San Francesco e il suo “sasso”

Il Venerabile Massimo Rinaldi, vescovo di Rieti tra il 1924 e il 1941, già missionario scalabriniano in America del Sud, fu durante il suo episcopato convinto testimone ed infaticabile attuatore dei Patti Lateranensi, zelante nell’impegno pastorale, attivo nella difesa dei più deboli, fautore dell’Azione Cattolica e dell’associazionismo giovanile.

L’inizio del suo episcopato coincise con l’avvio delle celebrazioni della ricorrenza del VII centenario francescano, che trovarono i loro elementi di forza nella riapertura al culto della chiesa conventuale indemaniata per effetto delle soppressioni postunitarie e nella realizzazione del monumento ideato da Cristo Giordano Nicoletti per il sagrato settentrionale della cattedrale, raffinata trasfigurazione dell’alter Christus che si scarnifica identificandosi radicalmente nella sua testimonianza di umiltà, poggiando i piedi nudi sulla roccia che evoca i santuari della Custodia Reatina.

Progettista, scultore, poeta, autentico spirito libero, talento poliedrico e vivace, il giovane artista pronunciava come una preghiera le terzine di un suo sonetto alla ricerca della più autentica ispirazione: “O San Francesco sol di luce vera/ ch’illuminasti ogni creatura/ accogli questa povera preghiera/ Sii benigno ancor con la scultura/ mostrami il tuo sorriso tal qual era/ sì che ne splenda questa tua figura”.

Il risultato della sincera, ispirata ricerca del giovane artista, sostenuto dalla tenace e lucida volontà del vescovo, fu assai apprezzato dai contemporanei, come dimostrano gli elogi dei contemporanei, da Giuseppe Gabrieli che ne trattò nel breve saggio Opuscoli e numismatica francescana pubblicato nel Bollettino Francescano di Rieti per il VII Centenario di S. Francesco (Anno II n° 4 p. 6) ad Angelo Sacchetti Sassetti che additò all’ammirazione del “forestiere” all’uscita della cattedrale “il bel S. Francesco (1927) in bronzo di Giordano Nicoletti, che sorge nell’attigua piazza Mariano Vittori”.

Lo stesso Cristo Giordano Nicoletti, in sopita polemica con Francesco Palmegiani che non apprezzava la collocazione del monumento nel sagrato settentrionale della cattedrale di Santa Maria Madre di Dio, annotò in un suo diario: “Questa statua di bronzo sta sulla sua base di roccia dove e come doveva stare; e mentre io sono assai lieto e quasi confuso delle lodi reiterate ed eccessive di tante persone colte e di gusto, mi compiaccio che le donne del popolo ci si inginocchino innanzi come fosse un altare: sorte assai rara per un monumento di piazza”.

Lo stesso vescovo Rinaldi aveva voluto che per il basamento della statua, alla cui realizzazione contribuirono gli oboli raccolti da più parti fino a raggiungere la somma al tempo ragguardevole di £ 50.785, 50 (di cui £ 3.283,85 provenienti dalle parrocchie di Rieti, £ 11.124,15 dalla città di Rieti, £ 36.377,50 da fuori Rieti) fosse scelto un masso roccioso del monte Lacerone, capace di evocare in maniera essenziale e polisemia il legame intenso tra il Santo ed il creato in ogni sua espressione, la relazione profonda con la città e la valle in cui aveva a lungo soggiornato ed aveva sinceramente amato, con gli eremi da lui fondati nella Custodia Reatina.