Sanità, Formichetti (Uil): necessario un fronte comune

Il Segretario Uil Marino Formichetti rilancia il tema di una posizione comune da parte di tutti i soggetti del territorio per affrontare il nodo irrisolto della sanità reatina.

In un momento in cui la Sanità pubblica sta tanto cambiando, crediamo non si possa prescindere dal coinvolgimento e dalla corretta informazione di tutti i cittadini. Il nostro ruolo, dunque, ci impone tanto di tutelare il diritto dei lavoratori, quanto quello dei cittadini della provincia nel loro diritto alla salute e, di questo nostro continuo impegno vogliamo informare la gente e soprattutto coinvolgere loro nel delicato dibattito.

Pensare di ottenere deroghe per un Distretto o per un Comune ha dimostrato, nel tempo, di essere una strategia perdente su cui spesso la Regione ha fatto leva per riuscire ad applicare decreti di riordino della sanità che ci hanno visto pagare il prezzo più alto nel territorio regionale. Oggi, alla luce di quanto disposto negli ultimi decreti, è quanto mai indispensabile agire con obbiettivi comuni che siano realmente condivisi nel territorio, tanto da riuscire ad alzare quelle barricate di cui si è parlato o quelle barriere necessarie a bloccare, o far modificare, quanto disposto con assoluta superficialità di valutazione delle esigenze sanitarie dell’intero territorio provinciale.

Negli ultimi tempi, in particolare, stiamo assistendo all’uso scientifico della comunicazione da parte del Presidente Zingaretti, e di chi rappresenta la Regione; in ogni intervento o presa di posizione in materia di Sanità ci viene ricordato che le Case della salute e il Dea di 1° livello renderanno più efficace la Sanità territoriale il tutto tentando di mettere in atto un’opera di “pubblica distrazione” sui reali e drastici tagli di servizi che sono previsti nei decreti.

La ASL di Rieti è già Dea di 1° livello e, come accaduto in altre province, volendo potenziare si poteva pensare a quello di 2° livello. Di fatto le Case della salute non sono altro, nella sostanza, che un cambio di nome dei CECAD, i Centri Clinici Distrettuali, in cui gli ex ospedali di Magliano Sabina e Amatrice sono stati convertiti con il decreto 80 della presidente Polverini. Certo, possiamo concordare che “Casa della salute” sia un nome effettivamente più simpatico ed orecchiabile, ma la sostanza non cambia. E la nostra sanità, per cambiare ha bisogno di sostanza, non di chiacchiere.

Stante così le cose, dobbiamo combattere utilizzando le stessi “armi”: una efficace comunicazione pubblica, con voce unica, per esprimere tutto il nostro disappunto, far comprendere il danno per la comunità e rendere quest’ultima parte attiva nella difesa del diritto alla salute, già attualmente compromesso e addirittura negato per molte patologie nel prossimo futuro.

Di nuovo, studiando i decreti pubblicati sul bollettino ufficiale è facile constatare come non ci venga riconosciuta nessuna particolarità di tipo ambientale-territoriale, di come non vi sia nessuna misura per il contenimento della mobilità passiva, come accade per Viterbo, non vi è nessuna parola che non faccia pensare all’effettivo depotenziamento dell’intero territorio sotto il profilo sanitario, a partire dall’ospedale, struttura di riferimento che, secondo il decreto, deve garantire anche ai cittadini di Amatrice, distante 70 km di strada di montagna, adeguati servizi, così come a tutta la popolazione sabina. Il Dea di 1° livello non garantisce questo, la dotazione di UOC specialistiche è limitata e (vedi accorpamenti di reparti) estremizzata, rendendo di fatto obbligatori trasferimenti di pazienti anche nei casi in cui sarebbe possibile il trattamento nel nostro ospedale.

Le Madri, i nascituri costretti al pendolarismo sanitario, come i malati oncologici o affetti da insufficienza renale che necessitano di dialisi, meritano un’assistenza sanitaria adeguata, senza essere costretti ad imbattersi in lunghi viaggi, con tutti i disagi immaginabili. Ma tante altre specialistiche sarebbero tagliate, tutte ugualmente importanti, e quel che è peggio efficienti e moderne.

Pensare che Dea di 1° livello e Casa della Salute siano le parole magiche per salvare la faccia vuol dire offendere l’intelligenza di un territorio; un territorio stanco di vedersi sottrarre, pezzo dopo pezzo, i propri diritti. È tempo che, tutti insieme, si arrivi a dettare le nuove parole d’ordine e il livello oltre il quale, come cittadini, non siamo disposti a scendete.

La UIL è a disposizione dei cittadini per sostenere i diritti di tutti.