Questo matrimonio non s’ha da fare?

Il matrimonio viene così definito nel can. 1055 del Codice di Diritto Canonico «Il patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra di loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione ed educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento».

Tra i battezzati, quindi, non può esistere un matrimonio valido che non sia sacramento; per questo motivo i Tribunali ecclesiastici sono gli unici ad avere l’autorità e la potestà di valutarne la effettiva validità. Nel diritto matrimoniale canonico si ritrovano una serie di disposizioni che, limitando il diritto naturale al matrimonio (= è diritto naturale in quanto è riconosciuto in generale ad ogni uomo) consentono di valutare se nel caso concreto si sia di fronte ad una unione contratta in modo valido ovvero nullo. La nullità del matrimonio può, quindi, ricondursi, in generale, a tre ordini di motivi quali: la capacità personale; il consenso delle parti; l’inosservanza di precise formalità prescritte dalla legge canonica. Per celebrare un valido matrimonio è necessario, anzitutto, che gli sposi abbiamo la cd. capacità personale (habilitas) che viene definita in modo negativo, ovvero individuando tutte quelle circostanze che la escludono. Queste circostanze, chiamate in diritto impedimenti dirimenti e che non consentono la nascita di un valido matrimonio, sono le seguenti: l’età, l’impotenza, il precedente vincolo matrimoniale, il rapimento, il delitto, gli impedimenti derivanti dal ministero sacerdotale e dalla professione religiosa, la disparità di culto, e gli impedimenti derivanti da vincoli familiari. Affinché esista un matrimonio valido, poi, è necessario, oltre all’assenza degli impedimenti suindicati, anche la presenza di un consenso delle parti valido. I nubendi, quindi, devono avere la effettiva volontà di sposarsi. Nel caso, niente affatto inusuale nella prassi, che una o entrambe le parti non prestino il loro consenso ovvero questo sia in qualche modo carente o presenti qualche vizio, il matrimonio non potrà ritenersi valido. Questo perché il consenso è vera causa efficiente dell’unione coniugale, per cui anche se ci si trovasse dinanzi ad un matrimonio celebrato secondo la forma prescritta, ma il consenso espresso non fosse ritenuto idoneo, il consorzio coniugale non potrà ritenersi valido. La nullità può, infine, derivare anche dalla inosservanza di alcune precise formalità prescritte dalla legge canonica. Il matrimonio, infatti, quale atto giuridico solenne dal quale derivano diritti e doveri per i coniugi, deve rispettare dei requisiti prescritti dal Legislatore. Ciò significa, in altre parole, che i suddetti requisiti sono, ancora una volta, necessari per la valida esistenza del coniugio. L’ordinamento canonico quale unico giudice dell’unione coniugale, nel valutare la sussistenza della nullità deve ritenere valido il coniugio fino a che non sia provato il contrario. È questo il cd. favor matrimonii, che per essere superato non necessita della certezza assoluta della nullità del matrimonio, essendo sufficiente, infatti, la certezza morale che Papa Pio XII definì come quella che, da un lato «esclude ogni fondato o ragionevole dubbio» e, dall’altro «lascia sussistere la possibilità assoluta del contrario»: certezza però non «puramente soggettiva, che si fonda sul sentimento o sulla opinione meramente soggettiva di questo o di quello», ma «oggettivamente fondata», basata quindi su motivi oggettivi. Il matrimonio dichiarato nullo da almeno due gradi di giudizio con sentenza conforme, rende le parti libere dal vincolo coniugale e dà loro la possibilità di contrarre validamente una nuova unione; nel caso però in cui il tribunale aggiunga alla sentenza il “divieto di nuove nozze”, il soggetto che desidera sposarsi di nuovo deve chiedere all’autorità ecclesiastica di rimuovere tale divieto. La ragione di tale procedura sta nel fatto che si vuole evitare un altro matrimonio potenzialmente nullo; l’autorità infatti dovrà, prima di rimuovere il divieto, vagliare se esistono ancora le stesse cause che hanno causato l’invalidità del precedente vincolo coniugale. È chiaro, poi, che successivamente alla dichiarazione di nullità le coppie che hanno già contratto matrimonio civile possono sposarsi in Chiesa. Le sentenze del tribunale ecclesiastico possono essere riconosciute dallo Stato Italiano tramite il procedimento della delibazione che dovrà essere promosso da uno dei due coniugi: la delibazione può sostituire la sentenza di divorzio e può anche avere effetti sull’assegno di mantenimento dell’ex coniuge, eccetto quando il tribunale civile con la sentenza di divorzio ha già disposto in tal senso. La dichiarazione di nullità non ha alcun effetto, invece, sul rapporto genitori-figli che è garantito non solo dalla legislazione italiana, ma anche dalla Chiesa, quindi i genitori avranno sempre obblighi educativi e di carattere economico nei confronti della prole.