Quando in chiesa non siamo tutti uguali

Dispiace veramente intervenire per criticare, lo stesso giorno delle esequie, la scelta di tenere un rito in una chiesa cattolica con due motociclette accanto al feretro.

Si tratta del funerale di Simoncelli. Ancora una volta, in mondovisione, come si diceva prima dell’avvento di internet, vengono consentite, da parte dell’autorità ecclesiastica, inutili e grossolane deroghe alle norme liturgiche che neppure un vescovo può consentire, perché non gli compete.

Vicino alla bara deve risplendere il Cero Pasquale, segno della luce del Cristo Risorto. Porre due enormi motociclette, che quasi facevano scomparire il feretro, vuol dire intanto esaltare un oggetto che si è rivelato di morte, esaltare il mezzo di una gloria umana, fugace e anche vuota.

I valori che si devono esaltare in chiesa, mi dispiace, sono altri.

Vorrei sapere se sacerdoti e vescovi si rendono conto che questi funerali cosiddetti importanti vanno sulla rete web e vi rimarranno per sempre, costituendo spiacevoli precedenti che metteranno in difficoltà altri vescovi che volessero giustamente opporre un diniego.

Vorrei sapere se al Vaticano e alla CEI vedono queste cose e se prenderanno mai dei provvedimenti.

Questo vuol dire che quando morirà il prossimo, pilota ad esempio di formula uno, faremo entrare in chiesa una macchina da corsa, oppure un amante delle giraffe, o un veterinario esperto guaritore di elefanti, faremo spazio giustamente ai suoi “trofei”.

Non vorrei che, se dovesse morire un pornodivo, gli mettiamo accanto alla bara in chiesa la collezione dei suoi film hard.

In chiesa siamo tutti uguali, diamo del tu pure al Papa, mettiamo sulla bara del Papa, quando muore, il Vangelo aperto e basta.

Nelle omelie non si può dire che il defunto “ci inquadra dal podio più alto” cioè il paradiso, perché questa può essere solo una speranza. Anche nel funerale di Giovanni Paolo II si pregò perché gli fossero perdonati i peccati: questo facciamo nei funerali, che non sono riti di beatificazione.

Il rituale delle esequie vieta di fare nell’omelia l’elogio del defunto, raccomanda di non fare distinzione di persone ed esorta a suscitare in tutti gli astanti lo spirito di raccoglimento e preghiera perché siano perdonati i peccati di chi deve comparire davanti al trono di Dio e subire il giudizio personale, che sarà ricco di misericordia, congiunta però a giustizia.

Tutto il resto è puro spettacolo e questo, con i tempi che corrono, non possiamo permettercelo.

29 thoughts on “Quando in chiesa non siamo tutti uguali”

  1. Andrea Di Nicola

    Condivido il commento di Massimo Casciani, sereno, chiaro e puntuale, che richiama all’ortoprassi. Di coseguenza l’ho condiviso anche sulla mia pagina Facebook perché anche altri leggano e comprendano. Grazie. Andrea Di Nicola

  2. simone fioretti

    Mi spiace ma non sono daccordo con il pezzo scritto dallo stimato Massimo Casciani. La Chiesa, dovrebbe accogliere anche i segni che hanno valore per una famiglia che ha perso il proprio figlio di 24 anni. Si portano all’altare i doni, e quello era una dono che volevano offrire, a modo loro. Si puo’ non essere daccordo sulla forma del rito…ma la Chiesa, nel suo rinnovamento dovrebbe aprirsi, comprendere, accogliere…Non è solo forma il dolore, non è solo forma la celebrazione… Dovremmo essere tutti più comprensivi, soprattutto in momenti come questi…Richiamare ad un atto di censura o addirittura di provvedimento, mi riporta un pò alla memoria quel medioevo buio e cieco che non vorrei mai più tornasse, in una Chiesa che vive momenti travagliati di esame di coscienza verso le sue povere vittime innocenti. Siamo uomini e per questo peccatori, come noi, quelli che portano l’abito talare, giudichiamo e non vogliamo essere giudicati. E allora lasciamo che il popolo di Dio si esprima con naturalezza. Non credo che quelle motociclette abbiano offeso nessuno, tantomeno il dolore del trapasso… Sono convinto che Dio abbia accolto quel gesto, come forma di dono e non come offesa. In chiesa siamo tutti uguali e ognuno ci va offrendo quello che ha. Anche una motocicletta! Buon lavoro

    1. Massimo

      Rinrazio per l’attenzione, ma non mi riferivo solo alle moto. Il dolore non c’entra, qui c’entra lo spettacolo e lo spazio che l’informazione dà a persone ritenute di serie A rispetto a quelle ritenute di serie B. In pochi si sono filati quei poveretti morti in liguria. La Chiesa non si può prestare a queste forme di spettacolarizzazione avallando il sentimentalismo epidermico del popolo, e solo di una parte di esso. Le norme liturgiche e canoniche di questo tipo esistono proprio per evitare approcci diversificati e disparità di trattamento. Non si può dare spago a certe vicende solo perché alcune persone hanno avuto un successo meramente umano. Ricordo che in occasione della morte di Pantani il Vescovo disse che il defunto stava pedalando verso il regno dei cieli. Queste sono cose molto pericolose anche per il peso che possono avere anche presso i giovani e sulle loro scelte. In chiesa si predica solo la Parola di Dio, le valutazioni di carattere umano le possono fare al termine del rito parenti e conoscenti, non chi deve rispettare i sentimenti di tutti e formare le coscienze.

  3. Francesco

    Non pensiamo alle norme ma al loro contenuto, perchè le prime vanno e vengono, ma la sostanza non cambia. Di questo articolo potevamo farne decisamente a meno.

    1. Massimo

      La forma è anche sostanza, direbbe Kant. Opinioni diversificate servono anche a farci ragionare e a non lasciarci omologare dal pensiero dominante. Dovremmo imparare a fare a meno di un giornalismo solo sentimentalista e buonista, puramente celebrativo, che non fa crescere le persone. La morte ci colpisce soprattutto quando viene a infrangere sogni di gloria e il superomismo dell’immaginario collettivo. Mentre tutte le altre morti non fanno notizia, soprattutto quelle di chi ha dedicato la sua vita a servizio degli altri.

  4. simone fioretti

    Ricordo funerali che hanno celebrato i nostri militari caduti in missione, le vittime di stragi (Fancone e Borsellino), oppure quelle di catastrofi (terremoti, Tissen Krupp, treni deragliati). Ognuno dei protagonisti di questi tragici eventi è stato un esempio di vita nel proprio ambito, anche Simocelli nel suo piccolo ha rappresentato per una moltitudine di sportivi un esempio di attività agonistica seguita e valore umano (per il suo impegno nel sociale), modelli ai quali anche i più giovani possono far riferimento. La forma è anche sostanza è vero, ma anche la sostanza spesso fa anche la forma. Le dirette televisive per momenti così tragici danno l’opportunità di seguire personaggi che hanno dato il loro contributo alla nostra società, come quando la messa dell’Angelus viene trasmessa in diretta. Ognuno ha la facoltà e la libertà di seguirla o meno. Non si tratta di giornalismo “sentimentalista”, ma dell’opportunità di poter seguire un evento a migliaia di persone. Nel pezzo si condannavano le motociclette e la spettacolarizzazione. Questi due elementi sono tali, se uno li vuol vedere così.. Ma su questo argomenti mi sono già espresso.. Ad maiora…

    1. Massimo

      Dai diversi messaggi noto che l’argomento interessa. Condivido le argomentazioni di Simone Fioretti, ma io non mi sono soffermato su di esse.
      Mi sta bene la diretta, le eventuali manifestazioni di stima di ammiratori e conoscenti. Mi rimane molto difficile mettere sullo stesso piano le vittime del lavoro e i militari caduti nei contingenti di pace con altre situazioni drammatiche sì, ma sostanzialmente diverse. Comunque non era questo il nocciolo della questione, che molti avete voluto vedere rappresentato solo dalle moto. Il problema sta nelle affermazioni di chi celebra i funerali che pone il defunto con certezza “nel podio più alto”. Tutto qua. Ho solo voluto dire che le norme sono state fatte nel corso dei secoli proprio per evitare questi giudizi affrettati da parte di uomini di Chiesa. Non mi sembrano sproloqui. Chiedo solo che siano osservate delle cautele e che non si facciano prediche per compiacere gli astanti.

  5. Lorenzo Blasetti

    Mi è capitato di leggere su Il Messaggero e poi sul sito il commento di colui che sarebbe il portavoce del mio Vescovo su quanto è avvenuto in occasione del funerale di Marco Simoncelli. Ho letto anche le risposte ai vari commenti. Vorrei ricordare al sig. Massimo che Francesco Lambiasi è uno dei migliori vescovi che abbiamo in Italia, ricco di spiritualità e profondo conoscitore della Bibbia. Inoltre ha lo stile e l’anima del pastore. Tutta la celebrazione e in particolare la sua omelia sono state un inno alla fede e all’amore. La motocicletta è servita al Vescovo pastore per entrare in comunione con tantissime persone, senza rimanere prigioniero dell’oggetto ma puntando dritto al cuore con la forza delicata del vangelo di Gesù. Sono convinto che tanti, anche tra i ragazzi innamorati della moto, quel giorno hanno portato a casa un messaggio di sapore evangelico che non mi pare assolutamente presente né nei contenuti né nello stile del nostro censore. Grazie, vescovo Francesco, perché hai saputo accettare l’invito ad entrare in un mondo che non frequenti abitualmente per prendere per mano con la tenerezza del pastore quanti quel giorno non solo una drammatica disgrazia, ma il Signore stesso ha chiamato attorno a te.

    1. Massimo

      In questi giorni ho ricevuto, unitamente alle legittime critiche, anche tante attestazioni di vicinanza e condivisione delle mie osservazioni. Il Messaggero ha riportato alcuni stralci del mio articolo, che non ho scritto, però, in quanto Portavoce del Vescovo di Rieti. I comunicati e le dichiarazioni ufficiali che vengono diffusi in quanto Portavoce recano in calce questo attributo.
      Altre cose che pubblico in quanto semplice scrivano o fedele cattolico non rappresentano necessariamente il pensiero di Mons. Lucarelli. Però ci avrei giurato, che qualsiasi cosa avessi scritto sarebbe stata oggetto di osservazioni critiche da parte di chi si riempie la bocca delle parole “Vangelo” e “Gesù” e nutre un risentimento immotivato nei miei confronti, qualsiasi cosa io faccia o abbia fatto. Effettivamente, nei sei anni in cui sono stato Direttore dell’Ufficio Scuola e nei due in cui sono Direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali il numero e la qualità delle iniziative hanno dato un consistente contributo alla riflessione e al cambiamento, sia in ambito ecclesiale che sociale e scolastico, e questo può dare fastidio. Io non ho espresso giudizi sul giovane defunto o sulla preparazione del presule. Ho soltanto detto che alcuni simboli e alcune affermazioni, lungi dall’avvicinare alla fede, sono considerati come feticci e che la liturgia ha già la sua simbologia che si radica nel tempo. Le norme liturgiche sono state fatte proprio per evitare soluzioni “originali” che si adottano solo per le persone ricche e di successo e per compiacere il popolo degli ammiratori o dei tifosi. Piuttosto il vescovo “migliore” e biblista avrebbe potuto dire che le gare di certi sport sono di fatto “tentati suicidi” proprio perché l’alta percentuale di pericolosità comporta, ad ogni gara da cui si esce incolumi, uno scampato pericolo. Sono molto soddisfatto dell’ampio dibattito che si è aperto e che porterà un ulteriore cambiamento anche nei nostri funerali.

    2. cecilia

      Condivido in pieno il pensiero espresso da Don Lorenzo Blasetti. Pur nel pieno rispetto delle opinioni di tutti avrei preferito un invito alla speranza davanti alla morte di un ragazzo di 24 anni da parte del nostro giornale diocesano piuttosto che una polemica di questo genere.

  6. Lorenzo Blasetti

    “Effettivamente, nei sei anni in cui sono stato Direttore dell’Ufficio Scuola e nei due in cui sono Direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali il numero e la qualità delle iniziative hanno dato un consistente contributo alla riflessione e al cambiamento, sia in ambito ecclesiale che sociale e scolastico, e questo può dare fastidio”. Riporto questa frase del sig. Casciani e lascio il giudizio a chi la legge a proposito del senso del limite di chi scrive e di queste grandi trasformazioni che ci sarebbero state nella nostra chiesa e nella scuola (?!). In quanto a “Gesù” e “Vangelo” un “fedele cattolico” dovrebbe sapere che sono il fondamento e il nutrimento essenziale della fede cristiana… Purtroppo, ormai è una moda, in questa strana chiesa italiana e reatina si può essere cattolici senza essere cristiani….

  7. Stefano

    Astenendomi dall’aggiungere alcunché alle parole di Lorenzo Blasetti – non ne sono all’altezza e comunque non ce n’è bisogno perchè è tutto totalmente da sottoscrivere – la butto lì: ma non è che per caso anche l’altro indecoroso articolo “dedicato” agli sport motoristici (in occasione della morte di Georg Plasa) e firmato dalla generica “Redazione di Frontiera” è farina del sacco dell’ineffabile Casciani?
    Ci sono troppe affinità, soprattutto ideologiche, per far pensare il contrario, e soprattutto la stessa sprezzante e per niente cristiana spocchia espressa e peggio ostinatamente ribadita in occasione di questo “articolo”…

    1. Redazione Frontiera

      L’articolo su Plasa è firmato dalla redazione perché redatto a più mani e condiviso da più persone della stessa

  8. Daniele

    ciao, non vorrei intromettermi… ma queste due ultime polemiche mi sembrano davvero prevenute e gratuite… questi forse sono i veri limiti, essere prevenuti soprattutto su ogni attività di “questa strana chiesa italiana e reatina”

  9. Massimo

    Il canone 1176 del Codice di Diritto Canonico § 2 prescrive che le Esequie ecclesiastiche devono essere celebrate “a norma delle leggi liturgiche” e il canone 1181 “che – in esse – non si faccia alcuna preferenza di persone”.
    Il n° 20 del Rituale delle Esequie, riporta alla lettera il n° 32 della Costituzione del Concilio Vaticano II sulla Liturgia Sacrosanctum Concilium: “Nella celebrazione delle Esequie, tranne la distinzione derivante dall’ufficio liturgico e dall’Ordine sacro e tranne gli onori dovuti alle autorità civili, a norma delle leggi liturgiche, non si faccia nessuna distinzione di persone private o di condizioni sociali, sia nelle cerimonie che nell’ apparato esteriore”.
    Nel mio articolo ho espresso un’opinione personale suffragata da queste norme.
    Rispetto le opinioni di tutti, come quelle dell’illustre Simone Fioretti, anche se non le condivido in toto.
    Non per questo, sforzandomi di essere anche un buon cristiano oltre che cattolico, reagisco con impropèri o prendendo l’interlocutore a giornalate in faccia. Questi sì che non sono atteggiamenti cristiani, soprattutto da parte di chi legge il Vangelo tutti i giorni e consacra il Pane e il Vino.
    Anche per me Gesù e il Vangelo sono la fonte di ogni scelta, ma poco a parole e più con i fatti, al punto che chiunque viene a parlare con me non ha paura di essere redarguito o preso a male parole e dal mio viso non traspaiono mai i tratti dell’astio e del risentimento, come accade ad altri.
    Dopodiché, se questa Chiesa è “strana” e trascinata dal fango si può anche cambiare lavoro, se si è in grado di trovarne un altro, ma è il “luogo privilegiato” in cui Gesù e il Vangelo sono annunciati.
    Non capisco, poi, perché la libera espressione del pensiero debba suscitare reazioni violente e intolleranti, da rasentare il fanatismo, quando basterebbe semplicemente non dirsi d’accordo e avanzare argomentazioni.
    Ho ricevuto moltissime attestazioni di condivisione, fino a poco fa, ma vorrei che coloro che leggono frontierarieti.com esprimessero il loro parere. Anche così si cambia il mondo!
    Quanto al pezzo sulla tragedia umana e sportiva di Georg Plasa, l’articolo, come già detto in questa discussione, è stato redatto a più mani. Però è anche vero che gli argomenti che tanto hanno fatto discutere sono perlopiù miei.

  10. paola

    Sono veramente costernata nel leggere quanto ha scritto il prof. Casciani commentando il funerle di Simoncelli e soprattutto sono dispiaciuta che i suoi pensieri sono fondamento delle lezioni svolte in classe. Non credo che il Vescovo Francesco Lambiasi, certamente illuminato nell’omelia bella e piena d’amore per chi stava soffrendo, abbia consentito una deroga alla liturgia tanto scandalosa da offuscare la grande disponibilità nell’accogliere chi in quel momento aveva bisogno di essere amato e accettato per quello che era. Questo è il messaggio di Gesù : amare l’altro così come è e accettarlo come il Signore accetta noi ogni giorno. Anche durante la liturgia funebre del nostro amico Luca ( una delle vittime del terremoto dell’Aquila), il Suo e Nostro Vescovo ha consentito che un suo amico cantase la canzone in Inglese che Luca amava tanto. Anche allora il prof. Casciani si è scandalizzato tanto ? iInfine poteva almeno evitare di paragonare il giovane Marco ad un pornodivo !!

  11. marco tarquini

    come al solito sempre a soffermarci sulle minuzie delle norme, e ingoiamo i nostri cammelli, conosco anch’io Mons. Lambiasi grande Vescovo e Pastore, il quale ha fatto una omelia stupenda toccando il cuore di tutti… le moto al posto del cero? nella nostra diocesi se ne vedono e sentono di peggio.. quindi prima di andare a criticare le decisioni e la celebrazione fatta dal Vescovo Lambiasi, guardiamo alle celebrazioni di casa nostra e ce ne sarebbe da dire…

  12. Massimo

    Non so se Paola ha mai seguito le mie lezioni, nelle quali non insegno certo me stesso o il mio pensiero e durante le quali distinguo sempre la mia, eventuale, opinione personale – solo se richiesta – da ciò che è il contenuto delle religioni, compresa quella cristiana-cattolica.
    Noto risentimento e pregiudizio nel suo intervento, non so se la conosco, e questo è davvero preoccupante. Spero che la canzone in inglese del funerale di Luca sia stata cantata a conclusione del rito e non durante. Non ho paragonato il giovane Marco ad un pornodivo; ho solo detto che non è una scelta da incoraggiare quella secondo cui chiunque chiede qualsiasi cosa gli si deve concedere in nome del dolore. Quando si scrivono e si leggono le cose bisogna distinguere anche i “generi letterari”. Se non si rispettano le norme, allora, chi stabilisce cosa è di buon senso e di buon gusto? Quanto a ciò che scrive Marco, se è vero che da noi se ne sentono e se ne vedono di peggio, e ne ha la certezza, non deve far altro che rappresentarlo a chi di dovere. La sua affermazione è molto seria e grave, anch’essa preoccupante.

    1. paola

      Carissimo prof. Casciani ho espresso solo ciò che penso ma senza nessun risentimento nè pregiudizio che invece ho letto tra le righe del giornale. E poi chi più di un buon cristiano deve aiutare chi soffre ? Comunque stiamo tranquilli: nella chiesa reatina le norme lituegiche sono sotto controllo. Buona Domenica

  13. Lorenzo Blasetti

    Qui di preoccupante c’è solo che un tizio strumentalizza una pagina che dovrebbe essere “diocesana” per raccontare se stesso con una prosopopea spaventosa. Mi domando che cosa pensino quelli, cristiani e non, che, per disgrazia, dovessero leggere questa roba. Se il sig. Casciani vuole fare il censore si faccia un blog a nome suo, se lo paghi, e poi lo riempia di tutto quello che vuole. Ma per favore, c’è un limite a tutto… In quanto poi all’insegnamento della religione del sig. Casciani meglio sorvolare…

      1. Lorenzo Blasetti

        Già. Spiegatelo voi e fateci capire una volta per tutte se Frontiera è un giornale della diocesi, come ci è stato sempre detto, oppure di un gruppo di gente che scrive a briglia sciolta… Un enigma interessante se la redazione di Frontiera non conosce nemmeno il significato di “diocesana”!

  14. marco tarquini

    so bene che la mia affermazione è seria e grave, ma non credo di aver detto chissa cosa di nuovo, le liturgie che si celebrano delle parrocchie della nostra diocesi, sono tutte secondo le norme liturgiche? ci sono stati e ci sono gravi abusi, che vanno corretti, quindi ribadisco di cominciare a guardare a casa nostra prima di giudicare gli altri… come si celebrano da noi le messe? i funerali? i battesimi? i matrimoni ecc… non sempre secondo le norme… basterebbe seguire la lettera del nostro vescovo sulla liturgia ma si segue?

  15. Massimo

    “Diocesano” non è ciò che vogliono imporre una o due persone, ancorché preti, ma ciò che il vescovo, in comunione con tutte le componenti, propone alla Chiesa locale. Se vi sono idee minoritarie avanzate da alcuni si tengono nel debito conto, ma sono questi “alcuni” che si adeguano.
    «Frontiera» è il settimanale della nostra diocesi. Ciò vuol dire, tra le altre cose, che i parroci dovrebbero essere i primi abbonati e i primi a doverla diffondere tra i parrocchiani. Poi dovrebbero inviare i loro contributi e articoli. Sarebbero ben accolti ed avrebbero il giusto spazio. Ovviamente senza invettive e insulti alle persone o insinuazioni, come è solito fare qualche “prete a briglia sciolta”.
    Se alcune pubblicazioni o video-lezioni fossero state fatte da insegnanti di religione, sarebbe stata tolta loro l’idoneità all’insegnamento. E non è detto che certi documenti supereranno l’esame della Congregazione della Dottrina della Fede.
    Ci spiace per i nostri detrattori, ma ci leggono e apprezzano anche dalla foresta amazzonica. Lo testimonia una e-mail di alcuni giorni fa, arrivata in redazione dal cuore verde del Brasile. E perfino da laggiù vedono l’acredine e la presunzione, la superbia e l’aggressività di chi non è stato capace di controbattere nel merito e quindi non può far altro che attaccare la persona e fare allusioni all’attività di insegnante. Anche qui, se vi sono prove documentali e testimoniali, chi scrive si lascia volentieri sottoporre al procedimento canonico previsto; altrimenti si riserva di valutare se vi sono gli estremi per il reato di “diffamazione a mezzo stampa” art. 595 c.p.
    «Frontiera» è stata citata recentemente anche dal quotidiano «La Repubblica» (edizione del 30 ottobre 2011, a pag. 11) per la sua indagine sul sentimento di indignazione del nostro tempo: evidentemente qualcosa da dire lo abbiamo. La FISC (federazione italiana settimanali cattolici) considera la testata reatina “d’avanguardia”. Potrà spiacere a qualcuno, ma la nostra linea editoriale sta riscuotendo un consenso per molti versi imprevedibile, sia per la sua giovane edizione on-line (34,586 pagine lette al momento di pubblicare questa risposta) che in quella cartacea.
    Ma il successo non fa dello spazio web di «Frontiera» il sito diocesano. L’indirizzo di quest’ultimo è e rimane http://www.rieti.chiesacattolica.it.
    Lo spazio on-line che ospita anche questa discussione è soltanto del settimanale. Serve da espansione e integrazione all’edizione “solida”, soprattutto perché, proprio come sta accadendo in questa occasione, gli articoli “postati”, oltre a esprimere opinioni, possano suscitare dibattiti.
    Non abbiamo alcuna pretesa di fare comunicazione istituzionale. Quella si fa nel portale della diocesi e comunque senza disporre roghi alle persone per le loro idee. Si spera che alcuni, che si sentono marginalizzati in questa diocesi e che si danno arie da progressisti, non vogliano mettere il bavaglio ai redattori di Frontiera “a briglia sciolta”, solo perché le loro idee danno tanto, tanto fastidio.

    1. Lorenzo Blasetti

      Finalmente abbiamo capito che cosa significa “diocesana”. Grazie della spiegazione… Ribadisco: a tutto c’è un limite. A proposito: se qualche prete non è abbonato e non diffonde il “vostro” giornale, forse qualche motivo c’è…. In quanto alle idee che “danno tanto, tanto fastidio”, è proprio vero: ce ne sono, ma quante ce ne sono! Si tratta di vedere per quale motivo. Sull’insegnamento di religione: sorvolo… E adesso passo e chiudo, come si dice in gergo. Credo, infatti, che chiunque ha letto ha capito che il sig. Casciani non è colui che si è premesso di “mandare al rogo” un vescovo come Francesco Lambiasi, ma è un perseguitato perché “fedele cattolico”, “cristiano nei fatti e non a parole”, promotore di iniziative che hanno cambiato il volto della nostra chiesa locale, della scuola e della socità civile. Beati in perseguitati….

      1. Redazione Frontiera

        Sarebbe interessante se «il qualche motivo» che «c’è» per non abbonarsi, partecipare e diffondere «Frontiera» fosse finalmente esplicitato, così come sarebbe utile andare nel merito delle idee che «danno tanto, tanto fastidio».
        Tale apertura verrebbe certamente a vantaggio del giornale, che essendo “diocesano” vi sta sicuramente a cuore. Questo modo di lasciare tutto implicito, di lasciare il discorso appeso ai puntini di sospensione (come a dire «ah, se parlassi io, ma non mi ci abbasso!»)è assai stucchevole. Parlate pure, incontriamoci. Siamo pronti ad ascoltare, a riconoscere ogni manchevolezza e correggere il tiro se serve. Proporsi per la discussione sarebbe assai più produttivo del trincerarsi nell’indifferenza e nell’ostracismo. Migliorerebbe – questo sì – il profilo “diocesano” del giornale. Il nascondersi dietro il “non detto” invece, porta a sospettare che al di là dell’invettiva di argomenti ce ne siano pochi, ovvero che nel merito si ha poco (se non nulla) da dire.

  16. petrongari maria laura

    Non avevo letto le reazioni di lettori sul pezzo del Prof. Casciani in ordine all’evento funerale Simoncelli, perchè di un “evento” mediatico si è trattato . Per quanto mi riguarda ritengo che le chiese debbano essere solo il luogo della preghiera cioè del contatto tra il credente e Dio che si va ad adorare e luogo di ascolto della Parola che viene riferita dal sacerdotee naturalmente luogo di incontro della comunità ma sempre nella preghiera. Tutto deve essere ricondotto alla semplicità. E la spettacolarizzazione, gli eccessi di enfasi, le parate formali di persone in vari eventi ed anche nei funerali che spesso vanno senza capire e condividere con il Signore ( perchè la chiesa è il luogo di culto, la casa del Signore) il senso della morte e di una morte tragica, magari sopravvenuta nella ricerca di una grande successo perseguito accanitamente con atti di estremo pericolo per sè stessi, sono aspetti che dobbono restare fuori dalla chiesa. La morte riconduce sempre tutto all’essenziale.E non mi sembra che si possa esagerare.Quando il sacerdote incensa il feretro credo che ciò trovi motivazione nel fatto che la persona cristiana ha custodito in vita l’immagine di Dio e perciò si vuole riconoscere alla persona che ha lasciato le sue spoglie mortali una sorta di dignità superiore. Spero che le moto presenti accanto alla bara dello sventurato giovane, tra l’altro nella loro mole quasi soverchianti la bara stessa, non si siano giovate anch’esse della benedizione dell’incenso. Ciò perchè le moto sono state il mezzo di una morte prematura e violenta molto probabile visto che lo sport praticato dal giovane includeva il massimo rischio di vita. Perciò dovremmo , secondo me, liberarci di una visione quasi pagana dei funerali che spesso hanno una forma ed un valore per chi resta e vi partecipa quasi liberatorio di colpe proprie più che pensare ad esempio se si è data testimonianza di lealtà e fraternità alla persona defunta finchè è stata in vita! Perciò cerchiamo di essere più concreti nell’espressione della nostra religiosità la quale deve sempre essere coerente con la fede che è cosa più profonda. In conclusione la riflessione che propose il prof. Casciani è molto utile per andare in profondità su certi temi.
    Maria Laura Petrongari

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