Otto criteri affidati ai vescovi per “discernere” i carismi autentici

Pubblicata la lettera della Congregazione per la Dottrina della fede sulla relazione tra doni gerarchici e carismatici, definiti “coessenziali”. Nella Chiesa non c’è opposizione tra Chiesa “dell’istituzione” e Chiesa “della carità”. Otto criteri affidati ai vescovi per il  “discernimento”: serve “accompagnamento” lungo tutto il processo di verifica. Il “caso” della vita consacrata. Il cardinale Muller: “La Chiesa non è un Parlamento”. Superato “il vecchio tempo delle battaglie”, la direzione è la “Chiesa in uscita” di Papa Francesco

“Superare le contrapposizioni” tra doni gerarchici e doni carismatici, perché “la Chiesa non è un Parlamento”. Presentando ai giornalisti la lettera della Congregazione per la dottrina della fede, Iuvenescit Ecclesia, inviata ai vescovi sulla relazione tra doni gerarchici e carismatici per la vita e la missione della Chiesa, il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto del dicastero pontificio, ha sintetizzato in questi termini l’intento di fondo del nuovo documento, la cui elaborazione è cominciata nel 2000. “Il vecchio tempo delle battaglie è terminato”, ha detto il cardinale a proposito del tema della lettera: la direzione verso cui camminare è la “sinodalità”, indicata da Francesco come la cifra del suo pontificato. “Unirci per una Chiesa in uscita”, la consegna da raccogliere, verso un mondo “in cui tanta gente non conosce Dio e non ha nessun orientamento nella vita”.

I doni gerarchici e i doni carismatici sono “coessenziali” alla vita della Chiesa, “perché concorrono insieme a rendere presente il mistero di Cristo e la sua opera salvifica nel mondo”, l’assunto di fondo. Non bisogna opporre una Chiesa “dell’istituzione” ad una Chiesa “della carità”.  

La pubblicazione della Lettera – datata 16 maggio 2016, Solennità di Pentecoste – è stata ordinata da Papa Francesco il 14 marzo scorso, nell’udienza concessa al cardinale Müller. Nel documento, 32 pagine suddivise in cinque capitoli e 24 paragrafi, si intende “richiamare, alla luce della relazione tra doni gerarchici e carismatici, quegli elementi teologici ed ecclesiologici la cui comprensione può favorire una feconda e ordinata partecipazione delle nuove aggregazioni alla comunione e alla missione della Chiesa”. Il punto di riferimento principale del testo – che contiene numerose citazioni di testi conciliari e del magistero di San Giovanni Paolo II – è l’Evangelii Gaudium di Papa Francesco:

“L’invito ad essere Chiesa ‘in uscita’ – si legge nell’introduzione – porta a rileggere tutta la vita cristiana in chiave missionaria. Il compito di evangelizzare riguarda tutti gli ambiti della Chiesa: la pastorale ordinaria, l’annuncio a coloro che hanno abbandonato la fede cristiana e in particolare coloro che non sono mai stati raggiunti dal Vangelo di Gesù o che lo hanno sempre rifiutato”. In questo “compito imprescindibile di nuova evangelizzazione”, per la Congregazione per la dottrina della fede “è più che mai necessario riconoscere e valorizzare i numerosi carismi capaci di risvegliare e alimentare la vita di fede del popolo di Dio”, a patto perà che siano dotati del requisito della “maturità ecclesiale”.

“Riconoscere l’autenticità del carisma non è sempre un compito facile, ma è un servizio doveroso che i pastori sono tenuti ad effettuare”.  È il passo della lettera in cui si richiama al “discernimento”, compito “di pertinenza dell’autorità ecclesiastica”, e si elencano otto criteri per riconoscere un dono carismatico autentico: “Primato della vocazione di ogni cristiano alla santità; impegno alla diffusione missionaria del Vangelo; confessione della fede cattolica, in obbedienza al magistero della Chiesa; testimonianza di una comunione fattiva con tutta la Chiesa, attraverso una relazione filiale con il Papa e con il vescovo; riconoscimento e stima della reciproca complementarietà di altre componenti carismatiche della Chiesa; accettazione dei momenti di prova nel discernimento dei carismi; presenza di frutti spirituali quali carità, gioia, pace e umanità”. Ultimo criterio, la “dimensione sociale dell’evangelizzazione”, che sulla scorta della dottrina sociale della Chiesa parte dalla consapevolezza che “la preoccupazione per lo sviluppo integrale dei più abbandonati della società non può mancare in una autentica realtà ecclesiale”. L’autorità ecclesiastica, la raccomandazione preliminare, deve “essere consapevole della effettiva imprevedibilità dei carismi suscitati dallo Spirito Santo”. “Si tratta di un processo che si protrae nel tempo e che richiede passaggi adeguati per la loro autenticazione, passando attraverso un serio discernimento fino al riconoscimento ecclesiale della loro genuinità”: di qui la necessità di un

“accompagnamento” da parte dei pastori, “in tutto l’itinerario di verifica”.

“Da una parte, i doni carismatici sono dati a tutta la Chiesa; dall’altra, la dinamica di questi doni non può che realizzarsi nel servizio di una concreta diocesi”. È quanto si precisa nella lettera a proposito della

“imprescindibile e costitutiva relazione tra Chiesa universale e Chiese particolari”, in cui “è costitutivo il riferimento all’autorità del successore di Pietro”.

A questo proposito, nel documento si cita “il caso della vita consacrata”, che “non è una realtà esterna o indipendente dalla vita della Chiesa locale”, e non deve essere percepita “come una sorta di contropotere per i vescovi”, ha ammonito il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, in conferenza stampa. “Non si tratta – ha precisato – della prassi di livellare le differenze tra i doni gerarchici e quelli carismatici, ma  di integrare meglio i carismi variegati della vita consacrata nella Chiese particolari sotto la guida dei vescovi, i quali hanno il compito di discernere, accogliere e accompagnare”. I doni carismatici, infine, sono anche “un’autentica possibilità” per vivere e sviluppare la vocazione cristiana di ciascuno, sia essa il matrimonio, il celibato sacerdotale o il ministero ordinato.

La “reciprocità” tra doni gerarchici e doni carismatici, ha osservato monsignor Piero Coda, membro della Commissione teologica internazionale, consente di fare forma a quella Chiesa “in uscita” verso “chi in qualunque forma è escluso o scartato”, alla quale a più riprese ci richiama Papa Francesco.