Con Rosmini e Newman dalla modernità verso il terzo millennio

Padre Umberto Muratore, direttore del Centro internazionale: «Abbiamo cercato due personaggi che, a distanza di quasi un secolo, hanno contribuito a preparare la necessità del Vaticano II con il loro spirito e il loro apporto».

Prende il via oggi, al Colle Rosmini di Stresa, il XIV corso dei “Simposi rosminiani”, promosso dal Centro internazionale di studi rosminiani e sostenuto dal Progetto culturale della Cei. “Rosmini e Newman padri conciliari. Tradizionalismo, riformismo, pluralismo nel Concilio Vaticano II” il titolo dell’incontro, che si propone di contribuire alla riflessione sul Concilio, sul cui valore la Chiesa invita oggi i cristiani a ravvivare la propria fede. Il corso riunirà oltre 200 filosofi, teologi e pensatori italiani e stranieri. A padre Umberto Muratore, direttore del Centro internazionale di studi rosminiani, abbiamo chiesto di parlarci del XIV corso dei Simposi e dell’attualità di Rosmini e Newman.

Com’è nata la scelta del tema per questo XIV corso dei Simposi rosminiani?

Per riflettere sulla fede nello spirito del Concilio Vaticano II, in quest’Anno della fede, voluto dal Papa emerito Benedetto XVI. Noi allora abbiamo cercato due personaggi che, a distanza di quasi un secolo, hanno contribuito a preparare la necessità del Vaticano II con il loro spirito e il loro apporto. Mentre al loro tempo hanno patito tante sofferenze e incomprensioni, Rosmini e Newman oggi sono considerate due stelle nel cielo: hanno avuto un cammino di riabilitazione simile, tanto che a distanza di pochi anni sono stati tutti e due beatificati. Il primo il 18 novembre 2007, il secondo il 19 settembre 2010.

A suo avviso, qual è il contributo, “a distanza” nel tempo, di Rosmini e di Newman al Vaticano II?

Sono due padri nobili del pensiero cattolico dell’Ottocento. Sono entrambi un buon esempio di persone che sono vissute nel loro tempo, cercando di percepire i fermenti del secolo e anche le novità. Questo è stato possibile per la loro apertura di mente e di cuore che li ha resi capaci di cogliere i segni dei tempi. Tutti e due si sono accorti che la cosiddetta modernità portava dei cambiamenti necessari per non tradire il messaggio fondamentale della Chiesa.

Ci spieghi meglio…

Innanzitutto, sia Rosmini sia Newman si rivolgono alla modernità non con la paura di persone che devono difendere un tesoro da predatori, ma con la fiducia e la speranza di conquistarla e di riuscire a trovare dei fermenti positivi, con uno spirito missionario fortissimo, che sarà poi lo spirito del Vaticano II. Ambedue scoprono che la modernità ha delle caratteristiche belle, come il venire a galla della coscienza della dignità della persona umana. Era questo che, in un modo un po’ tormentato, le sorgenti democrazie liberali portavano avanti. I due beati invitavano la Chiesa a raccogliere questi germi all’interno di se stessa e a purificarli per il bene della società. Rosmini e Newman, poi, si sono accorti che man mano che la cultura avanzava, cresceva la consapevolezza dell’uomo a immagine di Dio, con una luce da non trascurare: quella della coscienza. Di qui, la necessità di agire seguendo la legge naturale che è immessa in ognuno di noi.

Secondo lei, il fatto che Rosmini e Newman siano stati dei precursori dei tempi è uno dei motivi che li ha resi invisi ai loro contemporanei?

“Uno dei loro pregi era essere presbiti in una società di miopi, ma questo ha fatto sì che abbiano sofferto l’incomprensione dei fratelli perché altri occhi non vedevano quello che i due, invece, vedevano. Si scopre solo nel tempo la differenza tra il vero e il falso profeta. Vedendo oggi che la modernità è andata nel senso previsto da Rosmini e Newman, si capisce che sono grandi”.

In che misura Rosmini e Newman sono maestri anche per il terzo millennio?

Essendo stati beatificati, sono due maestri che ci portano dalla modernità verso il terzo millennio. In queste due persone c’è una grande completezza: con i loro scritti e la loro testimonianza ci offrono un modello integrale di uomo, ci dicono qual è il senso globale della vita e ci mostrano lo spirito con cui andare verso i fermenti nuovi che ci saranno nel terzo millennio. Ci indicano poi che il canto della vita si completa in un cammino di santità: infatti, hanno avuto forte il senso della gerarchia dei valori, mettendo al primo posto la salvezza e la perfezione della propria anima. Ci insegnano, poi, sempre a guardare il fratello come una persona da edificare e non da giudicare Ciò evidenzia un grande amore verso tutti, come ci invita a fare oggi Papa Francesco. Infine, ricordano che è utile appoggiarsi ai padri della Chiesa, che portano il profumo della Chiesa dei primi secoli.