Sempre meno nati in Italia. Blangiardo: “Trend di crescita dei nuovi cittadini italiani”

Sono state 474mila, 12mila in meno rispetto al 2015 ed è un nuovo minimo storico. Per Gian Carlo Blangiardo, ordinario di demografia all’università di Milano Bicocca, “dobbiamo prendere atto che si tratta di un elemento sistematico”

Le nascite in Italia continuano a diminuire, dicono gli indicatori demografici diffusi dall’Istat per il 2016. Sono state 474mila, 12mila in meno rispetto al 2015 ed è un nuovo minimo storico. Non solo. Per il secondo anno consecutivo diminuisce anche la popolazione residente, un dato che lo scorso anno era stato commentato come un passaggio epocale. “Non è stata una fiammata – osserva Gian Carlo Blangiardo, ordinario di demografia all’università di Milano Bicocca – dobbiamo prendere atto che si tratta di un elemento sistematico. Il saldo naturale è ancora negativo nonostante il balzo della mortalità sia rientrato”. Il riferimento è al picco di mortalità che si era registrato nel 2015, questo sì dovuto all’eccezionale convergenza di diversi fattori, compresi quelli climatici, tant’è vero che lo scorso anno si è verificato subito un recupero: per il 2016 le stime dell’Istat calcolano 608 mila decessi, 40 mila in meno dell’anno precedente.

Nessun rimbalzo, invece, per le nascite. Il numero medio di figli per donna, in calo per il sesto anno consecutivo, si è assestato a 1,34. “Tra le righe si legge anche un calo delle nascite da donne straniere, è dal 2012 che continua a diminuire e questo significa che è saltata la compensazione”, osserva preoccupato Blangiardo.

“La contrazione delle nascite da parte di straniere e italiane – puntualizza inoltre l’Istat – non va ricondotta all’abbassamento delle rispettive propensioni di fecondità, quanto piuttosto alla riduzione delle donne in età feconda e al processo d’invecchiamento”. Detto in altre parole, il calo demografico si autoalimenta: si fanno meno figli, la popolazione invecchia e questo porta a fare ancora meno figli. “Si riduce per così dire il potenziale riproduttivo”, spiega Blangiardo. 

Al 1° gennaio 2017 l’età media dei residenti in Italia risulta pari a 44,9 anni, circa due mesi e mezzo in più rispetto al 2016, ma due anni esatti in più nel confronto con il 2007. Le persone dai 65 anni in su sono oltre 13,5 milioni e rappresentano il 22,3% della popolazione totale. In dieci anni sono aumentate di quasi due milioni. In una prospettiva non remota, la quota degli over 65 è destinata ad un aumento molto rilevante quando i nati negli anni del boom, 1961-1975, entreranno progressivamente a far parte della popolazione anziana. Del resto, la diminuzione dei decessi ha determinato un recupero dell’aspettativa di vita, che tocca il suo nuovo record storico: 80,6 anni per gli uomini, 85,1 anni per le donne. Gli ultranovantenni sono 727mila, l’1,2% del totale dei residenti, mentre quindici anni fa erano 402 mila.

Intanto molti giovani se ne vanno. Blangiardo invita a valutare con attenzione un dato che non spicca immediatamente nell’insieme delle stime fornite dall’Istat: tra le cancellazioni anagrafiche circa 120 mila sono di italiani. “Purtroppo – commenta – continua il salasso per la fuga all’estero”. Ma il demografo rileva anche un dato positivo: “Prosegue il trend di crescita dei nuovi cittadini italiani, che ormai hanno superato quota 200mila”. E questo avviene nonostante l’assenza di una legislazione adeguata. Anche a livello demografico, comunque, le medie nazionali coprono una situazione molto diversificata sul piano geografico. Il calo della popolazione, infatti, non si presenta in tutte le regioni. Quelle già più popolose, Lazio e Lombardia, registrano un aumento rispettivamente dell’1,3 per mille e dell’1,1. Agli estremi troviamo la provincia autonoma di Bolzano (+6,6 per mille) e la Basilicata (-5,7). Per quanto riguarda il livello di fecondità, al Nord il dato è di 1,4 figli per donna, al Centro 1,31 e nel Sud 1,29. La provincia di Bolzano è nuovamente in cima alla classifica, con 1,78 figli per donna, a fronte dell’1,07 della Sardegna. Lo scarto è tale che, potendo estendere la fecondità osservata a Bolzano al resto del Paese, oggi l’Italia figurerebbe tra i Paesi con il più alto tasso di fertilità dell’Unione Europea. “Viceversa – sottolinea l’Istat – con una fecondità pericolosamente prossima al figlio per donna, l’Italia sarebbe all’ultimo posto in Europa e, verosimilmente, nel mondo”.