Tasso zero, che bella parola. Significa che i soldi prestati, verranno restituiti senza dover pagare interessi. Per i cittadini-consumatori, una pacchia. E infatti la politica dei tassi d’interesse ridotti al minimo è tipica di quelle economie che cercano così di stimolare i consumi, quindi la produzione, il lavoro, le imposte… È stata adottata in Occidente dopo il 2008, quando la più grave crisi del secolo – finanziaria prima, economica poi – stava mettendo in difficoltà diversi Paesi.
L’ha adottata pure la Banca centrale europea di Mario Draghi, appunto per stimolare gli investimenti, la produzione, i consumi dell’eurozona. Di conseguenza, una marea di liquidità riversata nel sistema attraverso le banche. Soldi che dapprima hanno cercato uno sfogo facile, quello dei titoli di Stato: si guadagnava sulla differenza tra quanto si deve restituire (zero) e quanto rendono i Btp. Ne è seguito il crollo dei rendimenti, e quindi dell’interesse ad acquistare Bot piuttosto che Bund tedeschi.
Una manna, per diversi governi non molto virtuosi nella gestione dei conti pubblici. Uno tra tutti, quello italiano, che ha visto ridursi ad un terzo la spesa per gli interessi da pagare sul debito pubblico. Stiamo parlando di un “bonus” da 47,5 miliardi di euro, non bruscolini. In teoria, quei soldi avrebbero dovuto contribuire a ridurre il debito e a stimolare investimenti virtuosi; in pratica, sono stati utilizzati soprattutto come spesa corrente.
Ora la pacchia volge al termine. Hanno iniziato oltreoceano, siamo arrivati pure in Europa a dichiarare che le cose cambieranno. Per ora i tassi non si toccano, ma entro pochi mesi si ridurranno notevolmente gli acquisti di titoli di Stato da parte della Bce, cosa che aveva contribuito ad azzerarne (o quasi) il valore. Come hanno titolato i giornali, si chiude il paracadute del nostro debito pubblico. Non ci sarà più la Bce ad equilibrarne i prezzi, ma sarà il mercato sopra tutto a decidere se vendere o acquistare Btp.
È questa una delle ragioni che stanno premendo sul cosiddetto spread tra i Btp e i Bund tedeschi. Questi ultimi non rendono nulla, ma sono considerati più sicuri dell’oro. I nostri renderanno (costeranno) sempre di più proprio perché non aleggia grande fiducia sulla gestione del nostro debito.
La fiducia è come un ponte. Ci vuole molto per costruirla, un niente per abbatterla, moltissimo per ricostruirla. La Bce garantirà ancora liquidità al sistema economico; gli Stati dovranno proseguire negli sforzi di risanamenti dei propri debiti. Non sono discorsi teorici di macroeconomia: nel 2011 questo equilibrio saltò e ci ritrovammo, tra l’altro, più tassati e con le pensioni spostate in là di quasi un decennio.