Religiose e religiosi sono «Traghettatori efficaci della vita»

La Giornata Mondiale della Vita Consacrata ha visto il vescovo Domenico proporre una riflessione sul rapporto tra le generazioni, su come la tendenza a proteggere troppo i più piccoli impedisca loro di crescere, indicando nella testimonianza della vita religiosa un antidoto prezioso ed efficace

La vita consacrata come aiuto alla crescita. Per tutti. Seguendo il modello di chi – i giovani sposi Maria e Giuseppe, gli anziani gerosolimitani Simeone e Anna – ci insegnano il senso di una “rete” di interazione fra le generazioni.

L’evento che la liturgia ricorda il due febbraio e che si traduce nella tradizione della “candelora” ha costituito l’occasione, per il vescovo Domenico, per sottolineare il senso della presenza dei religiosi nella comunità cristiana come un segno di richiamo a quella capacità di far crescere figli secondo quel modello di crescita piena che il Vangelo indica parlando del Bambino nato a Betlemme e presentato a quaranta giorni, fedelmente alla legge mosaica, al tempio di Gerusalemme.

La Parola affidata ai consacrati

Dopo la sapiente meditazione di padre Raniero Cantalamessa a San Domenico, si sono spostati in Cattedrale i religiosi e religiose della diocesi, convenuti insieme per la celebrazione della Giornata mondiale della vita consacrata. Il lucernario nel Battistero di San Giovanni in Fonte apre la celebrazione, con frati e suore che, assieme agli altri fedeli, con le candele accese “accompagnano” l’ingresso di Gesù nel tempio. Nella liturgia della Parola prestano voce ai brani della Scrittura due “aspiranti” consacrati: Elena, novizia tra le francescane di Santa Filippa Mareri, e Pietro, postulante dei Frati Minori del gruppo in formazione al santuario di Fonte Colombo. Alla voce potente di una consacrata ben “collaudata” quale suor Giuditta, direttrice del coro diocesano che anima la liturgia, è stato affidato il canto del salmo responsoriale; a quella di un giovane monaco, Pietro, della fraternità benedettina terminillese, da poco diacono, la proclamazione del Vangelo. Il brano ha offerto lo spunto a monsignor Pompili per la sua densa omelia, che rilegge l’episodio di Gesù presentato al tempio come stimolo a una precisa saggezza educativa.

Traghettatori efficaci della vita

«Proprio al tempio di Gerusalemme si fa precisa una cosa: il bambino è destinato a crescere proprio con l’incontro tra diverse generazioni», ha detto Pompili ricordando che questa “festa della luce” del due febbraio è detta anche “festa dell’incontro”. E dunque è un problema il mancato incontro fra generazioni che oggigiorno spesso viene a verificarsi: «Se i nostri ragazzi non crescono nell’esperienza, nel lavoro, nella fede, è perché forse mancano traghettatori efficaci della vita come Maria e Giuseppe, Simeone e Anna». Un’interruzione della crescita come persone che viene molto prima della mancata crescita economica.

E le parole rivolte dal vecchio Simeone ai genitori di Gesù, “egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele”, ricordano che «la vita è un campo di molti contrasti», a dispetto della tendenza oggi più diffusa: quella di «rendere la vita ai nostri cuccioli di uomo come fosse una passeggiata di salute». L’ambizione di ogni genitore, ha notato il vescovo, sembra quella di preservare i bambini e i ragazzi da ogni contrarietà e avversione. Ci si pre-occupa che di avere «innanzitutto una garanzia economica che li metta al sicuro da ogni forma di mancanza». Ma «la crescita si sviluppa solo quando una carenza mette in movimento: quando tutto è saturo, quando abbiamo corretto tutti gli spazi, non c’è possibilità di crescere».

La testimonianza della vita religiosa: povertà, obbedienza, castità

E in tutto ciò, qual è il ruolo della vita consacrata? Per Pompili, quello di essere un segno che ricorda certe verità, proprio attraverso i voti che i religiosi emettono. «La povertà ricorda proprio che è la mancanza che genera la creatività, mentre la saturazione produce l’assorbimento. Per questo incontrare persone povere, che non si danno pensiero delle cose, è un modo per testimoniare come si debba crescere».

L’obbedienza, invece, don Domenico ha voluto rileggerla come capacità di adesione alla Parola, richiamando quella “ruvida” profezia di Simeone a Maria, della spada che le trafiggerà l’anima: più che riferirsi al futuro del Golgota, secondo il vescovo il messaggio consegnato dall’evangelista Luca è che «questo bambino sarà come una spada per la madre, perché la metterà in discussione, e proprio questo sarà quello che permetterà al figlio di svilupparsi. Spada è la Parola di Dio, che ci mette a nudo, che ci aiuta a capire chi siamo. Per questo nella vostra vita di religiosi l’obbedienza, prima di tante banalità di ogni giorno, è ascoltare questa Parola. Quando capita di incontrare uomini e donne che hanno dimestichezza con la Parola, i più piccoli imparano che di questa spada si ha bisogno nella vita per risolvere tanti problemi altrimenti irrisolvibili. Il vostro voto di obbedienza è ascoltare questa Parola e poi mettersi in ascolto degli altri».

Anche la castità è da rileggere in questa logica di saggezza educativa, ha concluso il vescovo riferendosi all’altra protagonista della pagina lucana, la profetessa Anna che saluta esultante il bambino al tempio: «una persona anziana tutt’altro che rassegnata. Piuttosto che lamentarsi e stare a rimpiangere il passato, Anna ha l’audacia di parlare dell’attesa di Israele: così la sua età anziana non è vissuta come problema, ma accolta e interpretata con coraggio».

Un prezioso insegnamento per oggi: «Non è infatti la giovinezza la forma dell’umano compiuto, non siamo nati per restare giovani». Solo se si prende coscienza che «siamo nati per diventare adulti e poi anziani, si diventa traghettatori dei giovani nel mare della vita». E quanto fanno i religiosi, quando interpretano la vita nel voto di castità, cioè la vostra purezza, secondo le parole di Gesù: “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”: «Siamo puri quando siamo capaci di conservare questa attesa a dispetto dell’età».

Esigenza di rinnovamento in autenticità e pienezza

Il grazie ai consacrati, da parte di monsignore, è stato dunque per la loro presenza che li fa essere «traghettattori di vita». Con questo spirito, subito dopo, frati e suore presenti hanno rinnovato i voti, unendosi al vescovo nella richiesta a Dio di «custodire le comunità religiose nella fedeltà alla vocazione evangelica, perché offrano al mondo l’immagine viva del Cristo tuo Figlio».

A nome di tutti, il ringraziamento conclusivo, a fine Messa, lo porge padre Carmine, vicario episcopale per la vita consacrata: in questo tempo non facile per la vita religiosa, come per tutta la vita di fede, le immagini del fuoco e della lisciva contenuti nel brano del profeta Malachia , prima lettura della liturgia, sono un richiamo a quell’esigenza di rinnovamento e purificazione che attende tutte le comunità, chiamate a un nuovo impegno: «la vita consacrata ha bisogno sempre più di ritrovare autenticità e pienezza. E allora ringraziamo Dio per il tempo che ci fa vivere, per la crisi che stiamo attraversando, perché Dio vuole questo da noi: autenticità e pienezza».

Nuove comunità e giubilei

Un grazie al Signore padre Carmine lo esprime anche per aver arricchito la Chiesa locale di nuove comunità religiose nell’ultimo anno, menzionando la piccola fraternità dei due Frati Minori che sono andati a operare ad Accumoli in supporto alle comunità ferite dal sisma e quella delle suore Oranti dell’Assunzione che si sono stanziate a Cittaducale. E un pensiero, con applauso di tutti i presenti, alle sorelle che quest’anno festeggiano “giubilei” di professione: sessant’anni di vita religiosa per suor Angela Clara, della comunità di Greccio delle Francescane Missionarie di Gesù Bambino, e suor Claudia delle Benedettine di Carità, comunità cui appartiene anche suor Maricuzza che compie il 25° di professione; “nozze d’argento” con Cristo anche per la camilliana suor Francesca e per suor Bernardetta della fraternità di Fassinoro.