No alla “retorica della legalità”, che consiste nella “affermazione di principio utilizzata per coprire opacità e fenomeni di corruzione, che minano alla radice la persona e la comunità”.
Lo ha detto Venerando Marano, coordinatore dell’Osservatorio giuridico-legislativo della Cei, che ha aperto oggi la seconda giornata del convegno degli Istituti diocesani di sostentamento del clero, in corso a Roma fino a domani sul tema “La responsabilità di essere Chiesa: identità e obiettivi degli Idsc”. Menzionando la Nota della Cei “Educare alla legalità”, che risale al 1991, Marano ha ricordato che la Chiesa è chiamata sempre ad “armonizzare carità e giustizia”, dove la prima ha il primato sulla seconda, nel caso di “un potenziale conflitto tra agire legale e agire giusto”. “Accrescere la consapevolezza dei valori della legalità e della trasparenza”, attraverso una “fedeltà creativa”, la direzione da percorrere, partendo dalla consapevolezza che “la trasparenza, più che una questione di correttezza, è una questione di mentalità: il vero antidoto all’illegalità è la cultura, e la trasparenza è una prospettiva necessaria e irreversibile per la Chiesa, un costo da pagare” sempre e comunque. Citando i rilievi mossi dalla Corte dei Conti negli ultimi tre anni, riguardo all’otto per mille, e i rilievi della Commissione paritetica – entrambi oggetto, nei prossimi mesi, di discussione in Parlamento – Marano ha fatto notare che “una delle principali censure che viene mossa alla Chiesa è quella di una scarsa trasparenza nella predisposizione dei bilanci, dei rendiconti, di persistente opacità in alcune attività”.