Nell’accogliente monastero delle suore di Santa Filippa Mareri, a Borgo S.Pietro di Petrella Salto, nei giorni 20 e 21 Giugno, si è svolto l’annuale ritiro, dedicato agli esercizi spirituali, della comunità diaconale diocesana.
È sempre necessario, in ogni attività umana e in particolare nel contesto ecclesiale, incontrarsi per scambiare le proprie esperienze pastorali, approfondire la conoscenza della Parola di Dio e il proprio ruolo nel ministero ordinato.
La comunità diaconale, con la recente ordinazione del giovane Fabrizio Blasetti, operante presso la parrocchia di Antrodoco, si compone di diciassette diaconi, tutti inseriti nelle parrocchie e in alcuni casi, pastori, a nome del Vescovo, di piccole comunità, di cui il nostro territorio è particolarmente ricco.
Più di uno, oltre alla collaborazione in parrocchia, ricopre incarichi in organismi diocesani. È bello, ripensando ai primi anni della formazione della comunità, grazie alla volontà e all’amore che il Vescovo non ha fatto mai mancare, vedere questo splendido sviluppo di una vocazione, che all’interno del clero e al sevizio della comunità ecclesiale, con umiltà e fervore, riesce ad essere piena testimonianza del carisma ricevuto.
Oltre ai diaconi, da sempre, partecipano all’incontro annuale, accoliti inseriti nel percorso di studi per accedere all’eventuale ordinazione. Quest’anno, le meditazioni sono state tenute dal nuovo Vicario generale Don Jarek, che nei vari incontri ha trattato il tema “Chiesa madre e Chiesa famiglia”.
La prima meditazione ha riguardato il rapporto continuo che esiste tra le relazioni umane e la relazione con Dio: non si può prescindere dal prossimo per dialogare con Dio. La preghiera è il mezzo essenziale, vitale, che permette l’incontro: ogni preghiera, personale o comunitaria e in particolar modo l’adorazione Eucaristica, pone il nostro essere al centro della fede e non si può cercare Dio e non amare il prossimo, la potenza della preghiera, frantuma ogni ostacolo tra noi e il nostro prossimo, tra noi e Dio.
E tutto ciò accade nell’ambito di una Chiesa madre, che ti segue, ti comprende e come a una madre, puoi rivolgerti in ogni momento, sicuro che ti ascolta. La seconda meditazione, proposta dal vicario si è basata sul rapporto Trinitario che troviamo continuamente nella nostra esperienza di vita quotidiana: si è parlato della famiglia, composta dal marito e dalla moglie che si completa con il rapporto con Dio, che santifica, unisce e benedice e anche qui è la preghiera comune che diventa lievito e ricchezza, per la vita di tutti i giorni.
Nell’ultima giornata, don Jarek è entrato nel vivo del ministero ordinato e in particolare il ministero diaconale; la responsabilità di essere cristiani, coinvolge tutti i battezzati, poi secondo il carisma ricevuto, ognuno è chiamato a operare nella santa Chiesa: i presbiteri a cui è affidato il Sacramento Eucaristico e la guida della porzione di popolo che gli è affidata; i diaconi e i religiosi, anch’essi chiamati a svolgere un compito che viene giustificato solo dalla chiamata di Dio; tutti sono tralci della vite che rappresenta la Chiesa, chiamati ad operare esclusivamente legati e alimentati dalla linfa divina del Signore.
Tutto questo ha bisogno di sintonia, di relazioni sincere e tanta responsabilità. In particolare il ruolo diaconale vive, oltre al rapporto con Dio e anche qui la preghiera è protagonista, in particolare con la Liturgia delle Ore che nell’ordinazione diventa promessa e atto di comunione con tutto il clero; il diacono è chiamato alla stretta relazione con il proprio Vescovo, per il legame giuridico, sacramentale e esistenziale a cui il suo ministero è legato, alla stretta collaborazione con i presbiteri con i quali condivide la loro missione, nello specifico dei rispettivi ruoli.
Oltre questo, il diacono, a differenza del resto del clero, è inserito pienamente nella società civile, vive la realtà familiare, l’ambiente di lavoro ed è in questi ambiti, oltre a quello liturgico, che è chiamato ad essere segno della presenza di Dio nel suo popolo.
Durante le ricche risonanze, che hanno seguito ogni meditazione, ognuno ha condiviso con i confratelli la bellezza e le problematiche dell’esperienza ministeriale chiamati a vivere, con la consapevolezza di essere rivestiti, non con l’abito talare che non è previsto dal diritto canonico, ma dal fervore, dall’umiltà e disponibilità verso il prossimo, soprattutto negli ambienti più lontani dall’ambito ecclesiale.
La consapevolezza di essere impegnati ad essere segno visibile e affidabile, ad essere costruttori del Regno di Dio, insieme a tutti i battezzati, in un mondo sempre più secolarizzato. Chiamati ad operare, con il proprio carisma, dal presbiterio alla periferie più lontane dell’esperienza umana.