Politica

Semplificazioni, ecco il piano contro la burocrazia che ruba 8 anni

Tempi troppo lunghi per le opere pubbliche. Il nuovo decreto, che slitta fra 2 settimane, vuole accorciarli. Conte: limitare l’abuso d’ufficio. Appalti più veloci e "bollino" per le imprese

Ora che i soldi europei cominceranno ad arrivare (anche se forse non prima del 2021, pare), per il governo Conte si pone il problema – non indifferente – della “qualità” nel saperli spendere, al di là di quelli necessari per finanziare gli ingenti sussidi ai lavoratori rimasti bloccati per mesi. Un problema ben presente nella mente del presidente del Consiglio, che da giorni ha indicato nel decreto Semplificazioni la prossima, attesa mossa dell’esecutivo, dopo la maxi-manovra da 75 miliardi complessivi. Una mossa per sbloccare almeno 70 miliardi di lavoro per quest’anno, contro il “mostro” della burocrazia che avvinghia coi suoi tentacoli le opere pubbliche, traducendosi in cantieri infiniti.

Anche ieri, in un doppio intervento sul Corriere della sera e sul Fatto quotidiano, il capo del governo ha presentato un Recovery plan in 7 punti, uno dei quali recita appunto «una decisa azione di rilancio degli investimenti pubblici e privati e una drastica riduzione della burocrazia» e «una rivoluzione culturale nella pubblica amministrazione», a esempio «circoscrivendo più puntualmente il reato d’abuso d’ufficio». Intenzioni certo non nuove, ma che vengono rilanciate ora con forza dai 5 stelle: «Non va abolito il reato d’abuso d’ufficio, ma si devono evitare paralisi – ha commentato il capo politico Vito Crimi –. Oggi un dirigente prima di firmare una gara d’appalto ci pensa mille volte». Comunque, una trattativa nella maggioranza sul punto ancora va avviata.

Almeno le fondamenta, invece, sono state poste del decreto che, stando agli annunci di Conte, doveva essere presentato la settimana prossima ma che invece, a quanto trapela, non sarà pronto prima di 10-15 giorni. Un testo che, nei primi tratti, punta sulla codificazione di un “modello Genova nazionale”, supportato da Palazzo Chigi, nonché da Italia Viva (qui in una ritrovata sintonia) e da Confindustria: una semplificazione di norme e procedure per velocizzare i cantieri, capitolo in cui rientra appunto la riforma dell’abuso d’ufficio. Va trovata ancora, però, una sintesi politica: perché c’è una visione contrapposta – di parte del Pd, capitanata dalla ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli, l’Anac anticorruzione e i sindacati – che predilige invece il mantenimento del Codice degli appalti, ma pure delle procedure d’emergenza, almeno fino al 31 dicembre.

Quanto siano radicate le pastoie che bloccano i lavori pubblici lo rivela anche un’analisi, diffusa dal sito HuffingtonPost, messa a punto dai tecnici di Palazzo Chigi, coordinati dal sottosegretario M5s Mario Turco, che per il governo ha la delega alla programmazione economica e agli investimenti. Un dossier che attesta che ben il 54,3% del tempo dell’iter complessivo di un’opera pubblica si perde nella burocrazia, che fa maturare i ritardi. Si tratta dei “tempi di attraversamento”, i periodi di stallo tra una fase e un’altra, come quelli che intercorrono ad esempio tra l’affidamento e l’esecuzione dei lavori. Perché deve necessariamente esaurirsi uno step prima di passare a quello successivo.

Nei calcoli della squadra di tecnici, il tempo medio di realizzazione di una “grande opera” (è definita tale una d’importo superiore ai 100 milioni) è di 15 anni e 7 mesi, dei quali però quelli “bruciati” dalla burocrazia possono arrivare nei casi estremi fino a 8 anni e mezzo, più della metà. Per le opere tra i 50 e i 100 milioni, il tempo medio è di 12 anni e 2 mesi, ma con 6 anni e mezzo di “tempi morti”. Quelle minori, tra i 5 e i 10 milioni, richiedono in media 7 anni e 9 mesi di tempo: più di 4 anni sono passati ad aspettare. Persino una piccola opera, sotto i 5 milioni di costo, richiede 2 anni e sei mesi di tempo.

Ancor più inquietante è un altro dato: lo Stato centrale non saprebbe esattamente che fine ha fatto il 30% degli interventi finanziati. Questo perché gli enti locali, ma anche le amministrazioni centrali, non forniscono informazioni o non le aggiornano da anni. Per rimediare, il dl Semplificazioni prevede l’introduzione di sanzioni e di meccanismi di premialità. Mentre, sul lato delle imprese, è allo studio un “bollino” da assegnare a quelle che hanno i requisiti per gli appalti: una novità per evitare che un’azienda in pre-crisi precipiti poi in dissesto a gara aggiudicata, finendo col pregiudicare la realizzazione di un’opera attesa.

da avvenire.it