Sciopero Generale: non manchi la speranza

Tonino Pietrantoni è il Segretario provinciale del sindacato che ha raccolto in piazza centinaia di persone unite dallo stesso desiderio. Quello di riprendersi i loro diritti.

Pietrantoni ha guidato il corteo che da piazza Cavour ha raggiunto piazza Vittorio Emanuele. Era lui uno di quelli che ha tenuto lo striscione con su scritto “Vincere il buio del Governo sui diritti”. Ed è stato lui a chiudere la manifestazione del 6 maggio per lo sciopero generale indetto dalla Cgil.

Pietrantoni, oggi il nostro Paese, come pure la nostra Provincia, stanno vivendo un momento particolarmente difficile.

Se continua così, secondo la nostra analisi, le cose peggioreranno, tant’è che lo sciopero programmato da qualche mese è uno sciopero che tende a portare in piazza i problemi di questo paese e vuole lanciare un allarme preventivo rispetto alle manovre in programma a partire dal documento economico e finanziario che si preannuncia per le prossime settimane. Le voci da parte di Bankitalia e altre istituzioni autorevoli dicono che c’è bisogno di un’ulteriore manovra collettiva sui conti pubblici. Gli ottimisti parlano di 40 miliardi di euro, i pessimisti di 60 miliardi.

Un momento difficile che sembra però subisca solo una parte di lavoratori e di popolazione.

Siamo in un momento, per chi fa sindacato, molto importante perché vorremmo evitare che questa manovra si scarichi sulle persone che noi rappresentiamo e che già hanno pagato e pagano il prezzo di questa situazione e di questa crisi. Ci rendiamo conto che le persone hanno difficoltà a scendere in piazza e rinunciare ai soldi di una giornata lavorativa, però anche in questo paese si deve tornare alla realtà. Anche il sindacato ha il dovere della proposta, di farsi carico di collaborare con tutti affinché le cose vadano meglio. Ma quando ci si accorge che tutto quello che tu proponi, che tu fai non viene minimamente ascoltato e le cose peggiorano anche un sindacato deve ricorrere a quello che è lo strumento della mobilitazione ed allo sciopero che non è un fine, ma un mezzo per far valere le ragioni di molti. Non è un caso che oggi ci siano interventi delle persone, quelle vere. I giovani, i precari, i lavoratori che parlano, descrivono le loro condizioni. È ora di far parlare l’Italia quella vera. Quella che noi incontriamo tutti i giorni.

Un’Italia vera che c’è, esiste, ma sembra manchi un collante per farla venire fuori.

Il collante manca perché purtroppo questo governo fin dall’inizio non ha fatto altro che tentare di dividere, anche i cittadini. Togliere le regole, quelle che garantiscono la solidarietà e la convivenza dove chi non ha possibilità riesce in qualche modo ad essere considerato ad essere visto, ha giocato e continua a giocare un ruolo di primo attore sulla divisione sindacale. Io ho detto che, come sostiene tutta la Cgil, questo non è uno sciopero contro Cisl e Uil, assolutamente. Non pensiamo che i nemici siano loro. Magari pensiamo che non hanno ragione nel merito di alcune questioni e la pensiamo in modo diverso anche su temi importanti. Dicevo però di questo giocare sul voler dividere. È vero che il dividere ti permette di comandare, però quando parliamo di una nazione dividere non è una scelta positiva. Per fortuna ci sono i giovani, le nuove generazioni, quei ragazzi che sono già scesi in piazza, quelli che non scendono in piazza ma sopportano, fanno sacrifici e studiano nonostante lo stato in cui versano la scuola e l’università. Ecco queste giovani generazioni quando le incontri in piazza ti danno la speranza. Questo è uno sciopero che abbiamo lanciato per il futuro per una speranza.

Sono anche un simbolo di unità.

Il nostro è un paese che deve recuperare unità su temi concreti. Questa crisi sta colpendo duro, ma più che la crisi stanno colpendo le scelte di una politica economica e sociale che si sta facendo con tagli indiscriminati dalla scuola al lavoro. Si continuano a proporre iniziative di legge che vanno a colpire i diritti dei lavoratori. Come Cgil non ce la sentiamo di far spallucce rispetto a determinate questioni. Non ce la sentiamo di dire ai nostri lavoratori di tirare la cinghia, soffrire e andare avanti.

In questa giornata si è sentito parlare spesso di lavoro soprattutto di quello sottopagato e non tutelato.

Abbiamo parlato del lavoro in genere, ma ci tenevamo a portare alla luce il problema del precariato, non solo perché riguarda milioni di persone, ma soprattutto i giovani. Anche se c’è chi perde il lavoro a cinquant’anni e non lo troverà più. Il mondo dei giovani però oggi è attraversato da una difficoltà enorme che è quella del lavoro precario. Spesso si vedono ragazzi rassegnati e questo è un problema nostro che dobbiamo porci come genitori e come cittadini perché se anche nei giovani cominciano a mancare la speranza e il senso positivo del futuro la tenuta della democrazia va a finire male. Il tema della difesa della costituzione e della democrazia è legato a questo sciopero. Guardiamo il referendum. È vero che c’è un decreto con cui si può modificare una legge sottoposta al referendum, ma modificarla perché i sondaggi dicono che i cittadini voteranno in un modo diverso da come la pensa il Presidente del Consiglio credo non sia democratico, ma un ulteriore campanello d’allarme.

Torniamo a parlare dei dati sul lavoro che non sono confortanti.

La situazione riguarda tutti. Si parla di oltre 533mila posti di lavoro in meno negli ultimi due anni, di disoccupazione all’8,3%. Un giovane su tre è disoccupato e le donne arrivano al 10%. Si dice che la crisi c’è per tutti, ma non è così. Anche a causa delle scelte di governo questa crisi non ha pesato allo stesso modo su tutti, anzi ci sono settori che si sono arricchiti di più e chi era povero rischia di diventare più povero. Ora noi non rappresentiamo i ricchi, ma alle persone che lavorano, a quelle che sono in pensione, ai giovani i precari, vogliamo dare un prospettiva diversa. I nostri ragazzi in questa città cominciano a pensare e a vivere in una condizione di non futuro, vanno via. Sono i nostri figli che se ne vanno. Stiamo parlando di una classe che deve guardare ai propri figli e non può far finta di niente dicendo che si deve tirare avanti.

Lei ha parlato di speranza. Chi deve darla questa speranza a chi vuole un’Italia diversa?

La speranza possono darla l’attivismo ed il protagonismo. Ognuno se li deve riprendere. In questo anche il sindacato deve svegliarsi, cambiare, essere più puntuale e presente. Dipende anche dalla domanda che viene dalle persone. Se i cittadini chiedono si deve rispondere. Lo sciopero è un modo per partecipare, per riprendersi gli spazi, per affrontare le persone. Nessuno può pensare che ognuno risolve i suoi problemi da solo, non ce la facciamo e non è una risposta sufficiente. Forse se ci rimettiamo insieme tutti quanti riusciremo a trovare spazi di uguaglianza e solidarietà, a ripristinare alcune condizioni. La crisi c’è ma gli effetti della crisi non ce li ha mandati un destino cinico e baro, ce li ha mandati una politica sbagliata. Noi vogliamo evidenziare gli errori e allo steso tempo facciamo proposte per affrontare meglio la crisi.