Come lo scorso anno, la situazione sanitaria ha impedito la tradizionale processione nella solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo. Non è però venuta meno la riflessione sulla presenza eucaristica, vissuta nella Santa Messa e attraverso un intenso momento di adorazione. A presiedere la liturgia nella Cattedrale di Santa Maria il vescovo Domenico, che nell’omelia ha accompagnato i presenti all’interno della logica di Gesù, che sulla soglia della Passione «ha saldamente in mano la sua sorte»: quel che sta per accadere «non è il frutto di una congiuntura negativa, ma è piuttosto l’esito di una vita offerta».
Lo si avverte dalle parole che Gesù pronuncia: «Questo è il mio corpo, è ancora, questo è il mio sangue». Un sangue versato per tutti, segno di una rinnovata alleanza tra Dio e l’umanità peccatrice. Non a caso, ha notato il vescovo, nella pagina evangelica di Marco il racconto dell’istituzione eucaristica è preceduto dal tradimento di Giuda è seguito dal rinnegamento di Pietro: «è per una comunità di peccatori che Gesù pronuncia la benedizione sul pane, ed è per dei peccatori che Gesù offre la sua vita:
immaginate che cosa deve essere successo nel cuore di quest’uomo sapendo che è sta per offrire la sua vita per persone che stanno per tradirlo o lo hanno già tradito
Questa è la vera novità del Nuovo Testamento: «un Dio che ama l’uomo e il mondo così come sono e per questo amore accetta perfino il tradimento, la condanna, il ripudio e la morte, perché l’amore di Dio non è legato alle buone intenzioni dei benpensanti e neanche alle buone pratiche di qualcuno: l’amore di Dio è gratis ed è indirizzato a tutti indistintamente».
L’Eucarestia è il segno più eloquente di questo amore che, per usare le parole di papa Francesco, essa «non è il premio dei Santi, ma il pane dei peccatori».
Ed è alla luce dell’Eucaristia che si comprende il rapporto tra la Chiesa e il peccato: «da un lato, quando esso emerge nella comunità cristiana non dobbiamo scandalizzarci, perché Dio ama la Chiesa così com’è; dall’altro avverte a non cullarsi nella falsa sicurezza di sé, a vigilare e stare allerta perché non c’è nulla di più irritante che vedere presunti credenti che non sono credibili».
L’Eucarestia è consolazione, ma anche avvertimento: mette in luce l’amore ostinato di Dio per ciascuno, ma mette in evidenza anche i peccati e le divisioni all’interno della Chiesa.
Il vescovo è poi entrato nel merito delle parole che chiudono il testo di Marco: non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio. «Gesù fa capire che Dio ha iniziato la sua opera e la porta sicuramente a compimento; Dio non lascia niente incompiuto e dobbiamo averlo ben presente soprattutto quando misuriamo lo scarto tra la promessa di Dio e i risultati umani, così scarsi e contraddittori, quando cioè si prova questa sorta di differenza tra la speranza e le sue tante smentite».
Vivere questa logica non è facile, ma possibile. Mons Pompili ha fatto l’esempio di suor Maria Laura Mainetti, che 21 anni fa fu attratta con l’inganno e uccisa a colpi di pietra e con 19 coltellate da tre ragazze minorenni in un rituale satanico. «A detta delle stesse ragazze – ha ricordato il vescovo – suor Maria Luisa arrivo fino a perdonarle e così si realizzò il sogno della sua vita, quello che aveva intuito da giovane: “devi fare qualcosa di bello per gli altri”».