Taranto si specchia nella morte del piccolo Lorenzo

Solo il popolo ha partecipato ai funerali del bimbo di 5 anni consumato da un tumore al cervello. Il parroco della Regina Pacis di Lama, don Mimino Damasi: “Niente di ciò che è accaduto è stato vano”. Il messaggio dell’arcivescovo Filippo Santoro su Facebook: “Una vita strappata anzi tempo. Dobbiamo fare davvero tutti molto di più. Che lutti come questo non accadano mai più”.

Una ferita che non si rimargina mai. Una piaga aperta in cui s’insedia il dolore di chi muore per i veleni della grande industria, da una parte, e quello di chi teme di morire di fame, dall’altra. Taranto e l’Ilva, il siderurgico d’Italia. Una storia infinita, dove il “the end”, sembra essere ancora lontano.

Il dramma.

L’ultimo capitolo in ordine di tempo è tra i più strazianti. Lorenzo Zaratta, aveva compiuto 5 anni il 27 luglio scorso. Adesso non c’è più. Consumato da un tumore al cervello, che gli era stato diagnosticato quando aveva appena tre mesi. La chemioterapia, le innumerevoli operazioni, il trasferimento a Firenze, perché gli venissero prestate cure adeguate, non sono serviti. Ieri la città ha pianto un’altra vita consegnata sull’altare delle emissioni nocive della fabbrica.

Le parole del vescovo.

Monsignor Filippo Santoro, arcivescovo della diocesi ionica, lontano da Taranto per qualche giorno, ha usato il web per far giungere il suo messaggio alla comunità diocesana. Su Facebook ha scritto: “Il mio dolore per la perdita del piccolo Lorenzo è grande! Una vita strappata anzi tempo. Ho mandato il mio messaggio alla Regina Pacis di Lama per i suoi genitori, dove si sono celebrate le esequie. Ho celebrato la messa per lui. L’ho posto nelle mani di Gesù con la sua famiglia e tutta la città di Taranto. Dobbiamo fare davvero tutti molto di più. Che lutti come questo non accadano mai più. Che lo Spirito sostenga il Pastore e tutto il popolo in questo cammino di responsabilità per la vita”.

La storia.

Lorenzo, a Taranto, era un simbolo del desiderio di riscatto. La sua storia l’aveva raccontata il padre Mauro davanti all’Italia intera, nell’estate di due anni fa, mostrando la foto del figlio intubato, durante il corteo che seguiva al sequestro dell’area a caldo dell’Ilva per disastro ambientale. Oggi che i dati dell’Istituto Superiore di Sanità evidenziano un 21% in più di mortalità infantile a Taranto, rispetto al resto d’Italia, ancora non è possibile però dimostrare, sui singoli casi, il nesso di causalità tra morte e grande industria. “La mia famiglia – aveva raccontato Mauro prendendo la parola in quell’occasione – lavorava in fabbrica. I miei nonni e mia mamma sono morti di tumore. Mio suocero anche era all’Ilva e mia moglie, durante la gravidanza, lavorava nel quartiere Tamburi (il più vicino al siderurgico e quello più esposto alle emissioni, ndr). E tutti sappiamo che da quei camini non viene fuori acqua di colonia ma esce gas in grado di modificare il dna e provocare errori genetici come quello di mio figlio. Bisogna fermare questo massacro”.

Le reazioni.

Un dolore composto ma non rassegnato si leggeva sui volti dei tanti tarantini che hanno partecipato alle esequie. Nella piazza antistante la parrocchia Regina Pacis di Lama, alla periferia della città, c’era tanta gente ma nessuna autorità locale. Il parroco, don Mimino Damasi, che ha celebrato il rito funebre, ha ricordato l’invito di Gesù ad affidarsi a Lui nel tempo della fatica. “Niente di ciò che è accaduto è stato vano – ha ricordato ai genitori del bambino – l’amore che avete donato a vostro figlio, Dio lo ha riconosciuto. Pensate a Lorenzo, adesso, nelle mani di un padre buono, che se ne prenderà cura così come avete fatto voi in questi anni di vita. Possa Dio donarvi consolazione, nella certezza che un giorno potrete riabbracciarlo”. Al termine del rito, qualcuno ha voluto far venir fuori la propria rabbia. “Facciamo qualcosa”, ha urlato un uomo in mezzo alla folla che salutava il feretro. “Assassini”, hanno gridato altri, riferendosi alla classe politica assente e ai proprietari della fabbrica, i Riva.

A quota sei decreti legge.

Intanto la questione Ilva va avanti… La definitiva conversione in legge è attesa per il 22 agosto, ma il Senato ha approvato nuove norme sull’Ilva di Taranto, commissariata da tempo. Sono due le novità che cesellano il sesto dl pensato per garantire il “prestito ponte” delle banche al siderurgico: la possibilità di utilizzare i soldi sequestrati alla famiglia Riva nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla Procura di Milano (1.8 miliardi di euro) sia per la messa a norma degli impianti che per l’aumento di capitale che faccia uscire dalla crisi di utili l’azienda e maggiori poteri in mano al sub commissario della fabbrica in materia ambientale. L’interessamento all’acquisto del siderurgico è da tempo quello dell’indiana Arcelor Mittal. Un gruppo che però avrebbe già messo in chiaro che il costo d’interventi di salvaguardia ambientale è eccessivo e andrebbe rivisto, così come andrebbe ridimensionato, insieme alla produzione di acciaio, il numero dei dipendenti dello stabilimento ionico.