Alla scoperta delle prime raffigurazioni della Natività

Una umile capanna, una fredda grotta, oppure una povera stalla, poi San Giuseppe, la Madonna, Gesù Bambino, un bue, un asinello e infine l’immancabile stella cometa, segno celeste che indica la strada e la meta: è il presepe, una tradizione iniziata nel XIII secolo con san Francesco a Greccio

A questo punto ci si potrebbe porre una domanda: ma i primi cristiani, come rappresentavano il Natale, quale connotazione figurativa assumeva l’evento mistico della Natività di Nostro Signore? Per rispondere a questa domanda occorre fare una sorta di viaggio nel tempo per giungere nella Roma imperiale, la capitale di un vasto impero che accoglieva gente da tutto il mondo, e addentrarsi in uno di quei luoghi tipici della cristianità delle origini: le catacombe. Qui, tra le molteplici immagini che decoravano le pareti dei vari ipogei e che in un certo senso guidavano i cristiani nel loro cammino terreno, non troveremo la classica rappresentazione “presepiale” a cui siamo abituati. È bene ricordare che l’arte paleocristiana si caratterizzava soprattutto per rappresentazioni sintetiche e dirette e fortemente legate alle Sacre Scritture; figurazioni che oggi possono apparire come immagini complesse e dal significato arcano, ma erano facilmente comprensibili ai primi “seguaci della nuova religione”, come venivano indicati i cristiani dagli antichi romani.
Una di queste immagini, molto particolare, la ritroviamo nelle catacombe della Via Latina dove, su una parete della sala B, viene raffigurata la scena di un personaggio in groppa ad un asino che viene come ostacolato nel suo viaggio da un individuo dalle proporzioni enormi, ma che stranamente indossa una lunga toga e impugna un spada (III secolo d.C.). Effettivamente la scena è abbastanza complessa e sembra non avere nessun apparente legame con il cristianesimo e, soprattutto, con il Natale. La spiegazione è invece contenuta nelle Scritture, nel Libro dei Numeri (22,22 – 24,15): che narra di Balaam, il profeta biblico incaricato da Balak, re di Moab, di maledire gli israeliti, l’altra figura enorme che impugna la spada, è identificabile con l’angelo del Signore che, non solo impedisce l’azione, ma fa parlare addirittura l’asina che ammonisce l’oracolo peccatore davanti a Dio. Il profeta piegandosi alla volontà di Dio si recò quindi dal re di Moab dove enunciò il suo diniego e pronunciò la profezia messianica: “Oracolo di Balaam, figlio di Beor, oracolo dell’uomo dall’occhio penetrante, oracolo di chi ode le parole di Dio e conosce la scienza dell’Altissimo […] Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele, spezza le tempie di Moab e il cranio dei figli di Set”.
I padri della Chiesa in queste parole hanno letto la profezia della nascita del Cristo e la comparsa della stella cometa. Questa rappresentazione ci permette quindi di poter leggere in maniera più completa un’altra importante raffigurazione dell’arte paleocristiana, sempre del III secolo, che si trova su una parete delle catacombe di Priscilla sulla via Salaria. Qui un frammento di una decorazione a stucco presenta la scena di una madre che allatta, mentre poco distante è ritratto un individuo in piedi nell’atto di indicare una stella posta sulla testa della donna. È proprio questa la rappresentazione più antica della Natività di Gesù e forse, senza nulla togliere al poverello di Assisi, è il più antico “presepe” rappresentato.
In realtà i critici hanno individuato due letture iconografiche molto vicine tra loro e legate alle Sacre Scritture: asserito che la figura femminile sia la Madonna che allatta Gesù Bambino, è possibile identificare il personaggio maschile proprio nel profeta Balaam che indica la stella come realizzazione della sua profezia. L’altra versione invece indica in tale figura il profeta Isaia che annuncia: “Il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la Vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”. Quale che sia la lettura iconografica giusta, resta il senso profondo dell’arte sacra dei primi cristiani, ovvero la relazione continua tra Antico e Nuovo Testamento, tra annuncio profetico e compimento della Salvezza.