Per la crisi ucraina tre sbocchi possibili

Nei prossimi giorni o addirittura nelle prossime ore, capiremo quale fra queste strade imboccherà il Paese: il ristabilimento dell’ordine da parte del governo; l’accettazione delle richieste dell’opposizione; la guerra civile.

Siamo ormai giunti a un punto di svolta nella crisi Ucraina. Da circa due mesi a Kiev si susseguono dimostrazioni di piazza contro il presidente Yanukovich e ormai la violenza è esplosa nelle strade della capitale. Ai molti arresti effettuati nel corso delle settimane, si devono adesso sommare centinaia di feriti e almeno cinque morti fra i manifestanti, più uno fra le forze di polizia. La situazione è molto tesa e non potrà restare tale per molto tempo. Tre sono i possibili sbocchi per i prossimi giorni, se non per le prossime ore: il ristabilimento dell’ordine da parte del governo; l’accettazione delle richieste dell’opposizione; la guerra civile.

L’ondata di proteste, che aveva inizialmente un forte connotato europeista ed era scattata in seguito alla decisione di Yanukovich di non firmare il patto di associazione fra Ucraina e Unione Europea, ha ormai assunto le classiche caratteristiche di una rivolta antigovernativa. L’ancoraggio al sistema Ue era certamente importante per l’opposizione, ma soprattutto perché vi intravedeva una via per uscire dalla sfera di influenza russa e per riformare le istituzioni politiche e giudiziarie ucraine, accusate di essere corrotte, scarsamente democratiche e asservite a un’oligarchia. Dopo due mesi di totale chiusura verso le istanze della piazza, le tematiche europee sono ormai scivolate in secondo piano e le richieste dei manifestanti si concentrano sulle dimissioni del presidente e sull’indizione di elezioni anticipate. Neppure il tentativo effettuato pochi giorni fa da Yanukovitch di sacrificare uno dei suoi più stretti collaboratori offrendo ai leaders dell’opposizione i posti di premier e vicepremier ha accontentato questi ultimi, che comprensibilmente vogliono essere legittimati dal consenso popolare attraverso una tornata elettorale democratica e trasparente.

Per capire se scoppierà un conflitto, è necessario tenere d’occhio quattro fattori. Prima di tutto, le scelte che compirà il presidente. Essendo lui stesso il centro delle critiche, da lui dipende in gran parte la direzione della svolta. La Russia di Putin mantiene la capacità di esercitare forti pressioni economiche sull’Ucraina, ma non può imporre con la forza il presidente, anche se alcune fonti sostengono che personale russo sarebbe già presente in Ucraina per aiutare il governo a riprendere il controllo della situazione. Ad ogni modo, se l’opposizione non si farà intimidire, la Russia non potrà esporsi troppo e probabilmente preferirà giocare le proprie carte sul medio periodo. In secondo luogo, è necessario capire cosa succederà nell’est del Paese, dove risiede una rilevante minoranza russa. Se la rivolta prenderà piede anche in quelle regioni, sarà difficile per il governo resistere e l’eventualità di una guerra civile si allontanerà; se invece il paese dovesse spaccarsi, il conflitto potrebbe davvero scoppiare. Al momento sembra che anche a est l’opposizione stia aumentando, ma non ancora in modo sufficiente. Il terzo fattore da considerare sono le forze armate. Se si spaccassero, la guerra civile sarebbe molto probabile, ma al momento non si notano segni di cedimento, anche se questa non sembra una buona notizia per l’opposizione nel breve periodo. Ultimo fattore rilevante è la disponibilità di armi. Ad oggi i manifestanti non ne sono dotati, anche se l’ex ministro della difesa Gritsenko ha invitato chi ne avesse a casa a portarle in piazza a scopo difensivo. Le elezioni anticipate con la possibilità per Yanukovitch di ricandidarsi potrebbero essere una soluzione, ma servirebbe un mediatore credibile per arrivarci.