Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo

“Perché Dio si è fatto uomo?” (“Cur Deus homo” è il titolo di un famoso libro di S. Anselmo d’Aosta). Nella sua brevità e semplicità, il canto degli angeli “Gloria a Dio e pace agli uomini” ci permette di dare una risposta, fondata sulla Parola di Dio, all’antica questione del perché Dio si è fatto uomo. A questa domanda sono state date, lungo i secoli cristiani, due risposte fondamentali: una che mette in primo piano la salvezza dell’uomo e un’altra che mette in primo piano la gloria di Dio; una che accentua – per esprimerci con le parole del canto degli angeli – la “pace agli uomini” e una che accentua “la gloria di Dio”. La risposta che emerge luminosa e chiara dalla Parola di Dio è la seguente: l’Incarnazione è per la gloria di Dio, ma questa gloria non consiste altro che nell’amare l’uomo. “La gloria di Dio – scrive S. Ireneo di Lione – è l’uomo vivente”, cioè che l’uomo viva, che sia salvato. Anche la pietà cristiana ha intuito questo legame tra la gloria di Dio e la nostra salvezza, quando, sviluppando il canto angelico, prega dicendo: “Ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa” (il “Gloria” della Messa). Perché rendere “grazie” a Dio per la sua “gloria” se non perché si intuisce che tale gloria è anche per noi, a nostro favore? In noi che siamo cattivi, agire “per noi stessi” è sommo egoismo, ma in Dio che è Amore, agire “per se stesso” è necessariamente sommo Amore. Non ci sono dunque due motivi diversi o, peggio, in contrasto tra loro per cui Dio si è fatto uomo, ma uno solo che coinvolge insieme, in modo diverso, Dio e l’uomo: la gloria di Dio sta nel dare quello che, per l’uomo, è salvezza ricevere. Anche Giovanni, nel suo Vangelo, mette in luce questa concezione nuova e sconvolgente della gloria di Dio. Egli vede nella morte in Croce di Cristo la suprema gloria di Dio, perché in essa si rivela l’Amore supremo di Dio. Per un Dio che è Amore, la sua gloria non può consistere in altro che nell’amare. L’amore è il “perché” ultimo dell’Incarnazione, per la redenzione dal peccato. Lo vediamo nell’interpretazione della morte di Cristo. Dapprima la fede afferma il fatto: “è morto”, “è risorto”; poi, in un secondo momento, si scopre che è morto per i nostri peccati e risorto per la nostra giustificazione: perché ci amava! “Mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,20). Cristo ci ama e, per questo: “A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue … a lui la gloria e la potenza nei secoli” (Ap 1,5-6). Quello che si dice della sua morte si deve anche della sua nascita: Dio ci ama e per questo si è fatto uomo per la nostra salvezza. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Ha dato il suo Figlio!

(da: I Misteri di Cristo nella vita della Chiesa)

Per gentile concessione della casa editrice Ancora.