta quando si parla di eutanasia. Skuola.net annota anche che sono soprattutto i ragazzi adolescenti e maggiorenni ad avere più coscienza del fenomeno. Sempre i risultati dell’indagine rilevano che per il 78% dei ragazzi il tema dell’eutanasia andrebbe affrontato tra i banchi di scuola per essere informati e per farsi un’opinione. Il 29% dice di aver già trattato l’argomento a scuola con docenti o compagni. Ed entrando nel merito della decisione di morire presa da Fabiano ben il 71% ritiene giusto poter decidere della propria vita e della propria morte: per il 38% si dovrebbe poterlo fare sempre e comunque, se in gravi condizioni di salute; per il 20%, invece, il diritto di scelta andrebbe concesso solo in caso di estrema sofferenza; mentre il 13% lo limiterebbe solo ai casi davvero senza rimedio, quando cioè una persona è in uno stato vegetativo.
Naturalmente si aprono, a questo proposito, molti temi da affrontare, che coinvolgono le scelte etiche e anche quelle religiose. Il fatto importante, però, è la necessità di discutere e approfondire insieme alla percezione della scuola come luogo adatto a farlo. È un modo di ribadire la funzione educativa del lavoro scolastico, che non lascia “fuori” dalle aule la vita, piuttosto offre, attraverso e grazie al lavoro in aula, l’opportunità di comprendere meglio e diventare protagonisti dell’esistenza. Anche lasciandosi provocare da temi forti, “ultimi”, che anche attraverso il lavoro scolastico possono essere colti nei loro linguaggi, decifrati. È, questo, un bisogno vitale, inderogabile, degli studenti, cui la scuola non può non prestare attenzione, anche se a volte il rischio di soffocare domande e tensioni dentro una routine di programmi e interrogazioni è reale.
“Le mie giornate sono intrise di sofferenza e disperazione non trovando più il senso della mia vita ora”. Così diceva Fabiano al mondo, spiegando la sua decisione. Raccogliendo questo “grido”, il mondo scolastico può aiutare ad elaborare proprio quel “senso della vita”, la cui ricerca, forse mai conclusa e a volte drammatica, rende veramente umani.