Scrivere libri diventa ogni giorno più facile, potenti software di scrittura e di correzione, facilità di spostamento telematico dei documenti, case editrici che stampano, se occorre, anche una sola copia del parto del nostro ingegno. Tutt’altra questione è vendere i libri che si scrivono, in un paese in cui (dicono le statistiche) il 37% dei 65mila titoli pubblicati ogni anno non vende nemmeno una copia, e solo 40–50 titoli (ben meno di uno su mille) arrivano ogni anno a superare quota 50mila copie vendute.
Per lei, che ha già tre libri (pubblicati da Sonzogno) con vendite a sei cifre, e quello di oggi in classifica per arrivarci, il problema sembra non esistere: Costanza Miriano è quasi diventato un brand. Un blog seguitissimo, l’impegno per il Family Day, gli inviti in televisione, questa piccola donna, madre di quattro figli che i suoi lettori hanno imparato a conoscere per nome, è diventata un caso letterario non solo italiano, viste le proteste e addirittura le interrogazioni parlamentari provocate dai titoli dei suoi libri, che poi, se si vanno a leggere, si vede che non offendono nessuno.
Costanza Miriano è venuta a Rieti la sera del 7 giugno e ha presentato il suo libro Quando eravamo femmine, all’Auditorium dei Poveri (la chiesa di San Giovenale in via Garibaldi affidata dalla Curia alla Confraternita degli artisti proprio per ricavarne uno spazio aperto alle iniziative tenute fuori dai luoghi che “contano”).
L’iniziativa è delle “Sentinelle in piedi” di Rieti, che per un po’ di tempo le hanno fatto la corte (o se preferite «un po’ di stalking» come ha detto lei) per trovare la sera giusta e regalare alla città questo interessante incontro. Davanti a una sala pienissima (e pure qualcuno in piedi), la giornalista romana ha parlato della sua storia, della sua famiglia che è sempre la protagonista assoluta di quello di scrive, della nascita e dell’imprevedibile sviluppo del suo essere scrittrice, scrittrice nei ritagli di tempo rimanenti dopo l’espletamento della sua professione primaria, quella di moglie e mamma in servizio permanente effettivo, e della professione secondaria (quella di giornalista Rai).
Nei suoi libri il protagonista assoluto è sempre la femminilità, la forza infinita e le difficoltà estreme dell’essere donna senza sconti in un mondo in cui, nei confronti delle donne, i modelli culturali sono violenti, aggressivi e bugiardi, e quelli economici non hanno la minima intenzione di rispettare la natura femminile nella sua essenza. Il registro è sempre quello leggero, allegro, che ha fatto la fortuna dei suoi libri, ma gli argomenti sono seri, e la testimonianza sul ruolo della fede nella vita familiare è diretta e senza giri di parole. Sono libri scritti da una donna per le donne, tutti orientati e declinati al femminile, ma preziosi anche per gli uomini, almeno quelli desiderosi di capire, rispettare e… sopportare le cangianti esigenze dell’altra metà del cielo.
Nessuno si è annoiato ad ascoltare il suo racconto, e le risposte alle domande del pubblico sono state dirette e sincere. Tanti applausi e lunga fila, a fine incontro, per gli autografi sui volumi, acquistati da molti dei presenti, e un grazie a tutti quelli che hanno resa possibile la serata (che si è meritata, delle istituzioni, come unica presenza quella dell’assessore comunale alla Cultura, Anna Maria Massimi), a chi ha messo a disposizione la sala, al giovane Pietro Scasciafratte, che oltre che gradevole stalker si è rivelato uno spigliato moderatore, ma soprattutto all’autrice e al pubblico intervenuto a una serata di quelle che in un ambiente come Rieti non sono così frequenti.