Rieti e le insane bevute

Il problema dell’alcol tra i giovani non è nuovo. Ma la cattiva influenza dei social network e stupide nuove mode aprono scenari inediti

Giovani e alcol. Oggi più di ieri uno dei problemi con cui la società deve fare i conti. Un problema che preoccupa (sempre? tutte?) le famiglie. Alcol non più consumato solo occasionalmente, magari il sabato sera o ad una festa. Oggi alcol e consumo sfrenato vanno di pari passo e, come se non bastasse, si aggiungono sempre nuove mode come quella diffusa tra ragazze e ragazzi che sui social network fanno a gara a chi “beve di più” mentre un amico o una videocamera fissa, riprendono il tutto per poi lanciarlo in rete. Già questo basterebbe, ma si aggiunge che c’è anche la “guerra” dei “mi piace” che ogni video riesce a strappare a quello girato dagli altri “avversari”.

Vino, superalcolici, birra, per non parlare i mix micidiali che anche un bevitore accanito farebbe fatica a reggere, sono ormai abitudine per giovani che sono ancora ben lontani dalla maggiore età. Non che il raggiungimento dei 18 anni giustifichi l’abuso di alcol, ma è vero pure che bere fino a stare male a 15 anni non è certo sintomo di maturità o bravura.

Ma questa è un’altra storia. Vaglielo a spiegare a quei giovanissimi che il sabato sera si obnubilano con gli “shortini” di assenzio e vagano per le strade della città come zombie. Vaglielo a spiegare che quello non è divertimento, non li fa essere meglio degli altri, non risolve i dissapori che si hanno con la famiglia e non dimostra nemmeno che così si è belli e maledetti.

I dati diffusi qualche giorno fa dall’Istituto Superiore di Sanità parlano chiaro: il consumo eccessivo, che spinge a ubriacarsi, è diffuso fra molti giovanissimi. E le sfide si risolvono spesso, troppo, con una corsa al pronto soccorso. Quando va bene.

E quelli più a rischio sono proprio i giovanissimi perché, come spiegano dall’Osservatorio nazionale Alcol, «i teenager non dovrebbero bere, perché sono più vulnerabili e alla loro età la sostanza non viene metabolizzata dall’organismo. I giovani devono capire che l’alcol è la prima causa di morte fra loro soprattutto a causa dei moltissimi incidenti stradali causati dallo stato di ebbrezza».

Stando ai grafici forniti dagli esperti l’età a più alto rischio è quella che va dagli 11 ai 24 anni e in Italia beve il 65% dei 15enni, il 25% dei 13enni e il 12% degli 11enni ma nel Lazio le percentuali dei consumatori minorenni crescono vertiginosamente.

Rieti è nel Lazio e quindi non è difficile fare due più due. E così anche in città come in provincia aumenta sempre più il numero dei giovani che consumano alcol.

Ma, come si diceva, non occasionalmente, ma abitualmente tanto che una percentuale molto alta di minori tra gli 11 e i 13 anni, oltre il 75 per cento, sostiene di bere alcolici e, oltre la metà, lo farebbe abitualmente.

E sono proprio i più giovani, spesso minorenni, a consumare alcol nei locali. La domanda che molti si pongono è come mai alcuni gestori continuino a servire alcolici e superalcolici a chi è chiaramente minorenne. Lo farebbero con i loro figli?

Durante lo svolgimento, presso l’Istituto superiore di sanità dell’edizione 2014 dell’Alcool Prevention Day , promosso e finanziato dal Ministero della salute, da anni un appuntamento per le istituzioni, le società scientifiche e gli operatori professionali, che operano nel settore della prevenzione si è parlato proprio dei dati in aumento rispetto al consumo di alcol tra i giovanissimi.

Uno degli studi promossi dall’Ausl di Rieti e che ha coinvolto studenti degli istituti superiori cittadini riporta che la prevalenza di bevitori abituali tra gli studenti è pari al 12,71%.

I giovani che hanno dichiarato di far uso di bevande alcoliche, tutti i giorni o in maniera non regolare, sono il 58 per cento. Se fino a qualche anno fa il consumo di bevande alcoliche era più alto tra i maschi anche in questo ambito le cose sono cambiate visto che è salito vertiginosamente il numero di ragazze minorenni che consumano alcol abitualmente. Altro dato su cui riflettere è che l’abitudine al bere riguarda giovani ben integrati, che frequentano regolarmente la scuola dove ottengono anche risultati soddisfacenti o buoni. Sono loro che bevono in compagnia degli e con il “gruppo” quasi volessero dare vita ad un rito collettivo.

Ma cosa spinge un giovane a bere? In molti cercano risposte anche se poi ogni caso è a sé. Lo sanno bene i giovani e lo sa anche chi con loro lavora.

La dipendenza da alcol può esprimere un disagio, un malessere culturale che andrebbe ascoltato e decodificato. Per questo è indispensabile intervenire tempestivamente su tale fenomeno sviluppando adeguati programmi educativi e di prevenzione, progettando percorsi culturali e di formazione alternativi con particolare coinvolgimento del sistema familiare e scolastico. Per non diventare complici inconsapevoli, non sempre, di questo lento e silenzioso suicidio collettivo. Perché alcol non è soltanto stare male mentre un amica o un amico ti sorreggono la testa e tu credi di strare per morire, anche se poi, la sera dopo ripeterai lo stesso errore e ti sentirai forte con il tuo bicchiere in mano. Alcol è anche morte.

La percentuale di decessi nella fascia di età tra i 15 e i 29 anni attribuibili al consumo di alcol è molto più alta rispetto a quella registrata nelle altre classi di età e riconosce negli incidenti stradali la causa principale.

Da qui la necessità, come sottolineato più volte da chi ogni giorno registra nuovi casi di alcolismo tra i giovani, di promuovere azioni differenti da quelle legate soltanto alla repressione o al proibire. Vanno portare avanti azioni differenti che attivino e coinvolgano competenze non solo sanitarie affinché si possa accentrare l’attenzione sulle nuove culture del bere che viaggiano troppo veloci.