La chiamano familiarmente Stars and Stripes: tredici strisce bianche e rosse che si alternano in senso orizzontale e cinquanta stelle in campo azzurro. È la bandiera degli Stati Uniti d’America, simbolo immortale di una nazione, e di un popolo che in essa si riconosce. È una bandiera che espone una storia, l’America degli americani e l’America di chi americano non è, e ricorda che “a tutti gli uomini è riconosciuto il diritto alla vita, alla libertà, e al perseguimento della felicità”. Lo sapeva bene Jasper Johns, artista che più di ogni altro ha incarnato il mito e i simboli della sua nazione, elevandoli al valore universale di arte.
Originario della Georgia, dopo aver passato gran parte della sua adolescenza del Sud della Carolina, uno degli Stati di più antica tradizione, si trasferì appena diciottenne nella Grande Mela, dove frequentò la Parson Scholl of Design e strinse amicizia con il pittore Robert Rauchenberg, il compositore John Cage e il coreografo Merce Cunningam, futuri esponenti di quella rivoluzione figurativa e linguistica guidata dalla Factory di Andy Warhol. Johns, personaggio particolare e dallo stile inconfondibile, rappresenta quel fondamentale passaggio tra il New Dada di derivazione europea e la successiva Pop Art tipicamente statunitense. Dal dadaismo recuperò l’uso degli oggetti quotidiani e la loro elevazione ad arte ma, diversamente dai colleghi europei, egli si orientò verso una ricerca più profonda con l’elemento simbolico dell’oggetto, facendo riconquistare anche alla pittura la sua forza emotiva. I soggetti delle sue opere sono le bandiere, le mappe, i bersagli, e tutte quelle immagini familiari e caratteristiche della tradizione americana. Questi elementi così ‘banali’ vengono come trasfigurati dalla forza espressiva delle pennellate dell’artista che sovrastano l’oggetto, creando quasi una specie di tensione tra conoscenza ottica e risposta mentale. È del 1955 “The Flag” (New York, The Museum of Modern Art).
Cosa c’è di più comune e universalmente noto per un americano che non la propria bandiera? Jasper è affascinato da un simbolo così potente e corale, segno d’identità per eccellenza, così egli riproduce a tutto campo le linee e le stelle, ma senza seguire la precisione geometrica di un’immagine stereotipata, le sue sono campiture ampie e imperfette, debordanti fino a produrre una specie di vibrazione ottica. Anche la tecnica è peculiare, l’encausto, come gli antichi ritratti del III secolo d.C. del Fayyum. Soggetto moderno, tecnica antica: ecco la sintesi di Jasper Johns, tradizione e modernità, il Nord ed il Sud degli States. Ritornerà più volte sulla Flag, assommando diversi significati, fino alla ripetizione seriale in un’unica opera come “Three Flags” del 1958 (New York, Whitney Museum of America). Gli States per Jasper sono la sua terra, il luogo dove egli si identifica.
“The Battle Hymn of the Republic” è il titolo di una delle più celebri canzoni americane, e chissà se le note di questo inno non hanno risuonato nella sua mente quando inventò le “Maps”. La cartina geografica americana è il suo nuovo mantra, due sono particolarmente significative: realizzate a pochi anni di distanza, la prima del 1961 colorata e vivace, intensa con le sue cromie blu, arancioni e rosse che sembrano quasi annullare i confini degli stati; l’altra del 1962, un monocromo grigio ma dove si colgono maggiormente i confini, più definiti e precisi. Queste due opere hanno un intenso legame con la storia States e con l’imminente presente dell’America di Kennedy: sono passati cento anni dalla Guerra Civile, cento anni dalla “Dichiarazione di Emancipazione” di Abrham Lincoln; ed ora l’intera nazione, il popolo statunitense, si trovava a riflettere non solo sul suo passato e su quelle antiche divisioni, ma sulle nuove possibili divisioni causate da una nuova guerra a Saigon. Quello di Jasper Johns era forse un richiamo all’unità, un richiamo a quella identità fatta di stelle e strisce.