“La porta rossa”: tra poliziesco e romance

Non solo “Il commissario Montalbano”, “Che Dio ci aiuti” o “Braccialetti Rossi”, grandi successi per Rai Uno. Rai Fiction scommette anche su nuove serie programmate sulla seconda e terza rete. Obiettivo agganciare il pubblico giovane che guarda a Sky o Netflix

Dal 22 febbraio 2017 – inizialmente con un doppio appuntamento settimanale, mentre dal 1° marzo solamente di mercoledì – è in onda la nuova serie Rai “La Porta Rossa” diretta da Carmine Elia e firmata da Carlo Lucarelli insieme a Giampiero Rigosi, una produzione Rai Fiction e Velafilm. La serie in sei puntate (dodici gli episodi), con Lino Guanciale, Gabriella Pession e Valentina Romani, viene proposta come una sperimentazione, per le modalità di scrittura, genere e tecniche di ripresa, in onda su Rai Due in base a una strategia di programmazione precisa: avvicinare pubblico giovane o in generale quello dai gusti televisivi più ricercati. Su tre puntate trasmesse, gli ascolti – oltre 3 milioni di spettatori e circa il 13% di Share – sembrano andare decisamente nella direzione giusta, con un buon apprezzamento anche di critica. La serie ha già un accordo di distribuzione internazionale con StudioCanal (Canal+).

“Ghost” italiano firmato Carlo Lucarelli

Sono stati citati diversi archetipi cinematografici e televisivi della serie “La Porta Rossa”: da “Ghost. Fantasma” (“Ghost”, 1990) di Jerry Zucker con Patrick Swayze, Demi Moore e Whoopi Goldberg (premio Oscar per il ruolo della medium Oda Mae Brown) al “Sesto senso” (“The Sixth Sense”, 1999) di M. Night Shyamalan con Bruce Willis e Haley Joel Osment; così come lo sceneggiato Rai “Il segno del comando” (1971) diretto da Daniele D’Anza con Ugo Pagliai, ma anche la recente miniserie britannica, in onda sulla BBC, “River” (2015) ideata da Aby Morgan con Stellan Skarsgård.

Ma veniamo alla trama. Leonardo Cagliostro (Lino Guanciale) è un commissario di Polizia a Trieste, intuitivo e solitario, abbastanza riluttante alle regole. È sposato con il magistrato Anna Mayer (Gabriella Pession) e ha un’amicizia di ferro con il vicequestore Stefano Rambelli (Antonio Gerardi), che guida la squadra investigativa della città. Sulle tracce di un narcotrafficante Cagliostro viene ucciso in un agguato; al momento della morte, però, il protagonista rimane bloccato nel mondo dei vivi, non varcando una “porta rossa”, al di là della quale c’è un’intensa fonte luminosa. Cagliostro ha capito, ha intravisto, che la moglie Anna è in pericolo, che è minacciata dalla stessa mano che lo ha ucciso, e così rimane a proteggerla. Ma come fare se si è morti? Cagliostro si imbatterà in una giovane adolescente, Vanessa (Valentina Romani), l’unica in grado di interagire con lui; e sarà pertanto lei che aiuterà il commissario scomparso nelle sue indagini.

Certo, quello che si coglie maggiormente ne “La Porta Rossa” è il rimando evidente al film “Ghost”, nello specifico per la costruzione dei personaggi e per una parte dell’impianto narrativo della storia: il protagonista che muore all’incipit della vicenda, che rimane poi bloccato tra i vivi per salvare la propria moglie e, inoltre, il legame con la medium. Messo in questi termini, sembra un lavoro di fatto banale, sviluppato su un canovaccio già visto. In realtà, la serie trova un proprio specifico narrativo, riuscendo a tenersi lontana da possibili scivoloni nel ridicolo (il genere soprannaturale richiede scrittura e principalmente effetti speciali credibili, dunque un budget significativo).

Ne “La Porta Rossa”, oltre al fatto che il protagonista sia morto e che ci sia l’interazione con una medium, la storia prende in realtà la piega del giallo, del giallo poliziesco. La narrazione si concentra, infatti, sulle indagini che la squadra di Polizia – il gruppo di lavoro di Cagliostro – fa sulla morte del collega; indagini che compie parallelamente anche la moglie Anna, come magistrato. Ma non c’è solo questo. Come nei migliori gialli, i personaggi non sono piatti, ma sfaccettati, con il proprio vissuto complesso alle spalle; pertanto i poliziotti del gruppo sembrano celare tutti dei misteri, degli irrisolti nel proprio passato. Tra di loro probabilmente c’è l’assassino, il traditore che non ha esitato a uccidere Cagliostro.

Ancora, a rafforzare la linea narrativa della serie (e ad attirare più pubblico) è presente la componente romance, il mélo familiare: Cagliostro ama la moglie Anna, fa di tutto per proteggerla, ma tra di loro ci sono dei graffi nell’animo, dei silenzi rimasti ingombranti, che hanno rischiato di far saltare il loro legame. Di pari passo con le indagini, assistiamo così a numerosi flashback sulla storia d’amore tra i due protagonisti, istantanee che vanno dalla tenerezza dei primi incontri ai conflitti degli ultimi giorni. “Ne ‘La Porta Rossa’ – hanno dichiarato gli autori – è ‘fantasma’ tutto ciò che sta nel passato e che non riusciamo a dimenticare. Sono ‘fantasmi’ anche gli errori commessi, quelli con i quali non abbiamo fatto pace e quelli che invece avremmo preferito commettere. ‘Fantasmi’ sono anche le persone che ci vivono accanto, ma di cui non abbiamo altro che un’immagine fugace e superficiale, quella che decidono di mostrarci o l’unica che siamo interessati a vedere”.

Sono quindi queste due piste narrative, ovvero il poliziesco e il mélo familiare, a proteggere la storia dalle derive, con il conseguente rischio di smarrimenti di credibilità e di pubblico. L’operazione sembra funzionare molto bene, sotto il profilo degli ascolti. Il prodotto piace, è seguito con un buon trend, con share superiore al 13% nelle prime tre puntate, un risultato di fatto ottimo per Rai Due. Dal punto di vista della regia, Carmile Elia (“Ho sposato uno sbirro”, “La dama velata”, “Il sistema”) fa un buon lavoro, unendo la tensione e l’adrenalina del poliziesco a momenti più introspettivi dei personaggi, che si muovono nello scenario di una Trieste suggestiva, dalle tinte livide, ritratta quasi sempre dal tramonto alla notte. Il cast è, poi, convincente, con attori in parte; oltre a Guanciale, Pession, Romani e Gardi, sono da citare Fausto Sciarappa, Elena Radonicich, Ettore Bassi, Gaetano Bruno, Cecilia Dazzi e Alessia Barela.

La Rai in cerca del pubblico amante delle serie di Sky e Netflix

Per allargare la platea televisiva, la Rai con Rai Fiction, da un lato sta consolidando i propri prodotti di punta, che gli permettono di mantenere grandi ascolti soprattutto sulla rete ammiraglia, Rai Uno, come i citati “Il commissario Montalbano” (oltre 40% di Share), “Che Dio ci aiuti”, “Braccialetti Rossi”, “Un passo dal cielo”, dall’altro sta varando nuove fiction pensate per Rai Due e Rai Tre. È il caso de “La Porta Rossa” e “Rocco schiavone” su Rai Due, così come “Non uccidere” su Rai Tre (quest’ultima ha avuto delle buone critiche, ma ha attirato meno pubblico; è prevista comunque una nuova stagione nel 2017). Obiettivo è quello di differenziare la programmazione, mettendo prodotti meno mainstream, con temi più complessi e problematici, sulle altre due reti, con un bacino di ascolto altro, puntando a un pubblico più giovane e più formato. Certo, siamo lontani dalle serie angloamericane – che vantano però ben altri budget -, ampiamente distribuite dalle formule in abbonamento pay come Sky e Netflix, ma possiamo dire che “La Porta Rossa” si configura (almeno nelle puntate andate in onda fino a ora) come un buon prodotto, dalla chiara vocazione internazionale, con soluzioni narrative e stilistiche ricercate, non banali.

Sergio Perugini