Pagare per sposarsi in Comune? Meglio gratis per i meno abbienti!

Pagare per sposarsi in Comune a Rieti? Perché invece non garantire la gratuità almeno alle fasce meno abbienti e recuperare i “mancati incassi” dando la possibilità alle tante location bellissime presenti nel nostro Comune di diventare “case comunali” attrattive anche turisticamente?

L’idea mi è venuta mettendo insieme due eventi di questi giorni: la delibera di giunta n. 90 del 24 aprile 2013 pubblicata a giugno all’albo pretorio del Comune di Rieti che fissa le tariffe per l’utilizzo della Sala Consiliare comunale per la celebrazione dei matrimoni civili (con tutte le polemiche conseguenti che sono rimbalzate su facebook e sulla stampa) e le peripezie della proprietaria di una villa storica di Rieti che ci ha raccontato di aver chiesto per mesi (finora invano) prima alla precedente amministrazione e poi a questa di farsi “accreditare” come Casa Comunale per la celebrazione di matrimoni civili.

Certo, in merito alla delibera comunale le cifre non sono esagerate durante la settimana: la sala consiliare è infatti gratis dal lunedì al venerdì mattina, mentre i pomeriggi (anche stranamente in quelli in cui è previsto il rientro dei dipendenti in ufficio, ossia martedì e giovedì) costa 50 euro.

Però, diciamolo, è nei giorni di sabato e domenica che molti sognano di poter celebrare il proprio matrimonio, con la possibilità di invitare amici, parenti, spesso anche da posti lontani. Ed ecco che la cifra in questi casi sale: 75 euro per il sabato mattina, 100 euro per il sabato pomeriggio e ben 200 euro per la domenica mattina.

Eppure in molti Comuni, ed ancora una volta ricorrono nella lista quelli “virtuosi”, ci si è attrezzati unendo l’utile (ossia il recupero delle somme che servono per pulire e riscaldare le case comunali) al dilettevole (se dilettevole si puo’ intendere il ritorno economico e turistico per il territorio, oltre che di immagine per il Comune, dovuto ad un momento indimenticabile, quello della celebrazione del proprio matrimonio).

Come ci si è mossi? Attraverso un semplicissimo bando, che spesso ha anche preso nomi evocativi come “Bando Massarosa Romantica – Matrimoni in villa” o altri con i quali i Comuni hanno pubblicato la possibilità per proprietari di ville storiche, edifici di pregio o anche agriturismi, di stipulare un contratto di comodato d’uso gratuito con il Comune al fine di consentire nella propria dimora la celebrazione di matrimoni civili.

Ovviamente in queste location i prezzi salgono, ma il territorio diventa più attrattivo perché sappiamo bene che il matrimonio è uno di quei riti per i quali, anche in tempi di crisi, non si bada a spese, almeno per chi può permetterselo. Perché quindi non dare questa possibilità di incremento del proprio reddito agli operatori economici del Reatino?

Perché non sfruttare l’indotto turistico di questa operazione (molti Comuni l’hanno misurato, con risultati sorprendenti) che potrebbe portare anche tanti stranieri, oltre che i vicinissimi abitanti della Capitale, a celebrare il proprio matrimonio nel nostro territorio senza dimenticare i tanti reatini che vivono all’estero?

Insomma, ecco un’altra azione a costo zero per l’amministrazione, anzi con un potenziale guadagno sia per il Comune (ossia la tariffa per le spese comunali sostenute per spostare l’ufficiale di stato civile, ecc., così come fatto ad esempio dal Comune di Capannori) sia per i titolari delle ville storiche, gli edifici pregiati e gli agriturismi reatini per l’affitto delle loro strutture, e con soddisfazione sia per coloro che sognano di dare uno sfondo più romantico al loro matrimonio sia per chi vuole sposarsi in Comune e basta, ma senza pagare. Basta la volontà.

One thought on “Pagare per sposarsi in Comune? Meglio gratis per i meno abbienti!”

  1. Naz

    Appoggio pienamente la proposta di Paola e mi permetto di aggiungere anche una considerazione di interesse ecclesiale… Perché, direte voi, che interesse può avere la Chiesa nel parlare di matrimoni civili? Be’, secondo me il diffondere la possibilità di location esteticamente e sentimentalmente attraenti, per la celebrazione del rito nuziale, sarebbe positivo per una (pur parziale) selezione dei matrimoni religiosi cattolici, dato che purtroppo per molti quella di sposarsi in chiesa è una scelta dettata non da motivazioni spirituali serie e autentica fede nel sacramento, ma unicamente da ragioni, appunto, estetiche e sentimentali. Una “sana concorrenza” da parte di luoghi “laici” ma meno anonimi di un municipio (per quanto decorosa sia la nostra sala consiliare affrescata dal Calcagnadoro) a mio modesto avviso potrebbe, almeno in parte, mettere un freno alle usanze del matrimonio religioso puramente “esteriore”: certo, le scelte fatte per pura tradizione e conformismo da parte di qualcuno resterebbero ugualmente, a prescindere dal discorso location, ma chissà che non venga pian piano a crearsi la moda del matrimonio “chic”, quello magari tutto in villa o in agriturismo elegante, con cerimonia all’americana, magari sotto il gazebo all’aperto in un parco stessa location del ricevimento (cosa che per il rito religioso non è possibile: in passato qualcuno lo fa fatto, ma poi giustamente l’autorità ecclesiastica ha tassativamente vietato matrimoni in cappelle private o addirittura fuori dal luogo sacro!)… Insomma, una moda che andrebbe a sopraffare quella della tradizione delle nozze in chiesa, che aiuterebbe a limitare i matrimoni religiosi a coloro che compiono una scelta spiritualmente più consapevole, evitando così il proliferare di matrimoni sacramentalmente nulli in partenza che tanti parroci e collaboratori percepiscono in modo evidente essere tali ma che sono obbligati ugualmente a celebrare e animare, con la tristezza di doversi prestare a tali finzioni senza poter farci nulla…

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