Natale

Quell’umorismo di Dio che illumina la storia

Dai ragazzi in fuga da un mondo rabbuiato da una competizione che genera senso di inadeguatezza, alla luce del Natale, che nel Dio che si fa bambino ci ricorda che non serve essere superuomini, basta essere uomini

La luce del Natale per rischiarare il buio di questo tempo, appesantito dalla pandemia, ma non solo. Nella notte di Natale, a Greccio, il vescovo Domenico è tornato sul punto essenziale, sull’annuncio di salvezza reso visibile dall’incarnazione. Lo stesso che dopo mille e duecento anni san Francesco volle rivivere proprio nelle grotte a ridosso del borgo, inventando il presepe.

Un modo di farsi avanti, di conoscere la vita e il mondo, ben diverso dal “ritiro” che mons Pompili ha notato nei ragazzi del presente, che sembrano quasi in fuga. Forse per la tensione di «un ambiente fortemente competitivo e performante che genera un senso di inadeguatezza». E starsene in disparte sembra possibile perché «la famiglia risolve i problemi di sopravvivenza», mentre il digitale consente di avere a disposizione «un mondo parallelo dove immergersi senza sporgersi, curiosare senza mai entrare». E ne consegue che «la vita non decolla mai», perché «questo “ritiro” anticipato fa scendere il buio sul desiderio che non ha più un campo di applicazione e di sperimentazione».

Per uscire dal buio, c’è appunto bisogno di luce e i «cristiani l’hanno ravvisata in Gesù di Nazaret e per questa ragione nel Credo Apostolico l’hanno professato come “Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero”». Questo è il segno del Natale: «Dio non si “ritira” dal mondo, ma entra nella storia con una presenza carnale, reale. È quanto basta per rientrare nel mondo, sentirlo finalmente a nostra misura, non senza però un pizzico di umorismo. Infatti, se l’Altissimo si fa… bassissimo, allora non importa diventare superuomini o, più infantilmente, supereroi. Quel che basta è diventare uomini, il cui segno inconfondibile è proprio l’umorismo».

Don Domenico non pensa all’ironia sprezzante, a certo cinismo, al sarcasmo amaro. «“Fare dello spirito”, cioè essere “spiritoso”, richiede – ha spiegato – un senso di distacco, di “trascendenza” che conferisce una luce differente alle persone, alle cose, agli avvenimenti, una luce che giunge dall’alto, benevola, simpatica, ma anche intelligente e sovversiva. L’umorismo porta alla luce quel che è nascosto o censurato. E svela l’assurdo del mondo in cui viviamo».

In un certo senso, «guardando a Gesù bambino viene spontaneo pensare a quanto umorismo abbia avuto Dio nel volersi appalesare in un cucciolo di uomo per sorriderci. Davvero verrebbe da dire che la vita a prenderla sul serio è tutta da ridere!».