La politica della nastrìte

Sta per venire l’autunno, forse piovoso, forse secco. Poco importa. Ma i pozzetti di deflusso delle acque piovane a Rieti sono sature di terra, rifiuti e cicche.

In via Roma, in tutte le vie del centro, quando pioverà l’acqua non troverà sfoghi se non le vie stesse da cui scenderanno ettolitri di “liquido celeste”.

Possibile che nessun consigliere comunale di maggioranza e minoranza se ne accorga? Non è peggiore questa mancanza di cura che un po’ di erba alta sui cigli delle strade?

Possibile che dirigenti e collaboratori ecologici non vedano questi tombini tutti otturati e, quindi, inutili?

La politica, locale e nazionale, sembra concentrata su altro. Tutte cose impellenti e sacrosante, è vero, ma manca l’aggancio con la realtà, il dialogo con i cittadini, il confronto serrato sulla risoluzione dei problemi più scottanti ed urgenti, molto pratici.

La commedia della elezione dei giudici costituzionali è una delle tante perdite di tempo; le proteste dei magistrati per la riduzione della chiusura estiva dei tribunali li qualifica come avulsi dalla realtà e solo determinati a conservare privilegi che potrebbero crollare in blocco se persiste l’incapacità di scelte radicali; le proteste della Cgil per la riduzione dello stipendio dei commessi della Camera, da quello che si legge in giro qua e là, ci fa capire tante cose.

La scarsa incisività dei tentativi di salvare i siti produttivi nel nostro territorio fa pensare; il balletto penoso sulla sanità fa venire la pelle d’oca.

La soluzione viscida del salvataggio delle province ci fa mancare il terreno sotto i piedi.

L’annuncìte, l’hanno chiamata così loro stessi, la mania di annunciare grandi manovre salvo poi tornare indietro, o rattoppare alla meno peggio scelte scellerate è la vera occupazione dei politici, ma ne hanno dimenticata una: la nastrìte, la mania di tagliare nastri e fare inaugurazioni. Sarebbe come se durante un terremoto o un’alluvione ci mettessimo a lustrare gli argenti o a spolverare i cristalli.

In effetti annuncìte e nastrìte sembrano nomi di malattie gastrointestinali, e ci prendono allo stomaco quando vediamo che non sortiscono neppure lontanamente qualche risultato concreto per la vita dei cittadini.

C’è una spiegazione a tutto ciò? Forse sì! La convinzione della classe politica e dirigente del nostro Paese che tanto poi tutto si aggiusta, l’economia riprenderà il suo corso, lo Stato sbloccherà i fondi, l’Europa sarà meno severa e non servirà toccare categorie protette, stipendi da favola, privilegi immotivati.

Non ci sono ricette e tutti lo sappiamo, ma uno stile di vita più sobrio, una serietà che nasca soprattutto dalla consapevolezza della povertà di tanta gente che non ha risorse perché ha perso il lavoro, ha chiuso l’attività, ha tirato i remi in barca.

Per i princìpi di solidarietà e di sussidiarietà, che vogliono entrambi che chi ha di più ci rinunci, per dare a chi ha di meno, soprattutto in momenti di difficoltà, non dovrebbero valere né pretese sindacali, né null’altro. E fare scelte corali e veloci per salvare il salvabile.

Utopia pura, ma vale la pena crederci e lavorare perché ciò avvenga.

Se si realizzasse ciò sarebbe come sturare i tombini e non temere allagamenti e cataclismi apocalittici!