Ci sono tre verbi in questo testo di Matteo, racconto dell’epifania, ovvero della manifestazione del Signore, simboleggiata dalla luce. Tre verbi che i Magi, venuti da Oriente, formulano nella domanda a Erode: vedere, venire, adorare. “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti per adorarlo”.
Il figlio di Dio nasce nella notte, nell’ultima delle città principali di Giuda, scrive ancora Matteo; è cercato e rifiutato. I Magi sono venuti da lontano – dall’Oriente – guidati dalla luce della stella, per accogliere il bambino nato nella grotta; i vicini lo rifiutano.
La luce, ricorda Papa Francesco all’Angelus, nei testi profetici è promessa; ricorda Isaia che si rivolge a Gerusalemme, “all’indomani del duro esilio e delle numerose vessazioni che il popolo aveva sperimentato”, con queste parole: “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te”.
I Magi “venivano da Oriente”. Per le scritture e per la storia di Israele, l’Oriente è spesso il luogo individuato come l’origine delle invasioni, delle distruzioni, dell’oppressione; l’Oriente è stato anche il luogo dell’esilio. Con Matteo, diventa il luogo da dove arrivano per primi i saggi per rendere omaggio al re dei Giudei, affascinante ricerca, cammino misterioso sotto il segno della stella che guida il loro pellegrinare. Da Oriente era anche partito Abramo per giungere nella terra che Dio gli aveva promesso. I Magi hanno saputo uscire dalla loro terra, mossi dalla fede, si sono affidati a un segno, per portare il loro omaggio e adorare il bambino nato nella grotta. Opposta la reazione, piena di paura, di Erode. Da un lato la gioia della ricerca; dall’altro la paura, il turbamento di chi non vuole il cambiamento.
Anche oggi risuona l’invito a “rivestirsi di luce”, dice il Papa: “Anche noi veniamo invitati a non fermarci ai segni esteriori dell’avvenimento, ma a ripartire da esso per percorrere in novità di vita il nostro cammino di uomini e di credenti”. Torniamo ai due modi per incontrare Cristo: “Erode e gli scribi di Gerusalemme hanno un cuore duro, che si ostina e rifiuta la visita di quel Bambino”. Dice Francesco: “Rappresentano quanti, anche ai nostri giorni, hanno paura della venuta di Gesù e chiudono il cuore ai fratelli e alle sorelle che hanno bisogno di aiuto”. Più esplicito, il Papa, sarà nel dopo Angelus, chiedendo ai paesi europei di dimostrare “concreta solidarietà” nei confronti delle 49 persone “salvate nel Mediterraneo”, e ancora a bordo di due navi in attesa di poter sbarcare. Erode “ha paura di perdere il potere e non pensa al vero bene della gente, ma al proprio tornaconto personale. Gli scribi e i capi del popolo hanno paura perché non sanno guardare oltre le proprie certezze, non riuscendo così a cogliere la novità che è in Gesù”.
Non così i Magi: “Rappresentano tutti i popoli lontani dalla fede ebraica tradizionale. Eppure, si lasciano guidare dalla stella e affrontano un viaggio lungo e rischioso pur di approdare alla meta e conoscere la verità sul Messia. Erano aperti alla ‘novità’, e a loro si svela la più grande e sorprendente novità della storia: Dio fatto uomo”.
Come scrive Benedetto XVI, nel libro sull’infanzia di Gesù, la religiosità può diventare via verso una vera conoscenza se l’uomo si apre all’ascolto e “segue la stella” che indica la vera strada. La storia dei Magi, in un certo senso, è la storia del credente che risponde alla chiamata di Dio, che giunge in mezzo alla confusione di questo mondo, ai tanti messaggi spesso diversi e distorti. Dio si nasconde e si svela, compie il primo passo, e chiede a ognuno la capacità di accogliere e di muovere il secondo passo. I Magi sono, dunque, l’icona dell’uomo in ricerca, dell’uomo inquieto. Sono anche coloro che, “ritornarono per un’altra strada”. Perché “ogni volta che un uomo o una donna incontra Gesù, cambia strada, torna alla vita in un modo differente, torna rinnovato”. Dice il Papa: “Lasciamoci illuminare dalla luce di Cristo che proviene da Betlemme. Non permettiamo alle nostre paure di chiuderci il cuore, ma abbiamo il coraggio di aprirci a questa luce mite e discreta”.