Mons. Pompili: «Nel terremoto prova del nove della consistenza delle nostre convinzioni»

«Ricostruire si può solo facendo leva sulla giovinezza anagrafica e spirituale che rinnova il nostro modo di crescere insieme. Non ci interessa ripartire solo dal nostro, ma ampliare lo sguardo a tutta la realtà, di cui la Chiesa vuol essere fermento di umanizzazione».

Lo ha detto ieri monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti, chiudendo a Contigliano, l’incontro pastorale, promosso dalla diocesi, “Camminare, costruire e confessare” (9-11 settembre). Un evento che ha dovuto fare i conti con il sisma del 24 agosto che ha seminato distruzione e provocato centinaia di morti e feriti nelle zone tra Amatrice e Accumuli.

«Il terremoto è una situazione anomala che rimette a fuoco le ragioni del credere – ha ricordato il vescovo – la tabula rasa che si produce con i suoi lutti indicibili, diventa anche la prova del nove della consistenza delle nostre convinzioni».

Riflettendo sul passo evangelico di Luca della “casa costruita sulla roccia”, mons. Pompili ha affermato che «la differenza della tenuta passa per la roccia che è la Parola non semplicemente ascoltata, ma messa in pratica, cioè realizzata. Le fondamenta non si vedono ad occhio nudo. Ci si accorge di esse solo al momento del test imprevedibile. Così le fondamenta della fede si manifestano nei momenti di crisi e lasciano comprendere ciò che è solido da quello che non lo è».

Così, «se a questa immagine della casa affianchiamo quella delle pietre che la compongono, non si fatica ad evidenziare un altro aspetto decisivo e cioè la stabilità che è data dalla connessione delle stesse. Qui si intuisce che non basta solo l’io credo del singolo se non si giunge al ‘noi’ della Chiesa».

Lo sguardo del vescovo di Rieti si è allargato alla Chiesa locale che da questo incontro dovrà ripartire. Tre i passi da compiere in questa direzione, «accompagnare, ricostruire e imparare a credere».

«Non si può accompagnare standosene fermi – ha sottolineato – così come pure non si può continuare a muoversi senza sapere dove e come. Occorre mettere insieme mobilità e senso dell’appartenenza ad un territorio. Solo chi sa di appartenere ad un luogo può muoversi senza perdersi. Per camminare bisogna farlo con tutti. Non rinchiudersi in cenacoli esclusivi, in gruppi elitari, in cerchi magici».

Per ri-costruire, ha aggiunto mons. Pompili, «bisogna rimettere insieme i pezzi di un puzzle. Alternarsi, cambiare di posto, spostarsi di parrocchia è una maniera esigente e concreta per camminare. Non ci sono posizioni di rendita né forme di inamovibilità perché si tratti di servizi».

Infine “imparare a credere”: «la Parola e, grazie ad essa, i ‘santi segni’ che sono i 7 sacramenti, sono l’alfabeto che dobbiamo insieme re-imparare. Superando un generico senso di socializzazione religiosa che ci lascia come ci trova. Favorire un contatto diretto con la Parola aiuta a far crescere un rapporto consapevole e responsabile con Dio e con gli altri, fuori del quale si rischia di cadere solo nella routine e nella superstizione».

Dai gruppi di lavoro, cui hanno partecipato circa 500 delegati, sono uscite diverse proposte per il futuro.