Storie dalla vita contemplativa

Cosa fanno le religiose che si dedicano alla vita contemplativa? Come passano le giornate? E la loro scelta è una fuga dal mondo o è un servizio reso al mondo?

Sono quattro “veterane” della preghiera le suore del convento di San Fabiano a Rieti. La Madre Badessa Suor Maria Concetta, ad esempio, è da quasi settant’anni in convento. Con lei ci sono Suor Chiara e Suor Maria Fabiana, entrate in convento tredicenni nel 1955, e Suor Daniela, entrata a San Fabiano 33 anni fa.

Quattro vite, belle, piene, ma non facili da capire se guardate da lontano. E allora siamo andati ad incontrarle, ad ascoltarle, a vedere questo mondo racchiuso tra quattro mura. Da dove nasce la loro felicità? Dove trovano la forza di ogni giorno?

Qualcosa che cresce nel cuore «La vocazione stava dentro di me, ma non la capivo» spiega la Badessa, ricordando gli albori di una fede cresciuta nel bel mezzo dei bombardamenti della seconda guerra mondiale.
«Il Signore mi ha dato un grande spirito di pietà. Quando sentivo mio padre recitare il rosario vicino al fuoco avevo tanta gioia dentro. Non la capivo, perché ero bambina. Mi ricordo anche la campana della chiesa – aggiunge Suor Maria Concetta – mi svegliavo e andavo a Messa prestissimo. Sentivo il bisogno di stare lì. Le parole del sacerdote riempivano il mio cuore, ma ancora una volta non capivo perché. E poi dalla chiesa a casa mia pregavo per tutti. Ma chi me lo metteva in testa, se non avevo mai ricevuto alcuna indicazione? C’era in me questo germe di vocazione. Crescendo ho avuto anche un po’ di attrattiva per il mondo. Ero molto combattuta. Però ha vinto sempre la preghiera. Il Signore mi ha aiutato tanto. Adesso capisco cosa c’era dentro di me: tutto questo amore, tutta questa Grazia che veniva dentro di me».

La formazione oltre la vocazione

«Bisogna essere sinceri – sottolinea Suor Chiara – a 13 anni non si capisce la clausura. Dopo, con gli anni di formazione si incomincia a distinguere la vita del mondo e quella contemplativa».

Il monastero non è una fuga

«Che non è una fuga – aggiunge Suor Daniela – è la risposta alla vocazione che ci spinge verso Dio a determinare la scelta, non la paura del mondo. Anche se è un mondo sempre più scristianizzato, un mondo in cui si ammazza, in cui le famiglie si sfasciano. Ma è proprio per questo mondo che preghiamo».

Dio ha una voce sottile

«C’è tanto male nel mondo – dice Suor Maria Fabiana – perché se manca Dio manca tutto». Eccola allora la necessità del convento: «la voce di Dio si fa sentire nel nostro cuore se c’è predisposizione all’ascolto. La voce di Dio è fine, leggera. Non si fa sentire in mezzo a tanto chiasso». Ci vuole il silenzio della vita contemplativa per rintracciare la voce del Signore. E «Quando si è trovato Dio, si è trovato tutto».

Una vita pienamene realizzata

«Sono contentissima di questa vita» riprende la Madre badessa: «parlare di Dio è bello, ma parlare con Dio è più bello». Una bellezza che supera ogni apparente contraddizione: «Non c’è la vita attiva se non c’è la contemplativa, e non c’è la contemplativa se non c’è la vita attiva. Questi due grandi aspetti della Chiesa non possono essere separati. Però ci vuole tanta fede. Dobbiamo sempre chiedere al Signore: “accresci la mia fede”. Allora tutto è bello. Se dovessi rinascere, anche se ho sofferto tanto, ricomincerei da capo. Per me è tutto: sono felicissima, sono realizzata».

Anche se è una felicità conquistata a fatica. Non è facile mandare avanti il convento in quattro. Ma al suo interno ci sono suore a coltivare l’orto, a ricamare, a occuparsi di cucina e artigianato e soprattutto a pregare per il mondo fin dal 1200. Ed oggi si prega anche perché arrivino nuove vocazioni a raccogliere il testimone.