Passa attraverso le garanzie ad Assad la pace in Siria

Janiki Cingoli, direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente (Cipmo), analizza gli interessi dei partecipanti al tavolo svizzero: “La questione centrale è se si riesce a trovare un’intesa tra una parte dell’entourage di Assad e di quello degli oppositori così da creare equilibrio tra le fazioni più estremiste dei due contendenti e dare le necessarie garanzie ad Assad e alla sua famiglia”.

Il vertice internazionale sulla Siria di Montreux come il libro di Italo Calvino, “Il castello dei destini incrociati”, in cui personaggi di diverse regioni del mondo raccontano le loro avventure, ma, non riuscendo a parlare, usano i tarocchi per narrarle. La sequenza delle carte come quella dei racconti darà vita ad una serie infinita di storie ognuna delle quali s’intersecherà con le altre, incrociando i destini dei vari personaggi. È un po’ quanto è accaduto a Montreux il 22 gennaio, dove 45 delegazioni da tutto il mondo si sono riunite per trovare una possibile soluzione diplomatica alla guerra che finora ha mietuto oltre 130mila morti e milioni di sfollati e rifugiati. La conferenza, detta “Ginevra 2”, nella quale sono stati ascoltati ben 45 discorsi, non sembra aver prodotto particolari risultati. I colloqui non sono stati semplici con scambi di accuse tra le parti. Giungere a una pace negoziata appare difficile, anche se dalle principali diplomazie trapela una certa speranza per il prosieguo dei negoziati che già oggi riprenderanno nella sede Onu di Ginevra. Nel tavolo siriano, come nel libro di Calvino, i vari personaggi giocano le loro carte: Russia, Usa, Cina, Arabia Saudita, Qatar e molti altri ancora. Destini che s’incrociano e alleanze che mutano. Il rischio è vanificare ogni sforzo di pace.

Un vertice inutile? “Quando si parla e non si spara è sempre meglio”, risponde Janiki Cingoli, direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente (Cipmo). “È altamente positivo che per la prima volta ci siano dei colloqui ufficiali tra regime e opposizione”. “Assistiamo – spiega – a una fase di stallo che vede il regime di Assad sempre più forte, grazie anche all’aiuto di Hezbollah, col quale è riuscito a bloccare l’avanzata degli insorti. Le potenze occidentali che sostenevano gli insorti ora mostrano più freddezza poiché si sono rese conto che frange ribelli stavano preparando le basi per uno Stato qaedista”.

Che vertice è stato quello di Ginevra 2?

“Direi che si è trattato di un vertice di passaggio in cui ci sono elementi di novità importanti da sottolineare: primo fra tutti il fatto che gli insorgenti non qaedisti abbiano accettato di parlare in presenza della delegazione del regime di Assad e viceversa. Da sottolineare, inoltre, il fatto che sia emersa, in particolare tra Russia, America e Cina, una volontà comune di trovare una soluzione alla crisi. C’è poi la concomitante marcia di avvicinamento degli Usa all’Iran, anche sul piano dell’accordo sulle armi atomiche. Pur non considerando matura la presenza dell’Iran a Montreux, poiché avrebbe impedito la presenza dell’opposizione, gli Usa si sono mostrati possibilisti sul fatto che la delegazione iraniana potesse essere presente a latere della Conferenza”.

Ginevra 2 ha sancito, di fatto, nuove alleanze?

“Rispetto alla sua alleanza esclusiva con l’Arabia Saudita e con la parte sunnita, in funzione anti-Iran, gli Usa si stanno accorgendo che proprio l’Arabia e il Qatar stanno finanziando i gruppi jihadisti e questo non piace molto. Per questo motivo si domandano se l’Iran possa essere, rispetto a questo processo, un elemento di stabilizzazione regionale e non di perturbazione. L’incontro in Libano, qualche mese fa, attraverso Londra, tra Usa e Hezbollah, lo sta a testimoniare. Hezbollah, infatti, era stato determinante nel ricacciare in Libano le infiltrazioni di gruppi qaedisti, finanziati dai sauditi”.

Nel suo intervento a Montreux il segretario di Stato Usa, John Kerry, è tornato a parlare di opzione militare. Cosa ne pensa?

“Un’affermazione non molto realistica perché gli Stati Uniti non hanno né voglia né, forse, possibilità di un intervento militare. Credo che il contesto non vada nella direzione di un intervento militare. La questione centrale è se si riesce a trovare un’intesa tra una parte dell’entourage di Assad e di quello degli oppositori così da creare equilibrio tra le fazioni più estremiste dei due contendenti, e dare le necessarie garanzie ad Assad e alla sua famiglia affinché lasci il potere attraverso una via di uscita di tipo yemenita. Ma è tutto molto difficile”.

Oggi le due parti contendenti tornano a incontrarsi a Ginevra insieme al negoziatore Brahimi. Ritiene possibile, in questa sede, un accordo sulla creazione di corridoi umanitari per dare aiuto alla popolazione stremata dalla guerra?

“Ci vorrebbe un cessate-il-fuoco totale ovunque. Assad non è disponibile e nemmeno i ribelli sono entusiasti perché temono che questo significhi dover rinunciare alle roccaforti che hanno conquistato. Potrebbero esserci delle tregue umanitarie, come già avvenuto, e che possono essere ampliate”.

In questa fase negoziale appare all’angolo la Turchia, altro storico alleato Usa…

“Senza mettere in discussione questa alleanza, va detto che la Turchia è stata uno dei kamikaze in Siria e ora paga con la presenza di gruppi qaedisti dentro le sue frontiere. Non è certo la Turchia che può essere un elemento di pacificazione nella regione. Aveva scommesso sulla rapida caduta di Assad, così come l’Arabia Saudita, e ha perduto”.