Ricostruzione

Natura e cultura: la ricostruzione ha bisogno della bellezza. Mons Pompili al Festival delle Valli Reatine

La sessione pomeridiana del primo giorno del Festival delle Valli Reatine, ha visto mons Pompili intervenire sui temi della bellezza e della cultura come motori per la ricostruzione

All’evento di apertura del Festival delle Valli Reatine, nella seconda parte della sessione pomeridiana, intitolata “Lo spettacolo della cultura e della storia”, moderata dal giornalista Fabio Sironi, l’intervento del vescovo Domenico è stato incentrato sulla bellezza e su come la cultura può essere uno dei semi della rinascita.

Secondo mons Pompili, il sentirsi a casa non è estrano alle percezione della bellezza di un dato luogo. E poi la bellezza è necessaria anche come unico antidoto alla bruttezza che oggi è visibile in molteplici misure.

La forza del Festival promosso dal magazine «Dove» si trova allora anche nel luogo in cui si svolge, che nonostante il disastro del terremoto è «baciato della bellezza». Il bello nasce infatti dalla natura, che ne è sorgente primaria. E ad Amatrice l’ambiente è bello anche di inverno, con i monti della Laga innevati. La natura è di fatto bella in qualsiasi forma. Anche il terremoto sarebbe bello se non avesse effetti devastanti, perché esprime il modo in cui la terra si muove e si trasforma.

La naura però non è l’unica sorgente della bellezza. C’è anche l’arte, e il centro Italia è uno scrigno di arte e bellezza. A colpire, secondo don Domenico, è che queste terre erano molto popolate nel ‘700, tanto che la popolazione sfiorava i quindicimila abitanti, e questo ha portato alla costruzione di ben 100 chiese, ormai danneggiate, i cui affreschi lasciano senza fiato. Per ripartire, dunque, bisogna ripartire da qui, dalla bellezza che ci apre alla vita.

La bellezza, inoltre, deve anche ispirarci nelle scelte della ricostruzione e rigenerazione. In questo senso, il vescovo ha ricordato l’impegno della Chiesa reatina, coadiuvata dell’opera dell’architetto Stefano Boeri, nella rifunzionalizzazione dell’area del Don Minozzi attraverso la realizzazione della Casa del Futuro. Per questo progetto, ha spiegato monsignore, «abbiamo pensato ad una rigenerazione con quattro coorti, che hanno quattro diverse finalità: la prima è la coorte dell’accoglienza, si ha, poi, la coorte degli orti sociali e della fattoria che offre l’occasione di rivivere la possibilità di imparare una forma di vita agroalimentare insieme a Slow Food di Carlin Petrini, la terza è la coorte del silenzio in cui sorgerà una casa del riposo e quella, infine, quella dei beni comuni. In questo modo  – ha concluso il vescovo – il territorio avrà una casa rigenerata a partire dall’idea della bellezza».